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Catasto

Catasto, ecco come stanno le cose. Report Confedilizia

Fatti, numeri e analisi sulla riforma del catasto secondo Confedilizia

 

“Catasto, come stanno le cose”. È il titolo del documento che Confedilizia ha elaborato sull’intervento normativo previsto nell’ambito della riforma fiscale, sul quale il Parlamento si è spaccato a metà. In esso viene spiegato, fra l’altro, come l’articolo 6 del disegno di legge delega preveda due cose molto diverse fra loro.

Il comma 1 – condiviso dall’intero Parlamento – dispone la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili. In particolare, la norma mira a facilitare e accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento di: immobili attualmente non censiti (c.d. “immobili fantasma”); immobili che non rispettano la reale consistenza di fatto; immobili che non rispettano la relativa destinazione d’uso; immobili che non rispettano la categoria catastale attribuita; terreni edificabili accatastati come agricoli; immobili abusivi.

Il comma 2 – che vede la contrarietà di ben cinque forze politiche, tre di maggioranza e due di opposizione – prevede la revisione del catasto dei fabbricati, la cui novità principale è l’introduzione di una qualificazione patrimoniale del catasto italiano, tradizionalmente di natura reddituale perché teso a considerare quale indice di capacità contributiva la possibilità dell’immobile di produrre reddito e non il suo mero possesso.

Il presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha dichiarato: “Auspichiamo che il seguito dell’esame parlamentare della delega fiscale – sia alla Camera che in Senato – consenta di riesaminare la parte sul catasto, rifiutata da metà Parlamento, almeno giungendo a un testo di mediazione, che può facilmente essere rappresentato dal comma 1 dell’articolo 6. Sarebbe così soddisfatta la condivisibile esigenza di realizzare una mappatura catastale del patrimonio immobiliare italiano nonché di disporre la correzione delle storture esistenti. Allo stesso tempo, sarebbero scongiurati gli effetti negativi sul mercato immobiliare che deriverebbero dalla realizzazione del catasto patrimoniale e che preoccupano non solo i proprietari ma tutti gli operatori dell’immobiliare”.

CATASTO, COME STANNO LE COSE

Che cosa prevede l’ARTICOLO 6 del disegno di legge delega per la riforma fiscale?

Due cose molto diverse fra loro, ben differenziate già nella rubrica dell’articolo.

1.    Il COMMA 1 prevede la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili.

In particolare, la norma mira a facilitare e accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento di:

  • immobili attualmente non censiti (c.d. “immobili fantasma”)
  • immobili che non rispettano la reale consistenza di fatto
  • immobili che non rispettano la relativa destinazione d’uso
  • immobili che non rispettano la categoria catastale attribuita;
  • terreni edificabili accatastati come agricoli;
  • immobili abusivi.
  • Il comma 1 è condiviso dall’intero Parlamento.

2.    Il COMMA 2 prevede la revisione del catasto dei fabbricati.

La novità principale della revisione è l’introduzione di una qualificazione patrimoniale del catasto italiano, tradizionalmente di natura reddituale perché teso a considerare quale indice di capacità contributiva la capacità dell’immobile di produrre reddito e non il suo mero possesso.

Il comma 2 non è condiviso da 5 forze politiche: 3 di maggioranza (Lega, Forza Italia, Coraggio Italia), 2 di opposizione (Fratelli d’Italia, Alternativa).

Perché c’è grande attenzione al tema catasto?

Perché sui dati catastali si basano diversi tributi, il principale dei quali è l’IMU, vera e propria patrimoniale annuale sugli immobili, che ha un gettito di circa 22 miliardi di euro l’anno, frutto dell’aumento dei moltiplicatori catastali e delle aliquote disposto con la manovra Monti (prima l’ICI pesava per circa 9 miliardi l’anno).

Dall’IMU è attualmente esclusa l’abitazione principale (la cosiddetta “prima casa”), a meno che non si tratti di un’unità immobiliare di categoria catastale A/1, A/8 e A/9. Tuttavia, va sottolineato che la Commissione europea – oltre a raccomandare all’Italia di “aggiornare” il catasto al fine di compensare con maggiore tassazione sugli immobili una minore imposizione “sul lavoro” – ha suggerito anche di reintrodurre l’IMU sull’abitazione principale.

Gli altri tributi fondati sulle risultanze catastali sono, principalmente, l’Imposta di registro, che si paga in caso di acquisto di un immobile, l’Imposta sulle successioni e sulle donazioni e l’Irpef dovuta per le abitazioni ulteriori a quella principale che si trovino nello stesso Comune di quella di residenza e che non siano locate.

Peraltro, i dati catastali influenzano anche l’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), attraverso il quale i cittadini accedono, a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità. Tra i parametri con i quali viene determinata la situazione economica del nucleo familiare del richiedente la prestazione o il servizio rientra, infatti, il valore catastale degli immobili di proprietà, “prima casa” inclusa. Maggiore è il valore catastale di quest’ultima, dunque, minore possibilità vi è di ottenere la prestazione o il servizio.

In ogni caso, è stato il Governo stesso a dichiarare esplicitamente la finalità di incremento di tassazione sugli immobili dell’intervento normativo. La relazione del Ministero dell’economia e delle finanze sull’articolo 6 del disegno di legge delega afferma che la disposizione “è coerente” con la raccomandazione della Commissione europea con la quale si invita l’Italia a “ridurre la pressione fiscale sul lavoro attraverso una riforma dei valori catastali”. Dal canto suo, il Presidente del Consiglio – rispondendo alla Camera a un’interrogazione parlamentare – ha affermato, parlando dell’Imu, che “gli estimi su cui sono basati i gettiti di oggi sono dell’88-89, son passati più di 33 anni!”.

È appena il caso di rilevare che la bizzarra precisazione circa le finalità non fiscali del nuovo catasto (una norma priva di finalità fiscali in una riforma fiscale è un inedito…), contenuta nel comma 2 dell’articolo 6, è stata inserita al mero scopo di (tentare di) tranquillizzare qualche osservatore superficiale, risolvendosi in realtà in un’ulteriore (e un po’ goffa) ammissione degli ovvi obiettivi della revisione catastale.

Il Centro Studi della CISL ha elaborato e diffuso alcune stime relative ai possibili aumenti della base imponibile e dell’IMU nelle maggiori città d’Italia: Roma + 52%; Milano +151,2% in centro e + 87% in periferia; Napoli + 119% in centro e + 59,8% in periferia; Bologna + 55%; Genova +27,7% in centro e + 12,2% in periferia; Bari + 32,7% in centro e +23,7% in periferia.

Per il Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL, le rendite catastali aumenterebbero del 128,3% con punte del 189% a Trento, del 183% a Roma, del 164% a Palermo, del 155% a Venezia, del 123% a Milano.

I rischi della revisione del catasto prevista dal comma 2 dell’articolo 6 sono stati evidenziati dall’intero mondo immobiliare. Oltre che la rappresentanza dei proprietari (Confedilizia), si sono pronunciate – fra l’altro – quelle degli agenti immobiliari (Fiaip), delle imprese immobiliari (Aspesi), degli amministratori di condominio (Gesticond, fra le altre).

Catasto reddituale e catasto patrimoniale

Il catasto italiano nacque con funzioni perequative, allo scopo di recare uniformità di valutazioni all’interno della Penisola. E ha avuto una costante caratteristica: essere un catasto di redditi e non di valori. La sua funzione, in sintesi, è tradizionalmente stata quella di indicare il reddito medio ordinariamente ritraibile da un terreno o da un immobile. La stessa Corte costituzionale ha ritenuto di “salvare” la trasformazione del catasto reddituale in catasto patrimoniale, inopinatamente attuata con decreto ministeriale e dichiarata illegittima dalla magistratura amministrativa, sul presupposto della sua provvisorietà. In tale contesto, peraltro, la Consulta fece significativamente rilevare che “nel momento in cui, per determinare tariffe di estimo e rendite catastali, si abbandona il tradizionale ancoraggio al reddito ritraibile e si privilegia il valore di mercato del bene, si opera una scelta procedimentale alla quale non è logicamente estraneo il rischio di determinazione di rendite catastali tali da superare per la loro misura il reddito effettivo, sicché imposte ordinarie, che a tali rendite si rifacessero, porterebbero ad una sostanziale progressiva erosione del bene”.

Quali sono le posizioni politiche in campo?

Il Governo e parte della maggioranza sostengono la necessità di giungere all’approvazione dell’articolo 6 del disegno di legge.

Il Centrodestra – sia quello di maggioranza (Lega, Forza Italia, Coraggio Italia, Noi con l’Italia), sia quello di opposizione (Fratelli d’Italia) – ha proposto la soppressione dell’intero articolo 6, anche in coerenza con quanto convenuto dall’intera maggioranza il 30 giugno 2021, in occasione dell’approvazione del documento di indirizzo per la riforma fiscale, che lo stesso Governo – nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) – ha indicato come testo alla base della sua proposta.

Vista l’insistenza del Governo sul proprio testo, il Centrodestra di maggioranza ha promosso due proposte di mediazione, che avevano come tratto distintivo il mantenimento di tutte le previsioni contenute nell’attuale comma 1 e che erano finalizzate alla mappatura degli immobili, al loro corretto classamento, all’emersione degli immobili fantasma e alla regolarizzazione di quelli abusivi. Entrambe sono state rifiutate dal Governo e dagli altri partiti della maggioranza, evidentemente più interessati a introdurre il catasto patrimoniale, con tutti i pericoli connessi.

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