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Chi ragiona e chi ciancia su Carige, Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Le parole del vicepremier Luigi Di Maio su Carìge commentate da Gianfranco Polillo

Chi ha ragione su Carige? Fabio Panetta, membro del Direttorio della Banca d’Italia, o Luigi Di Maio? Sostiene il primo, nella sua audizione presso la Commissione Finanze della Camera, in occasione della discussione sulla conversione del decreto legge che la riguarda: si è ancora di fronte ad “una banca ‘solvibile, che presenta valori e potenzialità da non disperdere: forte radicamento in tre regioni (Liguria, Lombardia e Lazio); elevata fidelizzazione della clientela; ampi margini di miglioramento in termini di costi, efficienza e produttività della rete distributiva; potenziale per ridurre – mediante l’utilizzo di modelli per il calcolo dei requisiti patrimoniali – l’assorbimento patrimoniale a fronte dei rischi assunti”.

Replica il secondo, rispondendo all’interpellanza urgente del deputato pentastellato Davide Zanichelli: “E’ l’ennesima banca italiana portata sull’orlo del fallimento a causa di una gestione scellerata, che non è stata causata solo dall’incompetenza dei manager, ma – come vedremo – anche dalle commistioni con la politica”. Quindi l’elenco dei responsabili: “L’ex vicepresidente di Carige è l’ex parlamentare Alessandro Scajola, fratello dell’ex Ministro nei vari Governi Berlusconi, nonché sindaco di Imperia, Claudio Scajola. Un ex consigliere del CdA è Luca Bonsignore, figlio di Vito Bonsignore, ex eurodeputato sempre nel Popolo delle Libertà. Un altro ex consigliere è Giovanni Marongiu, sottosegretario nel Governo di centrosinistra, guidato da Romano Prodi. L’ex direttore centrale di Carige è Alberto Repetto, ex presidente della provincia di Genova con il centrosinistra e parlamentare dell’Ulivo. Come vedete, si spazia da destra a sinistra: l’intera classe politica precedente ha le sue colpe e le ha scaricate sui risparmiatori”.

I diretti interessati hanno smentito. Ma forse, di fronte ad accuse così precise, un semplice comunicato stampa non basta. Ben altri sono gli strumenti previsti dall’ordinamento giuridico italiano a tutela della propria onorabilità. Vedremo. Comunque l’elenco dei misfatti, presunti o reali che siano, non è completo, come ha sottolineato il Corriere della sera. Manca all’appello il nome di Giovanni Berneschi, ex patron della Banca. Pensionato a seguito di un’inchiesta della Banca d’Italia nel 2013. Epoca in cui, secondo quanto riferito dallo stesso Panetta, “gli impieghi raggiunsero un massimo di circa 30 miliardi di euro (successivamente inizieranno a contrarsi, fino a dimezzarsi)”. Soprattutto il nome di Ernesto Cavallini, condannato per bancarotta fraudolenta nel 2001. Ma rimasto fedele beneficiario della Banca. Almeno fino al 2013, quando su pressione della stessa Vigilanza, i suoi debiti furono degradati in “sofferenza”.

Questo quindi il quadro retrospettivo: caratterizzato da fenomeni di mala gestio – ricordati da entrambi – pervasivi sia nel campo del credito che in quello assicurativo. Carige Vita Nuova e Carige Assicurazioni: controllate dalla stessa banca ed a loro volta oggetto più volte dell’attenzione dell’Isvap, fino alla formulazione di “ipotesi di reato”. Tutto congiurerebbe, pertanto, a favore delle tesi di Luigi Di Maio: siamo di fronte ad un “verminaio”. Che è bene far scomparire dalla faccia della terra. “Se decideremo di mettere soldi dei cittadini nella banca, – questo il proposito esplicitato – allora la banca diventerà dei cittadini”. Basterà?

Le ultime crisi bancarie, in Italia, hanno avuto tutte un comune denominatore. Si è trattato com’è noto di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara: banche legate al “territorio”. Con una dimensione patrimoniale limitata, sostanzialmente incapaci di reggere alle più intense crisi produttive locali. La stessa Carige, al di là dei fenomeni collusivi tra ceto politico ed imprenditori di zona, non è sfuggita a questa logica. L’eccessiva concentrazione degli impieghi nel settore immobiliare e nei trasporti marittimi – come ricorda lo stesso Panetta – è stato indubbiamente un fattore strutturale, che ha contribuito a determinare, con la sua caduta, un effetto a cascata sulle finanze delle banche.

Fenomeno non solo italiano, come mostrano alcune turbolenze in Germania per alcune Casse di risparmio (Sparkassen).

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