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Educazione Finanziaria

Chi deve educare alla finanza

Conversazione con Marcello Presicci, presidente dell’advisory board della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio voluta dall’Abi sul position paper dal titolo: “L’educazione Finanziaria che vorrei”

 

Marcello Presicci insegna lobbying e comunicazione alla LUISS Business School ed è presidente dell’advisory board della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio voluta dall’Abi. E’ uno dei fondatori della Scuola Politica “Vivere nella Comunità” giunta quest’anno alla terza edizione.

Partiamo dal position paper dal titolo: “L’educazione Finanziaria che vorrei” realizzato in collaborazione con gli studenti della Scuola Politica, la Fondazione per l’Educazione Finanziaria e StartMag come media partner. Come è nata l’idea?

Quando insieme al nostro Supervisory Board ho riflettuto su come arricchire l’esperienza formativa degli studenti abbiamo pensato di lavorare su position paper e documenti, di interesse collettivo, che potessero offrire visibilità ai partecipanti stessi. In questo modo forniamo loro una possibilità concreta di proporre idee e liberare le loro energie positive. Da qui è nato il format che vede protagonisti gli studenti, i partner istituzionali (come ad esempio Banca d’Italia, Fondazione CRT, il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’intergruppo parlamentare sull’Intelligenza Artificiale, FERPI, ecc.) e i nostri media partner.

Stiamo assistendo ad un crescente dibattito sull’importanza dell’educazione finanziaria di cui FEDUF, presieduta da Stefano Lucchini, è uno dei maggiori soggetti promotori. Cosa significa questo per lei?

Occupandomi di formazione e relazioni istituzionali non posso non sottolineare come l’educazione finanziaria rappresenti ormai non solo uno strumento di tutela e valorizzazione del patrimonio economico individuale, ma un diritto di cittadinanza richiamato dalla stessa Costituzione italiana. Per questo ci adoperiamo molto nel coinvolgimento dei più giovani, individuando iniziative e linguaggi che possano intercettare i loro bisogni e al contempo fornire misure appropriate per colmare le tante carenze relative a queste tematiche economiche.

La Scuola Politica “Vivere nella Comunità” è giunta alla terza edizione. Come spiega questo interesse?

Come è noto la natura della nostra iniziativa è assolutamente inedita poiché è la prima Scuola Politica davvero apartitica e interdisciplinare. Credo che questo sia stato riconosciuto da subito come un valore reale ed abbia permesso a noi fondatori di aggregare molte personalità di straordinaria caratura, come i CEO delle partecipate dello Stato, i ministri, i presidenti e i tanti docenti che donano prestigio al nostro progetto. Lo spirito di servizio che poniamo a favore dei giovani è poi autentico. Noi non vendiamo corsi, non ci interessano aspetti di business. Tutto quello che facciamo è investire il nostro tempo al servizio del Paese e della futura classe dirigente con grande serietà.

Il prossimo mese si insedierà un nuovo governo. Quanto è importante avere una classe dirigente e dei giovani all’altezza delle sfide dei nostri tempi?

Questo è uno degli obiettivi della vostra iniziativa. Il nostro piccolo contributo, come ha affermato la Ministra Marta Cartabia e l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, è quello di innalzare la preparazione dei giovani investendo nella loro professionalità e formazione. La corsa alla “rottamazione” di una generazione e “l’uno vale uno” hanno di fatto impedito il naturale ricambio nel pubblico e privato, lasciando il Paese molto spesso nelle mani di personalità prive delle giuste competenze e di una visione complessiva del “bene comune”, oltre che di una pochezza culturale disarmante. La Politica, quella alta, o la gestione nel privato non si possono improvvisare ma necessitano di adeguata formazione che riconsegni loro, tra l’altro, la saggezza delle parole, l’eleganza della gentilezza e l’autorevolezza delle competenze.

Lei oltre che docente è anche senior advisor di molte aziende italiane e multinazionali in ambito public affairs e comunicazione. Che consigli sente di dare ai giovani professionisti di questo settore?

Credo che nel percorso di formazione superiore e universitario vi sono ormai competenze trasversali che sono necessarie per qualunque lavoro, carriera o specializzazione si voglia poi intraprendere: esse sono le lingue, il digitale, l’educazione finanziaria e la comunicazione. Suggerisco sempre ai nostri studenti di investire nella propria rete relazionale poiché significa far ricorso a un insieme di connessioni utili, cioè a soggetti che hanno a loro volta una gamma di conoscenze funzionali al raggiungimento degli obiettivi professionali o sociali. Rafforzare quindi gli aspetti comunicativi e relazionali è assolutamente indispensabile in ogni settore lavorativo.

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