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Lavoro Non Standand

Perché ho dubbi sulla “certificazione di genere” inserita nella legge di Bilancio

L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio.

 

La questione femminile è sempre molto all’attenzione dell’impegno, soprattutto quando ci troviamo in situazioni imbarazzanti (per usare un eufemismo) in occasione dell’uso in generale per i nomi usati inutilmente per l’elezione del Presidente della Repubblica, ed in particolare per le “due donne” agitate come obiettivo innovativo e poi rinnegate durante la sofferta settimana scorsa.

Una questione mi preme approfondire ed è riferita alla legge di bilancio 2022 e legata a doppio filo sui progetti del Pnrr per quanto riguarda gli strumenti finanziati per aumentare l’occupazione femminile. Si tratta della “Certificazione di genere” in quanto i datori di lavoro virtuosi, cioè certificati, potranno ottenere, a partire dal 2022, uno sgravio contributivo in misura pari all’1% delle somme da versare, con il limite massimo di 50mila euro annui, con una dotazione prevista di 50 milioni di euro complessivi se adotteranno lo ”strumento certificatorio” delle buone prassi che assicurano pari opportunità e contrasto alle discriminazioni. Verrà anche riconosciuto un «premio di parità» consistente nell’attribuzione, alle imprese dotate di certificazione, di un punteggio aggiuntivo per la partecipazione ad appalti e gare indetti dalle Pubbliche amministrazioni e per finanziamenti europei, nazionali e regionali.

Di certificazioni di genere, come ho richiamato più volte negli anni passati ne abbiamo eseguite ben due, una nel 2008 (che ha partorito un pseudo bollino rosa) e una nel 2014, entrambe realizzate con ingenti somme che non hanno dato i risultati attesi e soprattutto “premiato” le solite grandi aziende. Ora si riprova, ma rimango ancora oggi fortemente dubbiosa sulla realizzazione e soprattutto sulla utilità per le piccole aziende che già oggi soffrono di difficoltà evidenti. Infatti la questione è legata alle risorse impegnate poiché, tranne in alcuni casi, gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che disciplina la materia agli articoli 107 e 108.

Il Dipartimento Politiche Europee, attraverso l’Ufficio per il Coordinamento in materia di aiuti di Stato, cura il rapporto tra tutte le amministrazioni centrali e regionali per assicurare il rispetto delle norme europee. Gli aiuti di Stato (concessi per via amministrativa o per legge) possono determinare distorsioni della concorrenza, favorendo determinate imprese o produzioni. Possono essere compatibili con il Trattato di Lisbona, solo se realizzano obiettivi di comune interesse chiaramente definiti. Con la COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Modernizzazione degli aiuti di Stato dell’UE /* COM/2012/0209 si è ulteriormente approfondita la materia. Un controllo degli aiuti di Stato più incisivo e più mirato può incoraggiare la definizione di politiche che stimolano la crescita e garantire che le distorsioni della concorrenza rimangano limitate, in modo che il mercato interno resti aperto e concorrenziale. Un controllo di questo tipo può altresì contribuire a migliorare la qualità delle finanze pubbliche. Un quadro più mirato consentirà agli Stati membri di dare un migliore contributo sia all’attuazione della strategia Europa 2020 per la crescita sostenibile che al consolidamento di bilancio. La modernizzazione del controllo degli aiuti di Stato è necessaria per migliorare la qualità dell’analisi della Commissione e fare di tale strumento un mezzo in grado di promuovere un impiego adeguato delle risorse pubbliche e l’attuazione di politiche orientate alla crescita, limitando le distorsioni della concorrenza che metterebbero a rischio le condizioni di parità nel mercato interno.

L’attuale complessità delle norme sostanziali e del quadro procedurale, che si applicano nello stesso modo sia ai casi più piccoli che a quelli più grandi, rappresenta una sfida per il sistema di controllo degli aiuti di Stato. Vi sono anche altri elementi che corroborano la necessità di un ampio pacchetto di misure di modernizzazione di tutta la politica degli aiuti di Stato dell’UE tra cui la preparazione del quadro finanziario pluriennale dell’UE e delle norme sui fondi strutturali dell’UE per il periodo 2014-2020; e, non da ultimo, il rafforzamento del sistema di sorveglianza economica e di bilancio, nel quadro del semestre europeo. Il compito dello Stato membro è quello di cercare di contemperare l’esigenza nazionale di accrescere l’efficienza del mercato dal punto di vista economico con le esigenze di equilibrio dei mercati sotto il profilo della concorrenza. Ogni progetto di norma che preveda la concessione di un nuovo beneficio deve essere tempestivamente notificato, insieme a tutte le informazioni necessarie, dallo Stato membro interessato alla Commissione UE che adotta in merito una decisione con la quale stabilisce se l’agevolazione in questione è compatibile con le regole del Trattato.

Per la cd “certificazione di genere” è prevista una cabina di regia per la quale si è tuttavia in attesa dei decreti interministeriali attuativi con i quali verranno stabiliti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione nonché le modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati e di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità.

Non sono conosciuti i criteri e i requisiti minimi per la certificazione, né quali saranno gli organi preposti alla certificazione. C’è da attendersi che si sviluppi un nuovo ramo di consulenza aziendale forse allineato alla ISO 30415:2021 HR Management – Diversity and Inclusion.

Ci chiediamo se lo strumento di cui si discute sia un ulteriore inutile adempimento burocratico o consenta effettivamente di fare un passo avanti nel percorso verso un’effettiva parità di genere. Per non distrarre energie ricordo che nel mese di maggio 2021, l’ISO (International Standard Organization) ha pubblicato la prima Certificazione Internazionale sulla Diversity & Inclusion, la ISO 30415:2021 Human Resource Management -Diversity and Inclusion.

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