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Caro Visco, ecco errori e sviste di chi invoca il Mes

Giuseppe Liturri analizza criticamente le ultime sortite di politici e istituzioni pro Mes

 

La rassegna stampa di questo fine settimana lascia poco spazio a dubbi: il prestito del Mes è ormai invocato “coram populo”. Se dopo i soliti Nicola Zingaretti e Stefano Bonaccini, perfino il neopresidente della Liguria, Giovanni Toti, si spinge ad invocarlo, allora significa che la lettera di richiesta è ormai sul tavolo del ministro Roberto Gualtieri.

Il sigillo finale a questa offensiva mediatica è stato apposto dalle parole del governatore della Banca d’Italia Vincenzo Visco che al festival dell’economia di Trento ha dichiarato – con una incredibile invasione di campo in un tema oggetto di decisione squisitamente politica – che “dal punto di vista economico il Mes dà solo vantaggi. Consente di non andare sul mercato, è a lunga scadenza, a condizioni buone e la condizionalità è solamente spendere i soldi nel settore per il quale è stato disegnato questo fondo. Non vedo gravi problemi a usarlo: l’unico — ha sottolineato — potrebbe essere quello dello stigma, ma quello stigma è legato a un cattivo utilizzo dei fondi o a una cattiva comunicazione. Mi chiedo perché uno ha paura di mostrare che utilizza bene dei fondi, anzi se lo mostra ha maggiori facilità di raccolta sul mercato a condizioni migliori di quelle che ora, pur migliorate, non sono ancora vicine a Spagna e Portogallo». la Troika non c’è, non esiste”.

Allora, a beneficio di chi è ancora in buona fede – a chi è in male fede si applica il primo principio della termodidattica: “ci sono cose che, se potessero essere capite, non andrebbero spiegate” (credits: Alberto Bagnai) – e semplicemente ignora i tanti dettagli tecnici che connotano questo strumento di finanziamento e che lo rendono irricevibile per il nostro Paese, ecco un breviario che riassume tutte le cose scritte in questi mesi ed avvalorate da autorevole dottrina sia relativa agli aspetti legali che finanziari.

  1. Il Mes finanzia SOLO spese sanitarie direttamente ed indirettamente connesse al Covid. Quindi non c’è spazio per chi si illude di finanziarci qualsiasi altro capitolo, peraltro preponderante, della spesa sanitaria in Italia. In dettaglio: la dotazione annua del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) è di circa 120 miliardi. Basta avere un minimo senso delle proporzioni tra tutte le altre patologie purtroppo esistenti ed il Covid, per rendersi conto che non potremmo mai giustificare spese per 36 miliardi connesse al Covid. Non a caso, il Governo ha inserito solo 1,7 miliardi di maggiori spese sanitarie in uno dei decreti di primavera. Solo quelle potremmo eventualmente rendicontare al Mes, qualora accedessimo al finanziamento. Si potrà inoltre rendicontare una quota dei costi del sistema sanitario che è stato dirottato a sostegno del Covid, per esempio i reparti di altre patologie riconvertiti per poche settimane in reparti Covid; ma parliamo sempre di somme modeste.

Chi invoca il Mes, improvvisamente preso da amore per la nostra sanità, deve avere l’onestà intellettuale di ammettere che serve una nuova legge di spesa, in quanto a legislazione vigente c’è ben poca cosa, per poter accedere con successo al prestito del Mes. Purtroppo si tratta quasi sempre degli stessi soggetti politici che, a partire dal 2011, hanno impedito, a colpi di tagli, una fisiologica crescita del FSN consentendo di tenere appena il passo dell’inflazione, quando seguire il progresso della ricerca e della tecnologia avrebbe richiesto tassi di crescita a doppia cifra. Sono i campioni dei piani di rientro che tanto male hanno fatto alla nostra sanità. Il fatto che il prestito del Sure sia stato molto richiesto è una conferma della tossicità del Mes: come mai sono accorsi ben 17 Paesi (l’Italia dovrebbe ricevere 27 miliardi) e nessuno ha chiesto il Mes? Da notare che il Sure finanzia spese già previste a legislazione vigente (Cassa integrazione, indennità 600 euro, ecc…) e quindi non fa aumentare il deficit/Pil già autorizzato. Il Mes, come spiegato, comporta una preventiva decisione di spesa e quindi aumento del deficit.

  1. Il prestito del Mes non arriverebbe subito. Infatti è noto dai documenti ufficiali che sarà erogato in quote mensili non superiori al 15% del totale quindi, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno almeno 7 mesi per ricevere l’intera somma. Qualcuno in questo Paese ritiene seriamente che si debbano attendere i soldi col contagocce per avviare un robusto programma di potenziamento del sistema sanitario, peraltro necessario a prescindere dal Covid-19?
  2. Il tema della convenienza economica dato dalla presunta differenza tra tasso del BTP a 10 anni ed il probabile tasso di interesse del Mes intorno allo 0/0,10% è frutto di una sottrazione senza senso, da bocciatura a qualsiasi corso base di finanza dove insegnano a paragonare i tassi di strumenti finanziari omogenei per condizioni, durata e garanzie.
    1. Non c’è omogeneità di condizioni. L’indebitamento con titoli pubblici non ne prevede. Il Mes prevede invece uno specifico vincolo di destinazione alle spese connesse al Covid-19. Inoltre prevede, cosa ancora più grave, l’obbligatorio (mentre in altri casi resta una facoltà) assoggettamento a misure di sorveglianza rafforzata (dal momento della richiesta fino alla completa erogazione) e sorveglianza post-programma (fino al rimborso almeno del 75% del prestito), così come dettagliatamente spiegato al punto 4.
    2. Non c’è omogeneità di garanzie. Il Mes, per Trattato istitutivo è creditore privilegiato, mentre tutti gli altri creditori dello Stato sono “pari passu”. Tutti (Gualtieri in testa) svicolano di fronte alla domanda finalizzata a conoscere l’ipotetico tasso di un prestito sindacato (sottoscritto cioè da pochi grandi investitori istituzionali) richiesto sul mercato dallo Stato italiano, offrendo ai creditori lo status di creditore privilegiato. Sulla scadenza di 10 anni, alcuni operatori di mercato ritengono si possa spuntare un tasso intorno allo 0,10%. A questo punto la differenza col tasso del Mes diventerebbe inesistente e si volatilizzerebbero i presunti miliardi di risparmio. In alternativa, se il privilegio non fosse un problema, Gualtieri avrebbe il coraggio di chiedere il prestito al Mes, specificando che non si applica lo status di creditore privilegiato? Davvero improbabile che il direttore Regling applicherebbe ancora un tasso intorno allo zero. Sorvoliamo sul probabile peggioramento del rendimento dei tassi della massa dei titoli pubblici in conseguenza dell’ingresso di un creditore privilegiato nel rimborso. Ci sono tesi contrastanti a questo proposito. Si noti però che, su una massa di debito di 2500 miliardi, bastano pochi punti base di aumento dei tassi, per vanificare l’eventuale beneficio ricevuto dal prestito del Mes.
    3. Non c’è omogeneità di durata. Il tasso del Mes è variabile e dipende dal loro costo di raccolta nel momento in cui si finanzieranno emettendo obbligazioni, quindi non è comparabile col tasso del BTP 10A. Facendo libere scelte di raccolta per durata e valuta che hanno ovviamente un rischio, il Mes ha detto chiaramente che ribalta automaticamente sui Paesi debitori il relativo costo, così come è già accaduto con Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro. Nel caso della linea Pandemic Crisis Support, per fortuna, il costo medio (più commissioni) di queste emissioni, da ribaltare sul debitore, scaturirà da un “magazzino” separato e dedicato. Ed allora perché farsi intermediare dalle scelte del Mes, quando abbiamo la possibilità di andare autonomamente sui mercati? Se il Tesoro italiano ritenesse più opportuno finanziarsi con un Bot a 12 mesi (oggi al -0,22%), correndo il relativo rischio di tasso e liquidità (peraltro oggi abbastanza trascurabili) rispetto ad un BTP a 10 anni? Oppure emettere bond in dollari USA su altre scadenze (ancorché oggi più costosi)? Fare una differenza oggi tra il tasso del BTP ed il tasso del Mes e proiettarlo per 10 anni per calcolare il risparmio di interessi, è un esercizio che restituisce un risultato diverso ogni giorno. E questo è sufficiente per dichiararne l’inconsistenza. E se il tasso BTP 10A, come probabile dati gli ingenti acquisti della BCE, scendesse intorno allo 0%, dove finirebbero i fantastiliardi di risparmi sugli interessi?
    4. Gli acquisti della Bce in corso e programmati fino a metà 2021 con il programma PEPP (con i reinvestimenti dei titoli in scadenza almeno fino al termine del 2022), e fino al momento in cui saranno rialzati i tassi con il programma APP (con reinvestimenti per un periodo sufficientemente lungo successivo al rialzo dei tassi) sono ingenti. Nel periodo marzo/luglio le emissioni nette del Mef sono state pari a 108 miliardi, mentre gli acquisti netti della Bce sono stati pari a 109 miliardi (36 Pspp e 73 Pepp). Ciò significa che tutto il maggior fabbisogno del Tesoro è stato assorbito dalla Bce che continuerà a farlo al ritmo di 25 miliardi al mese. In pratica sul mercato, gli altri operatori (banche soprattutto) sanno già che basterà comprare BTP in asta e poi cederli alla BCE e, se volessero aumentare le loro consistenze si troverebbero di fronte ad un’offerta insufficiente, con conseguente rialzo dei prezzi e discesa dei tassi. Cosa che si sta regolarmente verificando da maggio. Inoltre il costo di quei 109 miliardi (per un totale di circa 500 miliardi detenuti al 31/7), di titoli di Stato italiani acquistati da Bce/Bankitalia è pari sostanzialmente a zero. Infatti quegli interessi torneranno da Banca d’Italia al Tesoro sotto forma di dividendi del bilancio 2020. In definitiva, il costo marginale del debito italiano acquistato da BCE è zero e lo sarà a lungo, finché continueranno i rinnovi. E continueranno, altrimenti si dissolverà l’eurozona.
  3. Il Mes è l’anticamera della Troika e di misure macroeconomiche correttive. Infatti, la lettera di Gentiloni e Dombrovkis del 7/5 ha natura di mero impegno politico e nessun valore giuridico. Premesso che nulla cambia nel Trattato del Mes (in cui gli articoli 13 e 14 tracciano la strada che porta ad un programma di aggiustamento macroeconomico), con essa si promette di disapplicare l’articolo 3 (commi 3, 4 e 7), l’articolo 7 e 14 del regolamento 472/2013 che disciplinano la sorveglianza rafforzata e post-programma. Tale missiva, non a caso, ha solo dato luogo alla modifica di un regolamento delegato (877/2013) che dispone la reportistica per lo Stato membro soggetto a monitoraggio (ex art. 10 del Regolamento 473/2013). Nessuna modifica è stata invece apportata al Regolamento 472/2013. Perché hanno ritenuto di modificare con un atto legislativo un aspetto tutto sommato residuale come una tabellina per il report delle spese, ed hanno lasciato immutato il 472/2013? Forse perché la Commissione intendeva lasciarlo esattamente così com’è? Con la minaccia di misure correttive ben in vista nell’articolo 14(4)?

La Troika c’è, esiste, e potrebbe essere presto tra noi, egregio signor Governatore della Banca d’Italia.

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