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Chi e perché prende a sportellate Banco Bpm

cco perché l’annuncio del premier Giuseppe Conte sugli aiuti a fondo perduto con il Recovery Fund è piuttosto farlocco. Il corsivo del direttore di Start

 

A fine anno, quando il quadro della crisi economica dovuta alla pandemia da Covid-19 sarà più chiara, non è escluso che Banco Bpm decida di chiudere altre filiali aggiornando il piano industriale presentato ai primi di marzo. L’annuncio è arrivato dai vertici dello stesso istituto di credito durante una diretta Instagram.

L’amministratore delegato, Giuseppe Castagna, ha però nel contempo confermato che rimane valida la “prospettiva di grande crescita e sviluppo” di Banco Bpm dopo la ristrutturazione avvenuta negli ultimi anni. Immediata la levata di scudi da parte delle organizzazioni sindacali del settore, che conta quasi 300mila lavoratori, mentre nello stesso giorno si è registrato, in Senato, la presa di posizione dell’Abi che ha ricordato gli sforzi del comparto per evitare i licenziamenti “nonostante le crisi che ci sono state”.

LE PAROLE DELL’AD CASTAGNA

Durante una diretta Instagram organizzata dal Sole 24 Ore Castagna tra l’altro ha annunciato per fine anno un aggiornamento del piano industriale 2020-2023, presentato il 3 marzo scorso. “Per poter mettere a punto un nuovo piano industriale bisognerà essere veramente sicuri che questa fase di incertezza si è completata e quindi è più opportuno aspettare verso la fine dell’anno”, ha detto l’ad sottolineando che “in questo momento le prospettive cambiano di settimana in settimana”.

Castagna ha aggiunto che “sicuramente qualche indicazione si potrà dare in occasione delle prossime trimestrali” e che “con i ricavi sotto minaccia la mossa più efficace e più efficiente è quella di ridurre i costi”. Parole che dunque sembrano preannunciare se non un addio almeno una forte revisione di quella “prospettiva di una fase di grande crescita e sviluppo dopo la ristrutturazione degli ultimi anni” evidenziata dal manager. Castagna ci tiene a confermare quegli obiettivi ma nota che “ora dovremo individuare le modalità per questo sviluppo”. Ed è stato lo stesso ad a indicare la via: “Stiamo valutando di incrementare la chiusura di filiali prevista e considerando un impatto più veloce del digitale”. In tal senso di sicuro la diffusa esperienza di smart working anche nel mondo del credito ha giocato un ruolo rilevante.

LE ASPRE CRITICHE DEI SINDACATI

Le frasi di Castagna non sono di certo passate inosservate dalle parti dei sindacati che hanno subito alzato gli scudi. “Un piano industriale ogni due mesi, ogni mese, ogni 15 giorni o ogni settimana con l’incubo dell’abbattimento dei costi e della chiusura degli sportelli. Giuseppe Castagna abbia la dignità di portare Banco Bpm dentro la sua abitazione, si faccia il proprio ufficio in casa, il proprio sportello bancario e si cerchi una decina di persone che lo aiutino: forse avrebbe molto più senso” ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. “Diciamo basta agli annunci sfornati col solo obiettivo di difendere le proprie poltrone: siamo arrivati al limite di sopportazione. Da questo momento in poi, a ogni presa di posizione ne corrisponderà un’altra, da parte nostra”.

“Il piano presentato a marzo da Banco Bpm prevedeva già un numero significativo di esuberi e ancor più rilevante di chiusure di filiali. Non è assolutamente il caso di rincarare la dose, tanto più in un momento in cui il Paese ha bisogno che il sistema bancario si metta al servizio della ripartenza dell’economia” ha notato il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani, che ha evidenziato come Banco Bpm negli ultimi anni abbia “ridotto pesantemente sia l’occupazione che la rete. Ricordiamo che nel piano precedente l’organico era stato tagliato del 12%, ben al di sopra degli obiettivi. Lo stesso vale per le filiali, sforbiciate del 30%. A ciò vanno aggiunti i 1.100 esuberi annunciati a marzo e la chiusura di 200 filiali su 1.727. Facciamo notare, inoltre, che nel primo trimestre del 2020 il costo del personale si è ridotto dell’1,8%”.

Chiede “chiarezza” ai vertici dei gruppi bancari Massimo Masi, segretario generale Uilca. “Non si può scherzare con la vita delle persone, penso ai tanti colleghi che in questi mesi di emergenza hanno dato e stanno dando prova di serietà e professionalità, continuando a prestare il loro prezioso servizio a supporto delle comunità. Siamo assolutamente contrari alla chiusura degli sportelli: così facendo si perde il principio di territorialità che ha sempre contraddistinto questo settore. Invito Castagna – ha concluso Masi – a dirci chiaramente quale modello ha in mente: voglio sperare che sia un modello di aiuto per l’economia italiana e non solo per gli interessi degli azionisti”.

Secondo Giuliano Calcagni, numero uno di Fisac Cgil, “è paradossale in questa fase di piena emergenza che Banco Bpm e il suo amministratore delegato Giuseppe Castagna pensino a declinare la costruzione di un piano industriale il cui intento, stando alle dichiarazioni rilasciate, sembra soltanto ancora una volta quello di mercificare il lavoro riducendolo a mero elemento di costo”. Occorre invece “smettere di pensare di poter trarre marginalità e profitto con i tagli di agenzie e personale. E’ il tempo di investire di formazione e professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori. Bisogna pensare in ottica anticiclica sulla qualità del lavoro e dei servizi che si offrono”.

Concorde anche Unisin Confsal. “Non è assolutamente proponibile che Banche e Banchieri pensino di aumentare i propri margini intervenendo e modificando continuamente i piani industriali” ha commentato il segretario generale, Emilio Contrasto. “Nessuno pensi di trarre vantaggio dalla immensa sofferenza che la pandemia sta generando nel tessuto economico e sociale del nostro Paese. I Banchieri devono capire una volta per tutte che gli impegni assunti attraverso la presentazione di un piano industriale e la sottoscrizione dei successivi accordi devono essere vincolanti – ha concluso il sindacalista – e non possono essere soggetti a revisione continua”.

COS’HA DETTO L’ABI

Intanto c’è da registrare il tempismo perfetto tra le dichiarazioni di Castagna e quelle di Palazzo Altieri che secondo quanto risulta a Start Magazine non è passato inosservato tra qualche sindacalista. In Italia “il nostro è un settore che di fatto non vede licenziamenti” ha detto durante un’audizione in Senato sulle ricadute occupazionali a causa del Covid-19 Stefano Bottino, responsabile della Direzione sindacale e del lavoro dell’Abi. “Fino a oggi nonostante le crisi che ci sono state, i licenziamenti non hanno mai caratterizzato il settore bancario italiano, non ho visibilità su notizie o elementi che possano far pensare che sia diverso nel futuro. Non ho evidenze in questo senso” ha chiarito Bottino ricordando pure che “una delle cose che abbiamo spesso presente è che il nostro settore versa circa 200 milioni l’anno a sostegno degli ammortizzatori sociali per la cessazione del rapporto, come la Naspi, senza per fortuna mai avere esigenza di fruire di questo strumento”.

Il dirigente dell’associazione bancaria ha pure posto l’accento sul fondo di solidarietà di settore, nato nel 2000 “per accompagnare i processi di riorganizzazioni in modo tale da evitare il più possibile che avessero un impatto sociale e quindi di gravare sugli aspetti sociali dei lavoratori. Abbiamo sempre gestito in modo consensuale e praticamente solo con soli ricorsi a esodi volontari i processi di risoluzione con l’impegno delle banche ad affrontare importanti oneri finanziari per accompagnare questi processi proprio per la volontà di sostenere anche dal punto di vista sociale questo tipo di situazione”

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