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Invitalia Reithera

Che cosa architettò Conte per Invitalia di Arcuri

Perché i revisori hanno espresso parere negativo sul bilancio di Invitalia? L'analisi di Giuseppe Liturri

 

È durata solo qualche giorno l’eco della notizia dell’approvazione del bilancio 2020 di Invitalia su cui i revisori legali di Deloitte hanno espresso pesanti rilievi che non hanno comunque influito sulla decisione del socio unico, cioè il Ministero dell’economia, di concedere comunque il suo benestare.

Non accade tutti i giorni che una società di revisione si schieri in modo così netto contro le valutazioni fatte dagli amministratori in sede di redazione del bilancio, arrivando ad un passo dal formulare un parere negativo. Ancora più inusuale è che ciò accada con riferimento a società a partecipazione interamente pubblica, come Invitalia che vede dal 2007 Domenico Arcuri nel ruolo di amministratore delegato.

Quella che è stata inizialmente derubricata come una disputa di lana caprina riservata agli addetti ai lavori, nasconde invece rilevanti implicazioni anche di natura politica. In estrema sintesi, un piano di razionalizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare in portafoglio ad Invitalia ha comportato la rilevazione di pesanti svalutazioni per adeguare i valori contabili a quelli di mercato. Si tratta di 20,4 milioni di svalutazioni, che potrebbero ulteriormente aumentare quando saranno effettivamente eseguite le cessioni. In un mondo normale ed in qualsiasi altra società italiana (e non solo), tali svalutazioni avrebbero dovuto abbattere l’utile di conto economico e quindi peggiorare la performance reddituale che Arcuri avrebbe potuto mostrare al suo azionista di via XX Settembre.

Ma a maggio 2020, sotto il governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte, di fronte a questa prospettiva, è risuonato l’urlo “Salvate il soldato Ryan”, in questo caso impersonato non da Tom Hanks ma da Arcuri. E così una sapiente manina ha inserito all’articolo 47, tra i 266 articoli del Decreto Rilancio, una disposizione che ha previsto che tali eventuali svalutazioni fossero rilevate “esclusivamente nelle scritture contabili patrimoniali”. Come se il conto economico non esistesse. Come se, di fronte ad un bicchiere che perde acqua, fosse sufficiente dichiarare che il nuovo livello dell’acqua sia più basso rispetto a quello dell’anno precedente, senza dare conto del deflusso e delle sue cause.

La relazione tecnica dell’epoca giustifica tale norma come essenziale per ottenere una “mitigazione e neutralizzazione dell’impatto a conto economico” e quindi consentire l’operazione di razionalizzazione e dismissione pianificata che ottiene così il “requisito della sostenibilità”. Viene inoltre citato un precedente risalente al 2005.

Ma veniamo a luglio di quest’anno. Nella redazione del bilancio del 2020, gli amministratori si fanno scudo di quella norma e la invocano per derogare ai principi contabili internazionali che prevedono effettivamente tale possibilità “in presenza di casi eccezionali”. Essi sostengono, con il conforto del collegio sindacale e di un “parere autorevole”, che l’articolo 47 sia proprio un esempio di tipizzazione legale di un caso eccezionale. Apparentemente una costruzione perfetta: i principi contabili, per essere derogati, richiedono un caso eccezionale, e cosa c’è di meglio che crearlo e cristallizzarlo in una legge, scritta ad hoc qualche mese prima?

Ma il piano e le ampie giustificazioni di Arcuri e del suo consiglio non hanno retto al vaglio dei revisori che hanno scritto “che non ricorrono le circostanze” per la deroga ai principi contabili. Nessuna delle esimenti invocate dagli amministratori ha retto. Non l’esimente che tali perdite siano “sostanzialmente imposte per legge” in esecuzione di un atto dovuto, quale il piano di razionalizzazione e dismissione: se le perdite ci sono, vanno rilevate secondo corretti principi contabili, e la loro causa non è un’esimente. Non regge nemmeno il motivo delle particolari condizioni del mercato immobiliare che impattano negativamente sull’entità della svalutazione: che facciamo, pieghiamo i principi contabili all’andamento più o meno favorevole del mercato? E se domani i valori fossero ancora più bassi?

La cosa che lascia davvero perplessi è che secondo gli amministratori, rilevare a conto economico, come si fa ordinariamente, delle svalutazioni di circa 20 milioni, avrebbe portato a “risultati fuorvianti e privi di senso” ed avrebbe impedito di “rappresentare fedelmente la performance aziendale e la capacità del management di amministrare le risorse aziendali”. Ma tali svalutazioni, foriere di effettive perdite future, non sono mica state paracadutate da Marte e fanno parte dei risultati complessivi del management, seppure (fortunatamente) non ricorrenti ogni anno. Se le controllate Italia Turismo ed Invitalia Partecipazioni hanno in bilancio beni iscritti a valori ben superiori a quelli di mercato, è normale che il processo di dismissione faccia emergere queste differenze. Anzi, è piuttosto strano che tali perdite di valore non siano emerse già nei bilanci precedenti. Non ricorre alcun caso eccezionale. Soprattutto perché, come riportato nel prospetto della redditività consolidata complessiva, rilevando quelle svalutazioni, il bilancio di Invitalia avrebbe chiuso con un utile di circa 20 milioni, in linea con quello del 2019.  Insomma non era a rischio il risultato di conto economico che sarebbe rimasto ampiamente positivo anche inserendo le svalutazioni. Invece così è salito a 37 milioni ed il comunicato stampa di Invitalia ha potuto trionfalisticamente salutare la crescita del 159%.

Ed è stato questo prospetto a salvare forse Arcuri ed il suo consiglio dalla clamorosa bocciatura totale da parte dei revisori.

Quella tabellina, nascosta nelle pieghe del bilancio, ridimensionando il risultato da 37 a 20 milioni, ha consentito ai revisori, pur clamorosamente negando la deroga invocata dagli amministratori, di valutare l’errore non così pervasivo e formulare un giudizio appena un gradino al di sotto della bocciatura senza appello.

Così Arcuri è riuscito a depotenziare un uragano ad un temporale estivo, non senza perdita di credibilità.

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