Caro direttore,
torno da te con una questione che ti ha sempre tediato, lo so, e che non hai mai voluto seguire come avrebbe meritato: la pratica commerciale gestita da società che elargiscono “certificazioni di qualità” ad aziende che pagano per ottenerle e per vedere poi comunicate sui giornali quelle certificazioni. Parole del Post, non mie, perché nel frattempo la questione è finita in mano a quella redazione, che ben si è guardata però dal citare tutte le volte che ho segnalato personalmente il caso alla vostra, fornendo loro probabilmente parecchio materiale.
Dato che l’ultima volta in cui ti ho scritto dell’Istituto Tedesco Qualità e Finanza risale a marzo 2024, credo sia ora di fare un tagliando. E dato che Charlie, newsletter del Post, è tornata a sficcanasare negli affari dell’Istituto, ecco che abbiamo già servito lo spunto per la conversazione.
L’ultima volta avevo spiegato passo dopo passo il business model win win per tutti. Le società di certificazione intascano soldi, le aziende certificate ricavano pubblicità e i giornali ottengono investimenti pubblicitari. Un metodo win – win – win.
Non è sfuggito a quelli del Post che nelle ultime settimane le testate del gruppo Gedi stanno promuovendo una classifica di “ospedali di eccellenza” creata in collaborazione proprio con l’Istituto tedesco Qualità e Finanza “che – viene sottolineato da Charlie – produce classifiche simili in molti settori (“tedesco” è sempre un aggettivo convincente), e che ha già offerto ad alcuni ospedali articoli di promozione su altri quotidiani.”
Partnership ulteriormente rafforzata anche quest’anno dalla nuova classifica “Campione della Crescita” portata avanti da Repubblica (gruppo Gedi) sempre assieme all’Istituto tedesco Qualità e Finanza. “Dopo l’enorme successo degli scorsi anni – l’entusiastico appello che puoi trovare sul sitarello ad hoc dell’iniziativa -, La Repubblica A&F e l’Istituto Tedesco ITQF presentano l’8a edizione dello studio sulle aziende italiane in maggiore espansione economica – i Campioni della Crescita 2026. Per essere incorporate nel prestigioso ranking le aziende autocandidatesi devono rispettare una serie di criteri e fornire i bilanci su richiesta. Le imprese con la più grande crescita di fatturato nel triennio 2021-2024 verranno presentate in uno speciale su La Repubblica Affari & Finanza e su www.repubblica.it in autunno 2025. Rientrare tra i “Campioni della Crescita 2026” – si legge sempre nella loro descrizione – è la prova visibile ed ufficiale del successo aziendale ed una concreta opportunità per dimostrare la propria capacità imprenditoriale, attrarre nuove possibilità di business, clienti e investitori.”.
In realtà, però, se non ci si limita a quello ma si spulcia il regolamento, rientrare tra i “Campioni della Crescita” è la prova visibile e ufficiale che si paga per poter dichiarare di aver vinto quello che l’Istituto definisce “sigillo”. Come spiegano ancora una volta le FAQ dell’Istituto stesso, anche se questa volta lo fanno in modo curiosamente arzigogolato.
Si legge, infatti, nelle loro FAQ:
L’iscrizione è a pagamento?
No.
L’inserimento nel ranking è a pagamento?
No. Ogni partecipante può compiacersi dei buoni risultati ottenuti e renderli noti attraverso comunicati stampa, post LinkedIn, X, Facebook ecc.
Fin qua, direttore, tutto sembra profilarsi nel modo più tradizionale: nessuno paga nessuno. Dunque ci si iscrive e, se si rispettano i canoni indicati dal regolamento, si concorre con tutti gli altri. Tuttavia, poi aggiungono:
“Solo le aziende presenti nella classifica che vorranno utilizzare il sigillo di qualità ‘Campioni della crescita 2026’, dovranno sottoscrivere un contratto di licenza d’uso del marchio”.
E alla terza domanda (“La realizzazione dell’indagine ‘Campioni della crescita’ è un progetto sovvenzionato dai clienti?“) viene risposto così: “No, l’indagine si finanzia con la vendita delle license fee abbinate ai marchi di certificazione ITQF”. Quindi non c’è un finanziamento diretto dei partecipanti, ma da chi acquista le licenze.
Curiosamente, in tutti i miei lunghi anni non avevo mai sentito parlare di “license fee” con riferimento a un premio. E nemmeno alla “vendita” di tali licenze per poter comunicare a tutti di essere stato selezionato.
Se il caldo di questi giorni non ha lesso le mie capacità mentali, l’iscrizione non si paga, ma si paga il sigillo. E, sempre a rigor di logica, potremmo dire che ci si può iscrivere gratuitamente ma per sfoggiare con i clienti o sui giornali l’attestato della vittoria, devi pagarlo. Perché non è né un premio, né un attestato, ma un “marchio”. E l’uso di un marchio può essere concesso a pagamento.
La gabola legale è delle più gustose, specie considerato che questi premi hanno ragion d’essere nella finalità di far girare il nome dell’azienda, facendo leva sul desiderio dei partecipanti ottenere pubblicità. E le pubblicità, si sa, sono sempre a pagamento.
“Esclusivamente i “Campioni della Crescita” ufficialmente certificati hanno la possibilità di ottenere il sigillo ITQF, attraverso una licenza d’uso concessa a condizioni economiche. Solo il sigillo di qualità ITQF è un marchio ufficiale di certificazione registrato presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy”, fanno sapere gli organizzatori, che poi aggiungono: “Per sfruttare il premio a 360° nel proprio marketing consigliamo anche di acquistare la licenza d’uso del logo Campione della Crescita 2026″.
Tuttavia, mi chiedo se sia giusto indicare l’iniziativa col termine “premio” come l’Istituto fa in più occasioni, dato che lascia supporre ben altri meccanismi. E se, parimenti, sia corretto parlare nel sigillo, pardon, marchio, di “campioni”, dato che il termine rimanda appunto a una competizione. E, soprattutto, non vorrei che siccome non ho mai scritto, in questa mia missiva, Campione della Crescita ™, o Campione della Crescita ® specificando visivamente che il marchio è registrato e appartiene ai signori tedeschi fossi costretto a pagare anche io il fio come le aziende premiate…
Un preoccupato,
Francis Walsingham