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Che cosa si agita in Ubs dopo il Credit Suisse

Ecco novità e polemiche in Svizzera su Ubs. Fatti, nomi, numeri e l'approfondimento del Corriere del Ticino

Fibrillazioni in Svizzera sull’integrazione del Credit Suisse in Ubs. Da un lato emerge che il fondo sovrano norvegese è diventato il maggior azionista di Ubs, dall’altro a Zurigo e dintorni si sbuffa per i 3mila tagli al persone dell’istituto di credito.

LE NOVITA’ NORVEGESI IN UBS

Il fondo sovrano norvegese è diventato il maggiore azionista di Ubs. Norges Bank Investment Management, che gestisce il più grande fondo sovrano del mondo, ha aumentato questo mese la propria partecipazione in Ubs a oltre il 5%, dopo essere stato azionista del gruppo per quasi 20 anni, ha scritto oggi il Financial Times. Il quotidiano finanziario ricorda che “negli ultimi sei mesi i dirigenti di Ubs sono stati messi sotto pressione per dimostrare agli investitori che possono portare a termine con successo il salvataggio da 3,4 miliardi di dollari dell’ex rivale Credit Suisse orchestrato dallo Stato. Molti grandi gestori di fondi si concentrano sulla capacità di Ubs di negoziare un complesso processo di integrazione e sulla rapidità con cui riavvierà i rendimenti per gli azionisti”. Il fondo norvegese, che era gia’ uno dei primi 10 azionisti di Ubs, ha superato gli investitori statunitensi Dodge & Cox e BlackRock diventando il più grande investitore, secondo S&P Capital IQ. Norges Bank, ricorda Ft, era anche uno dei primi 10 investitori in Credit Suisse quando crollo’ a marzo, ma aveva venduto la sua partecipazione.

CHE COSA SUCCEDE IN UBS DOPO L’INTEGRAZIONE DI CREDIT SUISSE SECONDO IL CORRIERE DEL TICINO (qui l’articolo integrale)

La completa integrazione di Credit Suisse in UBS era la migliore soluzione possibile. È l’opinione del Consiglio di Stato zurighese, il quale si rammarica tuttavia della soppressione di posti di lavoro. Detto ciò, l’esecutivo si dice fiducioso, visto il piano sociale e il contesto di mercato del lavoro favorevole.

Quest’ultima osservazione è condivisa anche dal Consiglio federale, che in una dichiarazione sostiene come a suo avviso non dovrebbero esserci sconvolgimenti significativi sul mercato del lavoro. Cionondimeno, l’esecutivo esprime «il suo rammarico per le persone colpite dai licenziamenti».

«Il Consiglio federale – prosegue la dichiarazione – constata con piacere che è stato raggiunto un accordo tra le parti sociali del settore bancario, UBS e CS». Quanto ai piani di UBS, per il governo «sono in linea con le sue aspettative iniziali». Sulla piattaforma X, il consigliere federale Guy Parmelin sottolinea come i posti d’apprendistato siano salvi.

CHI CRITICA I LICENZIAMENTI DOLOROSI

Da parte sua, la sindaca di Zurigo Corine Mauch ha definito i licenziamenti «dolorosi». Ora l’importante è l’attuazione di un buon piano sociale e UBS ha il dovere di farlo, ha sostenuto. Per Daniel Leupi, capodicastero finanze al comune, l’integrazione di CS in UBS rappresenta un punto di svolta per la piazza finanziaria, ma Zurigo ha le possibilità per sopportare eventuali perdite fiscali.

Il consigliere nazionale Thomas Aeschi (UDC/ZG), e capogruppo democentrista alle Camere federali, ha invece sottolineato sulla piattaforma X l’utile trimestrale di UBS pari di 29 miliardi di dollari e fatto il confronto con i 3 miliardi pagati da UBS per rilevare la concorrente. Lo zughese non ha risparmiato critiche alla consigliera federale Karin Keller-Sutter.

Sulla stessa piattaforma, il PLR ha deplorato la scomparsa di Credit Suisse. I tagli ai posti di lavoro devono essere effettuati in modo socialmente accettabile, commenta il partito, che ha depositato una mozione in Parlamento per chiedere una nuova strategia per la piazza finanziaria.

Il co-presidente del PS e consigliere nazionale Cédric Wermuth (AG) ha affermato che quanto pubblicato oggi non fa altro che confermare i suoi sospetti: gli effetti principali dell’acquisizione sono stati i giganteschi utili di UBS. I costi saranno invece scaricati sulla collettività attraverso la riduzione dei posti di lavoro. Per il socialista è ormai chiaro che quella trovata dal Consiglio federale si è rivelata essere una «pessima soluzione».

Anche i Verdi hanno criticato il fatto che i contribuenti hanno dovuto assumersi rischi elevati a causa del salvataggio della banca mentre gli «utili giganteschi» sono ora appannaggio della sola UBS. E nulla è cambiato per quanto riguarda il rischio enorme e insostenibile per l’economia nazionale rappresentato dalla nuova «megabanca», affermano gli ecologisti.

Per l’Alleanza del Centro, «il fatto che ci siano meno soppressioni d’impieghi di quanto si temeva non deve essere una scusa per ritenersi soddisfatti di questa situazione». Il partito non usa mezze parole: «il dissesto del Credit Suisse è inaccettabile». Ha messo in pericolo i posti di lavoro, l’economia e la reputazione della Svizzera, viene sottolineato sulla piattaforma X.

COSA DICE LA FINMA SU UBS

L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) intende potenziare il controllo della nuova UBS, nata dopo l’acquisizione di Credit Suisse (CS): non meno di 22 funzionari saranno direttamente incaricati della supervisione del colosso bancario, un numero superiore e con maggiori risorse di quanto fosse in precedenza previsto per le verifiche dei due singoli istituti.

A ciò si aggiungono, come di consueto, le ampie e specializzate funzioni trasversali della Finma, ha spiegato oggi all’agenzia Awp un addetto alla comunicazione. Inoltre saranno anche attivate società di revisione. La Finma sorveglierà la grande banca risultante dalla fusione «in modo molto intenso», ha indicato il portavoce. UBS dovrà rispettare i requisiti di vigilanza «in ogni costellazione».

L’autorità non ha invece preso posizione sulla decisione dell’istituto guidato da Sergio Ermotti di integrare completamente le attività svizzere di CS. «La Finma non commenta le decisioni strategiche delle parti sottoposte a vigilanza», ha dichiarato l’addetto stampa. Tuttavia come di consueto in queste situazioni la Finma è stata informata in anticipo della decisione.

Come noto la Finma non ha svolto un ruolo secondario nell’acquisizione orchestrata dal Consiglio federale, che ha messo in campo garanzie statali ed è uscito dall’ordinamento giuridico ordinario: essa ha in particolare adottato la decisione di portata storica di azzerare il valore delle ormai famose obbligazioni convertibili AT1 (Additional Tier 1) di Credit Suisse, per un valore totale di circa 16 miliardi di franchi. Questo ha provocato un terremoto sui mercati finanziari – e sono fioccati centinaia di ricorsi e richieste di risarcimento nei confronti della Confederazione – ma ha ridotto in modo drastico i debiti di CS, che è stata acquistata da UBS per 3 miliardi di franchi. L’effetto si è visto nei risultati trimestrali odierni: UBS ha conseguito un utile netto di 28,9 miliardi di dollari (25,4 miliardi di franchi) che include un utile contabile di pari importo (cosiddetto goodwill – avviamento – negativo) proprio in relazione all’acquisizione.

IL CONSIGLIO FEDERALE DEPLORA I LICENZIAMENTI,

Il Consiglio federale deplora i licenziamenti decisi in seguito all’acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. «Dietro ogni taglio di un posto di lavoro ci sono persone e famiglie», si legge in una dichiarazione scritta del governo. Le stesse parole che il consigliere federale Guy Parmelin ha ripetuto ai microfoni dei media. In totale in Svizzera saranno soppressi 3.000 posti.

L’esecutivo ricorda le sue aspettative, formulate in marzo, secondo le quali occorre cercare soluzioni socialmente accettabili per la riduzione dei posti di lavoro e rispettare gli obblighi esistenti. I piani di UBS sono in linea con le aspettative iniziali del Consiglio federale. «Ho incontrato personalmente e accolto nel mio ufficio Credit Suisse, UBS e le parti sociali. È tradizione in Svizzera che il partenariato sociale giochi il suo ruolo in questi casi», ha aggiunto il ministro a capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca.

ADDIO A CREDIT SUISSE, 3MILA LICENZIAMENTI E ALTRI RISPARMI

Addio a Credit Suisse (CS): le ultime speranze di chi auspicava ancora un’entità elvetica indipendente in seno alla galassia UBS si sono infrante oggi, con l’annuncio della completa integrazione. L’operazione porterà a 3.000 licenziamenti in Svizzera. Intanto UBS realizza un utile trimestrale stellare, grazie all’acquisizione di un concorrente – con l’aiuto di garanzie statali – a prezzo di sconto.

La soluzione scelta – fusione completa – è di gran lunga la migliore possibile, ha affermato il CEO Sergio Ermotti in teleconferenza. È anche la più favorevole per i clienti. Le analisi effettuate negli scorsi mesi hanno confermato la necessità dell’acquisizione. Per CS non era solo una questione di liquidità: l’istituto non avrebbe più potuto sopravvivere da solo, ha argomentato il 63.enne.

Ogni impiego cancellato è doloroso, ha aggiunto il dirigente. Ma la soppressione di posti – 1.000 riguardano l’integrazione di CS Svizzera nel gruppo bancario, mentre altri 2.000 concernono altre aree di attività locali dell’istituto rilevato – viene considerata inevitabile. Va peraltro rilevato che l’organico di CS si era già ridotta in modo sostanziale negli ultimi mesi a causa della forte fluttuazione: a metà anno 8.000 persone in meno lavoravano per CS rispetto alla fine del 2022, ha indicato il responsabile delle finanze Todd Tuckner.

E all’orizzonte potrebbero esserci ulteriori tagli: UBS ha infatti annunciato oggi che entro il 2026 intende ridurre i costi di 10 miliardi di dollari (la valuta in cui tiene i conti), un valore superiore agli 8 miliardi fin qui ventilati dalla dirigenza. A titolo di confronto gli interi oneri di Credit Suisse sono ammontati nel 2022 a 18 miliardi. Il portale Inside Paradeplatz ha già messo online un calcolo speculativo, secondo cui il programma di risparmio dovrebbe comportare nei prossimi anni la cancellazione di 30-35.000 posti. In Svizzera – sempre secondo questa fonte – sarebbero a rischio 10.000 impieghi.

Nel frattempo UBS archivia un utile da primato, nel secondo trimestre, proprio grazie all’acquisizione di CS: la grande banca ha conseguito un profitto netto di 28,9 miliardi di dollari (25,4 miliardi di franchi) che include un utile contabile di pari importo derivante dal fatto che l’istituto concorrente è stato rilevato a un prezzo nettamente inferiore al suo valore. Al netto di questo fattore – il cosiddetto goodwill (avviamento) negativo – nonché delle spese legate all’integrazione e degli oneri di acquisizione, l’utile ante imposte del gruppo è stato di 1,1 miliardi di dollari.

Il guadagno netto della sola UBS si è attestato a 2,0 miliardi, in linea con i 2,1 miliardi dello stesso periodo del 2022. Per il solo CS, che da giugno appartiene ufficialmente al nuovo gruppo UBS, si registra una perdita ante imposte di 8,9 miliardi di dollari, che scende a 4,3 miliardi escludendo gli effetti legati all’acquisizione.

La base di clientela di Credit Suisse si è «sostanzialmente stabilizzata», con una raccolta netta di depositi di 18 miliardi nel periodo aprile-giugno e un andamento positivo che sta proseguendo anche nel terzo trimestre, si legge nel comunicato diffuso di primo mattino. UBS ha da parte sua continuato ad attrarre denaro: nell’amministrazione patrimoniale ha raggiunto il più alto afflusso netto di nuovi capitali in un secondo trimestre da oltre dieci anni a questa parte, con 16 miliardi di dollari. Anche in questo caso, lo slancio continua. In totale, a fine giugno il gruppo UBS aveva in gestione patrimoni per 5.530 miliardi di dollari, rispetto ai 4.184 miliardi di fine marzo, cioè prima dell’acquisizione di CS.

La banca è ottimista anche per quanto concerne il futuro degli affari: le incertezze rimangono, ma la fiducia dei clienti nella gestione patrimoniale è migliorata. «Prevediamo flussi netti positivi di nuovi attivi nelle nostre attività di gestione patrimoniale e asset management», dicono i vertici.

«A due mesi e mezzo dalla chiusura dell’acquisizione di Credit Suisse, non sprechiamo tempo per creare vero valore per tutti i nostri stakeholder» – letteralmente portatori di interesse: termine che include azionisti, clienti, dipendenti, ecc. – «da una delle fusioni bancarie più grandi e complesse della storia», afferma Ermotti, citato nella nota.

«Stiamo riconquistando la fiducia dei clienti, riducendo i costi e intraprendendo le azioni necessarie per realizzare economie di scala che ci permetteranno di focalizzare meglio le nostre risorse e indirizzare gli investimenti per la crescita futura», ha proseguito il manager che ha assunto la guida operativa del gruppo il 5 aprile (dopo essere già stato CEO dal novembre 2011 all’ottobre 2020). «Questa combinazione rafforzerà la nostra posizione globale come azienda di primo piano: una di cui il nostro mercato svizzero può essere orgoglioso», si dice convinto Ermotti. «Siamo onorati di questo compito e della responsabilità che ci è stata affidata».

SERGIO ERMOTTI: «A VERY COMPLEX TRANSITION»

«A very complex transition» (una transizione molto complessa). Così Sergio Ermotti ha definito in conferenza stampa l’integrazione completa delle attività svizzere di Credit Suisse in UBS, con l’obiettivo di mantenere le quote di mercato in Svizzera. La «soluzione migliore», quando si era discusso anche di un eventuale scorporo della banca e di preservare il marchio Credit Suisse.

Il CEO di UBS ha quindi aggiunto di essere convinto di potere preservare la parte migliore di Credit Suisse: «Le persone e le loro capacità, i clienti, le competenze».
«Con la piena integrazione possiamo salvare più posti di lavoro e questo è anche la cosa migliore per l’economia svizzera», ha quindi aggiunto Ermotti. Ma prima che possa aver luogo l’integrazione, è necessaria una ristrutturazione. In merito alla riduzione di 3.000 posti di lavoro – «la maggior parte a Zurigo, dove si trovano le sedi centrali di UBS e Credit Suisse –, il CEO ha dichiarato che «ogni licenziamento è doloroso». E ha assicurato che ogni persona coinvolta verrà seguita, convinto della possibilità di reinserimento professione (oltre alle «fluttuazioni naturali»). «Sul mercato del lavoro, in Svizzera, chi ha lavorato presso UBS e Credit Suisse ha buone possibilità di trovare un nuovo lavoro. Ma questo certamente non facilita la decisione».
La nuova «megabanca», assicura quindi Ermotti, non costituirà alcuna concentrazione pericolosa. Perché oggi, con e banche cantonali e gli istituti privati, la situazione è diversa rispetto a 20 anni orsono, quando le banche svizzere avevano un peso maggiore. «L’integrazione non darà vita alla più grande banca della Svizzera».

L’ASIB: «Il CREDIT SUISSE SCOMPARE, MA NON LE PERSONE»

«Il Credit Suisse scompare, ma non le persone». È questo il titolo del comunicato stampa dell’ASIB, l’Associazione svizzera degli impiegati di banca, in riferimento all’annuncio di 3.000 licenziamenti in Svizzera. «L’annuncio di oggi segna la fine di un’epoca: anche in Svizzera il Credit Suisse sarà completamente integrato in UBS e scomparirà nel tempo come marchio e nome. Tuttavia, le migliaia di dipendenti che da molti anni lavorano per Credit Suisse con passione e impegno rimarranno».
Dal 19 marzo 2023, l’ASIB chiede che venga salvaguardato il maggior numero possibile di posti di lavoro e che la ristrutturazione avvenga in modo «socialmente equo» sull’arco di diversi anni. Negli ultimi mesi, i negoziati al riguardo sono stati intensi. L’Associazione fa sapere che «i dipendenti interessati beneficeranno di un buon piano sociale», che «UBS si assume la propria responsabilità sociale» e che il processo verrà «accompagnato», con il sostegno delle persone «laddove necessario». L’ASIB chiede che i 37.000 dipendenti delle due banche in Svizzera siano trattati in modo equo e paritario durante il processo di integrazione, secondo il principio «best-of-both». E annuncia che «seguirà a vicino il dibattito politico sulla piazza finanziaria svizzera».

Natalia Ferrara, co-direttrice dell’ASIB, ha precisato: «Non dobbiamo parlare solo di cifre e leggi, ma anche di persone. Gli ultimi mesi sono stati difficili e impegnativi per tutti, soprattutto per i dipendenti e i comitati del personale delle due grandi banche. Abbiamo bisogno di un’attuazione coerente delle norme, non di leggi sbagliate. UBS deve rimanere una banca svizzera, deve incarnare e vivere i valori svizzeri. Questo include la tradizione di un sano partenariato sociale che prevale da decenni. Anche se abbiamo divergenze di opinione, dobbiamo trovare un accordo, nell’interesse dei nostri dipendenti».

Estratto di un articolo pubblicato sul Corriere del Ticino

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