Non ci sono ancora schiarite all’orizzonte per Montepaschi ma almeno qualcosa si sta facendo per preparare degnamente la sposa alle nozze. L’ultima mossa è l’accordo preliminare tra la banca in mano al Tesoro e la Fondazione Monte dei Paschi che consente di ridurre di un terzo la bomba legale piazzata a Siena.
L’INTESA CON LA FONDAZIONE
Nei giorni scorsi, dunque, l’annuncio dell’accordo preliminare per le richieste risarcitorie stragiudiziali – avanzate a gennaio scorso – riferite all’acquisizione di Antonveneta e agli aumenti di capitale del 2011, del 2014 e del 2015, quando la Fondazione era azionista di maggioranza, causati dalle operazioni Alexandria e Santorini. L’intesa prevede che Mps sottoponga al consiglio d’amministrazione, in programma il prossimo 5 agosto per deliberare sui conti del gruppo, una transazione che definisce in maniera conclusiva il contenzioso a fronte del pagamento di 150 milioni di euro e di impegni sulla valorizzazione del patrimonio artistico della banca. Grazie all’accordo con la Fondazione Mps riduce di 3,8 miliardi di euro le richieste risarcitorie che gravano sulla banca, pari a circa 10 miliardi. Una riduzione del petitum che “offre un contributo rilevante alla soluzione del principale elemento di incertezza che grava sul bilancio della banca” chiarisce Montepaschi.
Soddisfatto il presidente della Fondazione, Carlo Rossi: “È un buon accordo per la Fondazione e per far crescere il suo patrimonio, la cifra sarà contabilizzata già nel 2021, la decisione è stata presa dopo pareri legali autorevoli” ha dichiarato all’Ansa aggiungendo di sperare che “gli effetti siano positivi anche per la Banca”.
Secondo La Stampa la soluzione trovata con la Fondazione “potrebbe portare ad altri accordi transattivi”. Nei prossimi giorni, secondo fonti accreditate citate dal quotidiano, “si dovrebbe assistere all’accelerazione nella soluzione anche di altri nodi di Siena, per lo più contrattuali, che finora hanno reso meno appetibile la banca”.
SIENA E LE NOZZE
Più si sciolgono i nodi e più si prepara Siena a una fusione, di cui si parla da tempo ma finora vanamente. Di sicuro c’è da attendere l’esito degli stress test, in agenda per il 30 luglio, che daranno una fotografia più chiara della situazione di Mps.
Il pretendente più accreditato – e più sponsorizzato dal Tesoro, azionista di maggioranza con il 64% – resta Unicredit che però al momento non pare poi così desidero di convolare a nozze visto che l’amministratore delegato Andrea Orcel è concentrato sulla riorganizzazione del gruppo – che guida dallo scorso aprile – e sul piano strategico che dovrebbe arrivare in autunno.
Peraltro, secondo indiscrezioni giornalistiche, Orcel si sarebbe dimostrato da subito freddo di fronte all’ipotesi di merger con Montepaschi e si starebbe facendo spazio l’idea dello “spezzatino” con le filiali del Sud che potrebbero andare a Mediocredito Centrale, disponibile a scendere in campo come detto dal presidente Bernardo Mattarella.
IL PRESSING DEL TESORO
Nel frattempo MF-Milano Finanza scrive che entro la prima settimana di agosto il Tesoro “dovrebbe sottoporre alle potenziali controparti una proposta definitiva per il progetto di privatizzazione”. Non sarebbe “un ultimatum o di un documento non negoziabile” ma una piattaforma su cui tentare a settembre una “difficile convergenza”. Secondo quanto rivelato dal quotidiano economico “lo schema non dovrebbe contenere numeri, ma definire l’architettura dell’operazione mettendo nero su bianco gli impegni che il venditore è disposto ad assumersi”. Sei i punti su cui dovrebbe essere incardinata la proposta: minimizzazione o trasferimento dei rischi legali (pari a una decina di miliardi), pulizia dell’attivo con dismissione di crediti deteriorati, creazione di una dotazione patrimoniale adeguata, trasformazione delle dta in crediti fiscali, valutazione pre-money e post-money e trattamento delle risorse con possibile copertura dei costi di ristrutturazione. Si tratta di un documento che, almeno nelle intenzioni di Via XX Settembre, “dovrebbe essere mutualmente vantaggioso sia per gli attuali soci della banca che per il compratore senza però mettere sul tavolo ipotesi di spezzatino”. Il Tesoro dunque punterebbe a “cedere in blocco l’intero perimetro, ferma restando la libertà del compratore di cedere poi alcuni rami d’azienda o per ragioni strategiche o per ottemperare alle richieste dell’Antitrust”.
LE PREOCCUPAZIONI DEL SINDACO DI SIENA E DEI SINDACATI
Nonostante l’intesa con la Fondazione, c’è chi continua a guardare alla Rocca con preoccupazione. “A seguito del comunicato stampa che ha dato conto della interlocuzione e della trattativa per il ristoro di un indennizzo a favore della Fondazione Mps da parte della Banca Monte dei Paschi di Siena” è l’inizio di una nota del Comune toscano, guidato da Luigi De Mossi, “l’amministrazione comunale, che ha insistito, recentemente da sola, per far avere l’indennizzo, richiede che non venga fatta una vendita al ribasso e che vengano tutelate l’occupazione e i diritti dei dipendenti, il rapporto con il territorio, la tutela del marchio, il patrimonio artistico per il quale il Comune ha chiesto di estendere il vincolo a tutti i beni, oltre che la permanenza degli uffici direzionali nel luogo ove la Banca è nata”.
Pure i sindacati di categoria, che salutano l’accordo tra la banca e la Fondazione come “un passo importante”, indicano chiaramente che si deve procedere al risanamento dell’istituto. A questo proposito Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin si sono dati appuntamento lunedì prossimo a Roma, sotto la sede del ministero dell’Economia. “Le continue indiscrezioni sulle sorti della Banca alimentano un dibattito mediatico senza fine che rischia di porne in secondo piano il costo sociale – scrivono in una nota congiunta -: qualunque ipotesi non potrà che avere come punti fermi la totale salvaguardia dei livelli occupazionali, normativi e salariali, il mantenimento dell’integrità societaria e organizzativa e la conservazione dell’attuale insediamento territoriale. Da mesi – concludono le organizzazioni sindacali – abbiamo chiesto a Esecutivo e Mef di farsi garanti del percorso di risanamento, ricapitalizzazione e normalizzazione”.