Utile che sfiora i 105 milioni nei primi sei mesi del 2020, ricavi in crescita di oltre il 20% e molta prudenza, causa Covid 19, che ha portato a rivedere i target al 2021.
Bper approva la semestrale e si prepara a un importante aumento di capitale, dell’ordine di circa 800 milioni di euro, per giocare il suo ruolo nella partita che ha consentito a Intesa Sanpaolo di acquisire Ubi Banca.
Alle viste, per l’istituto di credito guidato dall’amministratore delegato Alessandro Vandelli, anche un nuovo piano industriale perché “se ci sarà l’acquisizione” dei 532 sportelli di Ubi da Intesa, come preteso tra l’altro dall’Antitrust, “ci sarà un importante aumento del gruppo Bper” e si potrà pure tenere in considerazione il nuovo “scenario macroeconomico”. Insomma, secondo Vandelli “si potrà avere una migliore comprensione del potenziale di Bper”.
I CONTI DEL SEMESTRE
Le cifre, come si diceva, sono rassicuranti per l’istituto emiliano-romagnolo: primo semestre chiuso con utile di 104,7 milioni di euro, in crescita del 4,2% su base annua grazie – come si legge in una nota diffusa da Bper – a “una buona capacità di generare ricavi” e a “un efficace controllo dei costi della gestione”. Nonostante la pandemia e il lockdown si registra un utile positivo anche nel secondo trimestre, in aumento di 98,6 milioni a fronte dei 6,1 milioni del primo trimestre 2020 e ai 52,5 milioni del secondo trimestre dello scorso anno. Vanno considerate pure la contabilizzazione di rettifiche addizionali su crediti per 90,5 milioni causate dal peggioramento del contesto macroeconomico per il Covid19 e altri oneri straordinari pari a 36,1 milioni, parzialmente controbilanciati da imposte sul reddito positive per 68,9 milioni.
Per quanto riguarda i ricavi, nei primi sei mesi dell’anno salgono a 1,22 miliardi di euro (+23,7%) e i costi a 821,1 milioni (+20,3%). In miglioramento la qualità degli asset considerando la cessione di un portafoglio di sofferenze di 1,2 miliardi di euro che ha fatto scendere l’npe ratio lordo dall’11,1% al 9,1% e quello netto dal 5,8 al 5%. Numeri che hanno messo il buonumore a Vandelli: “Nonostante il rallentamento dell’economia causato dall’emergenza sanitaria – ha detto durante la call con gli analisti secondo quanto riporta l’Ansa -, il Gruppo Bper ha evidenziato un buon livello di redditività, anche grazie alla confermata capacità di generare ricavi e contenere i costi della gestione, migliorando al contempo, in modo rilevante, la qualità del credito e la già solida posizione patrimoniale”.
RIVISTI I TARGET AL 2021
Guardando al futuro i vertici di Bper hanno deciso di aggiornare i target finanziari al 2021 proprio a causa degli effetti del Covid 19 e hanno tagliato gli obiettivi annunciati a febbraio 2019. In particolare le previsioni che sono alla base della revisione dei target ipotizzano un calo del Pil nel 2020 pari al 9,4% e un recupero nel 2021 a +5,4%. Dunque è previsto un utile di circa 235 milioni a fronte dei 450 milioni stimati in precedenza ma il contributo delle filiali di Ubi dovrebbe far salire l’utile a circa 375 milioni e il risultato della gestione operativa di circa 450 milioni rispetto alla situazione stand-alone. Sul fronte del costo del credito si calcola che nel 2021 rimanga intorno ai 90 punti base e che la posizione patrimoniale sia ancora solida con un Cet1 in area 13%. “La situazione di prolungata emergenza sanitaria e il conseguente rilevante mutamento del contesto macroeconomico attuale e prospettico sono attese incidere in misura significativa sulle dinamiche economico-finanziarie prospettiche del Gruppo Bper così come delineate nel piano industriale 2019-21” evidenzia il comunicato del gruppo. Senza dimenticare che le prospettive macroeconomiche e le misure adottate dalla Bce e dai governi dei Paesi dell’area euro “hanno modificato in misura non trascurabile le assunzioni poste alla base dei target economico-finanziari contenuti nel Piano Industriale” in cui peraltro non si poteva tener conto neppure dell’acquisizione degli sportelli di Ubi Banca.
LE RICADUTE DELL’ACQUISIZIONE DEGLI SPORTELLI DI UBI
Nel giorno della presentazione della semestrale i vertici dell’istituto non potevano non parlare dell’operazione più importante avvenuta nel settore negli ultimi anni ovvero la fusione di Ubi in Intesa Sanpaolo, in cui peraltro Bper è ben coinvolta. “In un contesto di elevata incertezza come quello attuale, si riconferma pienamente il valore strategico ed industriale del progetto di acquisizione di un ramo d’azienda dal Gruppo Intesa Sanpaolo per rafforzare la rete distributiva in aree importanti del Paese dove oggi il Gruppo ha una presenza limitata come la Lombardia, incrementare significativamente la base clienti, migliorare l’efficienza operativa e sfruttare il pieno potenziale delle nostre fabbriche prodotto – ha affermato Vandelli nella nota sui conti -. Perché questo progetto si trasformi in una storia di successo, confidiamo sul contributo di tutti, in particolare delle colleghe e dei colleghi che entreranno a fare parte del nostro Gruppo, verso i quali ribadiamo il massimo impegno per un positivo inserimento e una piena e completa valorizzazione”. Un’operazione non di poco conto e che comporterà per l’istituto di credito emiliano-romagnolo un aumento di capitale, da realizzare “nella seconda metà del 2020” compreso tra 750 e 800 milioni di euro: tanto occorrerà, secondo l’ad, per finanziare l’acquisizione dei 532 sportelli di Ubi da Intesa Sanpaolo. In tal modo si punta a “mantenere un cet1 in area 13%”.
ANCORA ATTESA PER I DIVIDENDI 2020
Di prudenza in prudenza Bper ha deciso di aspettare per quanto riguarda il pagamento dei dividendi nel 2020. “In quest’anno molto particolare preferiamo vedere trimestre dopo trimestre il trend. Dopo il secondo trimestre, nel quale abbiamo accumulato 50 punti base di cet1, siamo più rilassati, ma preferiamo vedere la seconda metà dell’anno – ha spiegato Vandelli durante la call con gli analisti -. La Bce ha detto di essere prudenti e solo dopo il secondo semestre si potrà dire qualcosa su questo punto cruciale”.
LE MODIFICHE DELLO STATUTO
La riunione del board ha pure deliberato alcune modifiche statutarie “concernenti il complessivo assetto di governance della Banca e, in particolare, le modalità di nomina del consiglio di amministrazione”. Ciò, si legge nella nota diffusa al termine del cda, per “tener conto dell’evoluzione intervenuta nella struttura della compagine sociale”.
Ecco le novità, che ora dovranno essere autorizzate da Francoforte: “Adozione di un criterio di elezione del cda di natura proporzionale fondato sul metodo dei quozienti, previsione di un limite in forza del quale nessuna lista può esprimere più di sette consiglieri (a meno che la lista maggioritaria non abbia ottenuto più del 50% dei voti in assemblea, ndr) al fine di assicurare ampia e adeguata rappresentanza consiliare a tutte le diverse componenti della compagine sociale e la previsione di una soglia di ‘accesso al riparto’, volta ad assicurare stabilità e coesione al funzionamento dell’organo amministrativo, secondo cui, ferma l’esigenza di legge di assicurare alla prima lista di minoranza non collegata la possibilità di esprimere almeno un amministratore, le altre liste non collegate potranno concorrere alla nomina del Consiglio solo qualora abbiano ottenuto voti almeno pari al 5% del capitale con diritto di voto in assemblea”. Inoltre viene abolita la possibilità per il board di presentare una propria lista.