Sono tante le ombre che aleggiano su Verona. La città scaligera è la sede di Cattolica, il gruppo assicurativo cui l’Ivass a fine maggio ha chiesto un aumento di capitale pari a 500 milioni entro inizio autunno e la presentazione di un piano a luglio. Motivo? Il requisito di capitale, il Solvency 2 ratio, è troppo vicino al minimo regolamentare – 103 su 100 – a fronte del 173 di fine 2019.
Al momento il requisito è in risalita: il 22 maggio era a 122 e nei giorni seguenti ha continuato a crescere. Per questo è probabile che occorra un aumento di capitale inferiore. Ad esempio Mediobanca Securities parla della necessità di un aumento che non supera i 350 milioni. Per saperne di più occorre aspettare l’assemblea di fine giugno e in seguito le contro-proposte che verranno presentate all’Istituto di vigilanza.
Nel frattempo sono scoppiate altre grane per il gruppo guidato dal dominus Paolo Bedoni: l’ex amministratore delegato Alberto Minali, defenestrato durante il board del 31 ottobre scorso, il 29 maggio ha inviato una richiesta di 9,6 milioni di euro di risarcimento, motivo per cui si andrà diretti allo scontro in Tribunale come ha già deciso il consiglio d’amministrazione di Cattolica. Un altro attore non di poco conto di tutta questa vicenda è il guru della finanza Warren Buffett che era entrato nel gruppo veneto, dopo l’arrivo di Minali, tramite la sua holding Berkshire Hathaway prendendo quasi il 10% e che “adesso si lecca le ferite con una perdita di 61 milioni”.
GLI INTERROGATIVI
In questo scenario a dir poco complesso, il quotidiano Repubblica nell’inserto settimanale Affari & Finanza ha posto domande precise: “Com’è possibile che il management non si sia reso conto prima che la propria struttura patrimoniale era tropo debole o troppo sensibile a eventi catastrofici? Ed esistono eventuali responsabilità dell’ex ad Minali o del direttore generale Carlo Ferraresi, che ha preso il suo posto? E com’è possibile che l’Ivass non si sia accorta prima delle lacune che avrebbero messo a rischio il requisito patrimoniale, in caso di forte stress?”. Peraltro occorre ricordare che l’istituto di vigilanza già da mesi sta conducendo un’ispezione insieme alla Consob dopo quanto accaduto con Minali.
Un altro quesito riguarda i derivati: per quale motivo Cattolica decide di fare a meno di una serie di questi “che erano già in essere a copertura dei propri asset che avrebbero dato 10-12 punti in più di Solvency 2, che sarebbe rimasto intorno a 115, sempre basso ma meno pericolosamente vicino al limite regolamentare?”.
LO SQUILIBRIO VERSO IL RAMO VITA
A pesare sulla vicenda, e a dar da pensare, c’è sicuramente lo squilibrio concretizzatosi negli ultimi tempi verso il ramo Vita con l’acquisizione di Vera Vita da Banco Bpm e l’accordo su Bcc Vita con Iccrea: due società che hanno visto scendere il proprio Solvency 2 di parecchio sotto il livello 100. Ora nel primo caso si attende un piano da parte nel management mentre nel secondo caso è già stato stabilito un aumento di capitale pari a 50 milioni di euro più altri 50 milioni.
L’ALLARME DALL’EUROPA
Dopo il “consiglio” a Cattolica da parte dell’Ivass, come si diceva, è arrivato ora pure quello dell’Eiopa che ha chiesto alle autorità nazionali di monitorare la liquidità delle imprese assicurative. “Gli effetti derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 continuano a determinare tensioni sugli andamenti tecnici, finanziari e patrimoniali delle imprese di assicurazione – si legge in una nota dell’Istituto di Vigilanza – che, se protratti nel tempo, possono incidere negativamente anche sulla posizione di liquidità. Per questo motivo l’Istituto intende dare avvio ad una indagine, elaborata in coordinamento con l’Eiopa, per monitorare l’evoluzione della liquidità tramite la raccolta di un flusso informativo su un campione rappresentativo di compagnie”. Dunque, come nel caso del gruppo con sede a Verona, si è domandato alle imprese del settore di riferire la situazione della liquidità alle date 31 marzo e 31 maggio.
Secondo quanto riferisce Mf/Milano Finanza, sotto i riflettori dell’Ivass – oltre a Cattolica Assicurazioni – sarebbero finite pure la trentina Itas Vita e altre bancassicurazioni “colpite dalla tempesta perfetta dei bassi tassi d’interesse, della ripresa dello spread sui Btp e della discesa dei mercati”, scrive il quotidiano del gruppo Class.
Altro campanello d’allarme continua ad essere quello della distribuzione dei dividendi, su cui nei mesi scorsi la Vigilanza nazionale e quella europea hanno chiesto grande attenzione. Come si ricorderà Generali ha pagato a maggio solo una tranche da 0,50 euro ad azione e rimandato il pagamento di altri 0,46 euro ad azione entro fine anno mentre Unipol ha bloccato la distribuzione della cedola e staccato solo quella di UnipolSai (0,16 euro). Ora è il Cems, il consiglio generale del Comitato Ue per il rischio sistemico della Bce a fornire una nuova raccomandazione: la restrizione al pagamento dei dividendi delle imprese, assicurazioni comprese, viene spostata dall’autunno 2020 al 1° gennaio 2021.