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Che cosa può fare il governo Conte per le Popolari

Il commento di Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari Poche (sagge) parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono state sufficienti per riaprire il dibattito sulle popolari (quel dibattito che la Commissione Casini e la gran parte della stampa nazionale non hanno invece voluto aprire). Analogamente per le bcc, anche se al proposito va certo…

Poche (sagge) parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono state sufficienti per riaprire il dibattito sulle popolari (quel dibattito che la Commissione Casini e la gran parte della stampa nazionale non hanno invece voluto aprire). Analogamente per le bcc, anche se al proposito va certo considerato che esse si trovano tutte in un delicato momento di transizione.

Punto di partenza naturalmente è la riforma contro le popolari voluta da Matteo Renzi (con l’assistenza di Maria Elena Boschi). I reali motivi che indussero questi ultimi a vararla, e a vararla in fretta e furia (fino a farla firmare dal presidente del Senato Piero Grasso in sostituzione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), verranno alla luce nel procedimento penale in corso (e disposto d’autorità dal gip di Roma Gaspare Sturzo, contraria la Procura della capitale, che voleva invece archiviare il tutto), anche se la partenza, come visto, non è stata delle più lineari. Nella ricerca di quei motivi potrà forse giovare considerare che tutte le banche che hanno dovuto convertirsi (per qualcuna, in non buonissime acque, la trasformazione coatta è però stata un toccasana…) non sono più, come prima, proprietà dei risparmiatori, ma sono invece proprietà dei fondi speculativi esteri, europei e/o statunitensi.

I fatti che alla riforma contro le popolari sono seguiti sono noti. Le più si sono convertite (alcune in fretta e furia), due devono ancora farlo. Nel frattempo però si sono avute una sentenza della Corte Costituzionale (che ha sollecitamente deciso che tutto va bene) e un’ordinanza – quella che ha rimesso la questione di costituzionalità alla Consulta – del Consiglio di Stato, ordinanza che non è esente da chiari accenni al merito del problema all’esame della suprema magistratura (quello della legittimità o meno non della legge contro le popolari ma della normativa secondaria che la Banca d’Italia ha emanato per dare a essa attuazione: giudizio che è di spettanza esclusivamente, in ultima istanza, del Consiglio di Stato). Il giudizio relativo è stato dai ricorrenti – soci della Popolare di Sondrio – già riassunto e, assegnato alla VI sezione giurisdizionale, il presidente di quest’ultima ha fissato con proprio decreto la trattazione del ricorso in camera di consiglio per il 12 luglio. Ciò, come è esattamente precisato, «ai soli fini della seconda fase dell’incidente cautelare». Infatti va ricordato che con proprio, precedente provvedimento il Consiglio di Stato aveva disposto la sospensione del procedimento stesso sino alla decisione (ora giunta, come s’è detto) della questione di costituzionalità sollevata dallo stesso Consiglio.
Superata comunque, prima o dopo, la fase cautelare, il Consiglio di Stato dovrà affrontare il merito del problema (che è quello più sopra precisato, concernente esclusivamente la normativa secondaria emanata dalla Banca d’Italia). In quella occasione il supremo organo di giustizia amministrativa potrà avallare o annullare (o dichiarare inapplicabile) la normativa di Banca d’Italia, in particolare sui due punti che sembrano oggi quelli focali, e ciò tenendo magari conto di quanto sostenuto nella sua ultima sentenza dalla Consulta: quelli del recesso dei soci e del modo di trasformazione delle banche. Sempre che la stessa Banca d’Italia non ritenga di intervenire prima sulle sue stesse disposizioni.

Questo scenario (escluso quello cautelare, ovviamente) potrebbe mutare in un solo caso: nel caso in cui il governo, tenendo dietro alle dichiarazioni del presidente, modificasse in via d’urgenza la normativa Renzi-Boschi evitando che essa rechi ulteriori danni alle popolari (tra l’altro, ora condannate paradossalmente a non crescere, pena la trasformazione in spa e la loro consegna ai fondi speculativi al raggiungimento della soglia degli 8 miliardi di attivi). La (radicale) correzione della legge contro le popolari avrebbe oggi due fari chiarificatori (quanto al suo proposito hanno detto la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato) e soprattutto avrebbe dalla sua una maggioranza parlamentare – allargata in questo caso a Forza Italia, per quanto già dichiarato da un suo autorevole esponente, il presidente Maurizio Gasparri – che vuole restituire ai territori le loro banche locali, sottraendole dalle mani dei fondi esteri speculativi e ridando credito a pmi e famiglie.

In sostanza, una maggioranza non più condizionata dal pensiero unico della finanza internazionale (ne abbiamo già detto il perché) e che vorrebbe anzi mettersi al passo con Stati Uniti, Canada, Francia e Germania, che hanno recentemente varato provvedimenti in favore, e in difesa, delle banche di territorio. Mentre da noi le studiavano tutte per farle cadere in mani estere.

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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