La produzione industriale in Cina è nei guai, scrive l’Economist in un approfondimento che riporta una serie di dati che mostrano le serie difficoltà con cui sono alle prese svariati comparti inclusi quelli teoricamente trainanti dell’EV, del solare e dei semiconduttori.
Crisi?
Siamo all’alba di una fase di crisi per la manifattura del Dragone? Ne è convinto l’Economist, che come da suo costume mostra le prove.
La prima: secondo i dati del National Bureau of Statistics, il 30% circa delle aziende erano in perdita alla fine di giugno.
Se è crisi, non è iniziata improvvisamente, perché i segnali erano chiari già a inizio dell’anno, quando un’indagine su più di 500mila compagnie citata dalla testata britannica mostrò come fossero ben il 44% quelle in perdita.
Altri indicatori segnalano malessere. Quello delle vendite delle auto nel mercato interno, scese negli ultimi mesi a livelli preoccupanti. E poi ci sono le esportazioni, che secondo i dati rilasciati ad agosto nel mese di luglio hanno deluso le aspettative.
Anche le EV.
A soffrire è anche un comparto che non dovrebbe suscitare preoccupazioni: quello delle auto elettriche. Secondo l’Economist, dall’inizio del 2023 sono almeno otto i grandi produttori di EV che hanno chiuso i battenti o arrestato la produzione.
Ha suscitato molto clamore il caso di SAIC Anji Logistics, che ha avviato le procedure di bancarotta a causa dei mancati pagamenti di un produttore di auto.
Identico lo stupore suscitato dal fallimento di Levdeo, un altro produttore che si è lasciato dietro una lunga scia di debiti.
Ma è la stima fornita dall’Economist a dare il polso della situazione: sarebbero 52mila le aziende legate in un modo o nell’altro al ciclo dell’EV ad aver chiuso l’anno scorso, con un incremento di quasi il 90% rispetto all’anno precedente.
I guai del solare.
Anche un’industria che apparentemente dovrebbe essere in auge come quella dell’energia solare deve fare i conti con i suoi problemi che si chiamano sostanzialmente sovraccapacità.
Sono molte le aziende ad aver messo nel cassetto i piani di espansione o ad aver addirittura rallentato la produzione.
I prezzi delle componenti nel frattempo continuano a scendere, e se questo non è un problema per le società più grandi dotate di ingenti liquidità, lo è per le più piccole che stanno vedendo i loro profitti evaporare.
Anche i semiconduttori.
Un’altra industria di punta come quella dei semiconduttori sta vivendo la sua maretta.
Poiché i governi locali hanno privilegiato gli investimenti sulla quantità più che sulla qualità, ora il settore è gravato da una sovrapproduzione che sta costringendo più di qualcuno al fallimento.
Secondo la società Qichacha che raccoglie dati sulle aziende, nel 2023 quasi 11mila produttori sono usciti dal mercato, con una media di circa trenta al giorno.
La risposta del governo.
Un tempo sarebbero stati i governi locali a intervenire iniettando liquidità nel sistema.
Ma ora il gran fardello del debito accumulato negli anni rende sempre più difficili operazioni di salvataggio.
Quale residua via di uscita lo Stato sta ora incoraggiando le operazioni di consolidamento, che però secondo l’Economist saranno difficili da intraprendere in quanto le aziende che hanno sovraccapacità tendono a diminuirla anziché aumentarla.
Altro problema è quello dei produttori di auto elettriche che sopravvivranno alla competizione e che, si immagina, saranno riluttanti ad assorbire marchi macchiati dall’onta del fallimento.