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Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Ubi, Banco Bpm e non solo. Che cosa rischiano le banche col groviglio delle norme Mrel e Tlac. Rapporto Cer

Tutti gli effetti potenziali e distorsivi per le banche italiane delle norme Mrel e Tlac. Pubblichiamo un breve estratto del rapporto Cer (Centro Europa Ricerche) curato da Antonio Forte, Carlo Milani e Fabiano Salvio che sarà presentato in via Cerva 28 a Milano il 14 marzo

Nonostante il percorso legislativo sul Mrel sia in fase di rifinitura e completamento, restano dei punti di domanda sulla capacità del mercato di assorbire gli strumenti che le banche dovranno emettere per rispettare il requisito. La quantità di emissioni dipenderà anche dai contenuti del testo finale, in riferimento soprattutto alle modalità di calcolo delle passività.

Questo processo è ulteriormente complicato dalla necessità di armonizzare gli approcci seguiti nell’ambito del Mrel e del Tlac che, come visto in precedenza, tendono invece a divergere su diversi aspetti. Tra le voci critiche verso le nuove regole sulla composizione delle passività bancarie c’è in primo luogo il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. In un suo recente intervento ha dichiarato che «le condizioni in discussione per la definizione del livello e della natura delle passività che soddisferebbero il requisito Mrel rischiano di essere particolarmente severe», perciò «occorrerà evitare che ne discendano oneri insostenibili per le banche, soprattutto quelle minori». Come osservato dall’analisi sulle principali banche italiane, il Mrel potrebbe indurre anche ulteriori effetti distorsivi a seconda del denominatore considerato per il calcolo del requisito.

I diversi risultati ottenuti utilizzando TLOF e RWA, queste ultime a loro volta funzione del modello di business assunto dalla banca, determinano infatti effetti sostituzione tra le passività bancarie. La conseguenza può essere quella di ottenere risultati contrari rispetto agli obiettivi fissati da Mrel e Tlac. Ad esempio, alcuni istituti potrebbero scegliere di ridurre la dotazione di capitale di primaria qualità, nei limiti stabiliti dalle regole di Basilea, per incrementare il debito senior o quello junior. Un’ulteriore potenziale conseguenza potrebbe essere quella di indurre le banche ad agire sul denominatore utile ai fini della normativa Mrel. Infatti, per alcune banche potrebbe essere meno oneroso rispettare il requisito attraverso una diminuzione dei loro asset ponderati per il rischio, ricomponendo o riducendo le proprie attività, soprattutto quelle creditizie.

Le evidenze presentate nello studio d’impatto dell’EBA condotto nel 2017 sembrano avvalorare questo scenario, sottolineando come il recente miglioramento del requisito Mrel sia stato ottenuto prevalentemente attraverso la riduzione delle RWA, a sua volta frutto di una ricomposizione degli asset. Secondo un’analisi Bce l’impatto della nuova disciplina Mrel sarà probabilmente rilevante per le banche il cui accesso al mercato del debito idoneo ai fini Mrel è limitato o molto costoso. L’accesso al mercato del debito sarà condizionato dalle scelte di politica monetaria che proprio la Bce adotterà nei prossimi anni.

Le fonti di finanziamento straordinarie che la Bce ha concesso agli istituti di credito, quali le T-LTRO, sono di prossima scadenza. Le banche si troveranno quindi a dover sostituire queste passività, dovendo contemporaneamente rispettare i vincoli del Mrel, oltretutto al momento ancora non ben definiti. Un’ulteriore difficoltà per gli intermediari sarà quella di gestire il trade-off tra vincoli alla composizione del passivo, imposti dai requisiti regolamentari, e l’attuale composizione delle passività. Il Mrel, come il Net Stable Funding Ratio, sostiene l’uso di strumenti di raccolta a medio lungo termine, concentrandosi su quelli non garantiti. Sarà fondamentale dunque, almeno fino a quando saranno attive le operazioni di rifinanziamento presso la Bce, trovare il giusto equilibrio tra un conveniente ricorso ai finanziamenti a breve e medio termine della Banca Centrale e i più onerosi collocamenti obbligazionari necessari ai fini Mrel.

Tuttavia, non bisogna dimenticare i presupposti sui quali si basano tutti questi requisiti. Essi si fondano su valutazioni statiche, che non prendono in considerazione la velocità con la quale i capitali si muovono, le asimmetrie informative presenti sul mercato tra le varie classi di investitori e soprattutto le dimensioni dei rischi nascosti nei bilanci. Bisogna far sì che l’introduzione di questa normativa non porti ad un falso senso di sicurezza, che potrebbe causare problemi di moral hazard.

Gli intermediari potrebbero convincersi di poter far fronte ad eventuali crisi con le proprie forze, grazie ad un adeguato livello di patrimonializzazione, e che l’intervento pubblico per evitare effetti sistemici non sia più necessario. Al riguardo va sottolineato che la nuova normativa non assicura il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati, ossia assicurare le capacità di assorbimento delle perdite delle banche ed evitare il ricorso ai salvataggi con risorse pubbliche. Infatti, ad esempio, osservando le caratteristiche di Lehman Brothers prima del fallimento si nota che essa aveva un total capital ratio pari al 16% e la somma di capitale di vigilanza e titoli subordinati in rapporto al totale attivo era pari all’8%, livelli che avrebbe permesso a Lehman di soddisfare facilmente il requisito minimo richiesto dal Tlac per il 2019.

Infine, l’approccio flessibile previsto dalla normativa Mrel, che a differenza del Tlac non fornisce indicazioni omogenee circa il livello minimo di passività da detenere, può avere effetti distorsivi sui diversi mercati bancari. Le singole autorità di risoluzione potrebbero applicare in modo difforme la normativa, determinando un ulteriore elemento di distorsione all’interno delle regole europee. La presenza del Single Resolution Board (SRB) nel dettare condizioni uniformi di applicazione non risolverebbe il problema, poiché l’accesso al fondo unico di risoluzione è aperto solo alle banche di rilevanza sistemica. I sistemi bancari più frammentati, come quello tedesco, avrebbero l’ulteriore vantaggio di lasciare un’ampia quota del mercato bancario domestico soggetta solo alle condizioni, presumibilmente di favore, che l’autorità nazionale potrà stabilire.

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