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Che cosa spera Trump per il 2020. Le previsioni di Fugnoli

Trump e Mnuchin cercheranno, con l’aiuto di una Fed addomesticata, di tenere alti i mercati e di farli salire ancora. L'analisi di Alessandro Fugnoli, strategist dei fondi Kairos

L’Occidente, nei prossimi vent’anni, si troverà di fronte a scelte difficili. Verso l’esterno dovrà decidere che atteggiamento avere nei confronti della Cina. La linea morbida darà soddisfazioni di breve (mantenimento dei livelli di export e di filiere produttive parzialmente integrate) ma lascerà spazio alla Cina per crescere come rivale dell’America sul piano tecnologico (e, in prospettiva, militare) in un numero crescente di settori. La linea dura rallenterà la crescita nel breve, esporrà al rischio di recessione e di cadute di borsa e renderà meno improbabili prove di forza localmente anche militari.

Sul piano interno l’Occidente dovrà continuare a fare i conti con un dissenso sociale endemico e destabilizzante finché non riuscirà, per via fiscale, a riprendere a crescere a un buon ritmo. Dove questo dissenso verrà recuperato attraverso un compromesso reflazionista con una parte dell’establishment (come è il caso di America e Regno Unito) la crescita faciliterà il mantenimento dell’equilibrio. Dove l’establishment continuerà con le politiche dei vent’anni passati, alternative reflazioniste radicali di destra o di sinistra diverranno più probabili, soprattutto in caso di recessione.

È probabile che l’approccio reflazionista, alla fine, prevalga dappertutto per una semplice questione di selezione darwiniana. Chi proporrà austerità verrà prima o poi mandato a casa. In questo scenario, nel lungo termine, l’azionario offrirà più spazio dell’obbligazionario.

Se fare previsioni di lungo è un esercizio coraggioso ma quasi impossibile, quello che si può cercare di fare è di essere mentalmente aperti. Pensare che il futuro sarà una continuazione e un approfondimento del presente viene istintivo, ma non è quasi mai vero. Fra vent’anni la Cina o sarà la prima potenza o sarà scivolata indietro (la seconda ipotesi ci sembra più probabile), ma certamente il suo rapporto di forza con gli Stati Uniti non sarà lo stesso di oggi. Il Regno Unito o si scioglierà o diverrà la maggiore economia europea, seguita forse dalla Polonia. La Francia tornerà a essere più forte (o meno debole) della Germania, come è stata per molti secoli.

Il futuro è uno spazio esotico e alieno. Se potessimo, oggi, passare un giorno nel 2040 proveremmo un profondo senso di straniamento. È così anche per il passato. Se ci sembra familiare è solo perché sappiamo come è andata a finire, ma le paure, le speranze e i valori di chi ci ha preceduto anche di una sola generazione, al di là delle costanti antropologiche, ci risultano misteriosi e quasi incomprensibili.

Rifugiamoci allora nel futuro immediato. Da qui a metà dell’anno prossimo sembra tutto abbastanza tranquillizzante. Trump è riuscito a fare coincidere, di certo non casualmente, la conclusione del miniaccordo con la Cina e un nuovo massimo di borsa con l’impeachment, che per i mercati è e continuerà a essere un non evento. Più la borsa sale e l’economia tiene, più Trump si rafforza. Più Trump si rafforza più la borsa ha ragione di non temere troppo le presidenziali e la fine del 2020. Naturalmente tutto è reversibile, ma finora gli errori tattici più gravi li hanno fatti i suoi avversari, in particolare la Warren.

Certo, i mercati appaiono sempre più artificiali, ingegnerizzati e plastificati. Tutto è costruito a tavolino. Nel breve e superficialmente questo ci dà sicurezza, nel lungo rischia di rendere l’insieme rigido e, alla fine, incontrollabile. È come gli argini di un fiume. Finché tengono tutto sembra solido e tranquillo. Quando si rompono, l’alluvione è più devastante, perché con la falsa sicurezza fornita dagli argini si è costruito lungo il fiume.

Trump e Mnuchin cercheranno, con l’aiuto di una Fed addomesticata, di tenere alti i mercati e di farli salire ancora. Fosse per Trump, anche una bolla violenta andrebbe bene. Mnuchin cercherà però di calmarlo, come fa spesso con successo, e di proporre un rialzo lento, moderato e graduale.

I tassi a breve rimarranno invariati, i tassi a lungo saliranno in modo poco percettibile. Il dollaro si indebolirà su euro, ma di poco.

Dollaro e renminbi rimarranno agganciati, perché questo, accanto agli acquisti cinesi di soia americana, è uno dei due punti reali del miniaccordo. Mnuchin si è speso molto per ottenere un impegno cinese a non svalutare. Per chi ragiona in dollari o ha dollari in portafoglio, può essere interessante passare a governativi cinesi in renminbi (titoli di stato, rigorosamente, non aziende pubbliche) che rendono, sul dieci anni, il 3.25 per cento.

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