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La Corte di giustizia Ue pizzica Google nel caso Enel-Android

La Corte di giustizia UE ha espresso un'opinione a favore di Enel nella controversia con Google su Android Auto: sul caso, risalente al 2018, si era già espresso l'antitrust italiano. Tutti i dettagli.

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha espresso un’opinione preliminare a favore di Enel nella controversia con Alphabet, la società madre di Google, relativa all’utilizzo di Android Auto: si tratta di una piattaforma che permette ai dispositivi dotati del sistema operativo Android di interagire con i sistemi di infotainment nei cruscotti dei veicoli; Enel voleva sfruttarla per offrire i propri servizi di ricarica elettrica attraverso l’app JuicePass, ma si è vista negare l’accesso.

Secondo l’avvocata generale Laila Medina della Corte di giustizia europea – non si tratta, comunque, di una sentenza – “il rifiuto da parte di Google di concedere a terzi l’accesso alla piattaforma Android Auto potrebbe violare il diritto della concorrenza”.

IL CASO ENEL-GOOGLE SU ANDROID AUTO, IN BREVE

Il caso è iniziato nel 2018, quando Enel ha lanciato l’applicazione JuicePass e ha chiesto a Google di renderla compatibile con Android Auto. Google però ha rifiutato per ragioni di sicurezza e per via dei costi da sostenere per la creazione di un “modello” apposito (template, in gergo) per l’app: in quel momento, infatti, le uniche applicazioni di terzi compatibili con Android Auto erano quelle di media e di messaggistica.

Enel si è rivolta allora all’Agcm, l’autorità antitrust italiana, la quale ha stabilito che il comportamento di Google rappresentava una violazione del diritto della concorrenza europea e un abuso di posizione dominante. La società tecnologia ha però contestato la decisione davanti al Consiglio di stato italiano, il quale a sua volta si è rivolto alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

LE CONCLUSIONI DELL’AVVOCATA GENERALE LAILA MEDINA

Nelle conclusioni dell’avvocata generale Laila Medina, pubblicate il 5 settembre, si legge che “il rifiuto da parte dell’impresa dominante di concedere a un operatore terzo l’accesso a una piattaforma come quella in causa può essere oggettivamente giustificato qualora l’accesso richiesto sia tecnicamente impossibile o qualora esso possa incidere, da un punto di vista tecnico, sulle prestazioni della piattaforma o porsi in contrasto con il suo modello economico o con la sua finalità economica”.

“Tuttavia”, prosegue il comunicato, il semplice fatto che, al fine di concedere l’accesso a tale piattaforma, l’impresa dominante debba, oltre che prestare il proprio consenso, sviluppare un template del software che tenga conto delle esigenze specifiche dell’operatore che chiede l’accesso non può di per sé giustificare un diniego di accesso, a condizione che sia concesso un lasso di tempo adeguato per lo sviluppo in parola e che quest’ultimo sia oggetto di un adeguato compenso a favore dell’impresa dominante. Entrambi gli elementi devono essere comunicati dall’impresa dominante all’operatore che chiede l’accesso all’atto di tale richiesta”.

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