Nell’opera di Cervantes Sancho Panza condivideva le gesta di don Chisciotte, ma ne intravedeva i limiti e i pericoli e avvertiva inutilmente il suo Signore.
Pierpaolo Bombardieri non ha dubbi a seguire (se non ad anticipare) Maurizio Landini nelle operazioni più spericolate in cui si infila il leader della Cgil obbedendo al “male oscuro” di una depressione che lo porta a immaginare catastrofi laddove don Chisciotte vedeva enormi giganti al posto dei mulini a vento. Dando dimostrazione di uno zelo eccessivo nel condividere la proposta delle opposizioni in tema di salario minimo legale, Bombardieri se l’è presa con la Cisl, colpevole di non condividere il progetto di legge messo a punto dalle forze di opposizione (Iv esclusa). È tanto grande la sua presunzione di essere nel giusto che si è permesso di rivolgere alla Cisl la più grave offesa per un sindacato confederale: trescare con i sindacati autonomi. (“La Cisl? Dialoga bene con i sindacati gialli”). Immaginiamo che nel suo cervello (Dio lo riposi!) Bombardieri pensi che chi è contrario al salario minimo faccia il gioco di quelle organizzazioni spurie, nate in un sottoscala, che vanno in giro ad offrire alle aziende i c.d. contratti pirata in regime di dumping; contratti sedicenti nazionali che si applicano ad un gruppo di aziende e che negli ultimi anni sono cresciuti in numero, ma riguardano una platea limitata di dipendenti, mentre il 97% (alcune statistiche sparano persino il 99%) di loro si vede applicare un contratto negoziato da Cgil, Cisl e Uil. Che per contrastare questo deplorevole fenomeno non vi sia soluzione diversa dall’invischiarsi nell’assistenza della legge, con l’introduzione dello smig e nella regolamentazione della rappresentanza è un’ammissione dell’impotenza dei sindacati confederali nel risolvere con il sistema classico della contrattazione problemi nuovi e più complicati. Perché, a mio avviso, la Cisl ha ragione mentre Landini e Bombardieri hanno torto?
Al di là delle questioni di principio, lo smig in Italia è un errore soprattutto per come viene proposto dalle opposizioni nel loro pdl. Riporto in sintesi le motivazioni – da me condivise – contenute in una memoria che Adapt ha presentato in un’audizione in Commissione alla Camera.
1. Non esiste alcun obbligo a introdurre un salario minimo legale.
2. La garanzia di una retribuzione minima adeguata può essere realizzata – secondo la Direttiva UE – sia per via legale sia per via contrattuale.
3. Il salario minimo legale non è di per sé una garanzia di una retribuzione minima adeguata. Infatti, i dati (2020) dimostrano che solo in tre Paesi nell’Unione europea il livello del salario minimo legale è adeguato secondo i criteri comunemente utilizzati a livello internazionale e adottati dalla direttiva con riferimento al parametro del 60% del salario lordo mediano e molti Paesi sono solo prossimi al criterio del 50% del salario lordo medio. Per la maggior parte dei Paesi, il livello del salario minimo non risulta adeguato secondo i parametri di riferimento.
4. Il salario minimo legale in Europa viene tendenzialmente adottato come soluzione sussidiaria rispetto all’opzione contrattuale.
5. In Italia la copertura della contrattazione collettiva è molto elevata (99%).
6. Gli importi dei minimi tabellari lordi soddisfano i parametri di adeguatezza, definiti a livello internazionali e raccomandati dalla direttiva europea 2022/2041.
7. L’obiettivo della garanzia di retribuzioni minime adeguate può ancora essere ben perseguito dalla contrattazione collettiva, senza la necessità dell’introduzione di un salario minimo legale.
8. L’introduzione di un salario minimo legale rischia di indebolire il sistema della rappresentanza e minare il valore delle relazioni industriali e la funzione del contratto collettivo che va oltre la semplice funzione della fissazione di un salario. Del resto, come evidenziava la Direttiva «i paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva tendono ad avere, rispetto agli altri paesi, una percentuale inferiore di lavoratori a basso salario, salari minimi più elevati rispetto al salario mediano, minori disuguaglianze salariali e salari più elevati»
9. Il problema del lavoro povero non può essere risolto con l’introduzione di un salario minimo legale, poiché non è legato a bassi livelli di retribuzione oraria. Occorre affrontare le vere cause specifiche che lo determinano, tra le quali il numero delle ore lavorate.
10. L’idea della previsione dell’applicazione a tutti i lavoratori dei minimi tabellari dei CCNL stipulati dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale porta alla necessità di una definizione legale del concetto di “comparativamente più rappresentativo”, che manca nelle proposte di legge. Questo condurrebbe alla regolazione della rappresentanza sindacale con le relative criticità e implicazioni.
11. L’effettività di un salario minimo legale o contrattuale dipende dal suo livello. Deve essere sufficientemente alto per garantire uno standard di vita dignitoso, ma non troppo elevato da superare la capacità di pagamento delle imprese.
Vi sono, poi, altri motivi specifici che individuano le criticità del progetto di legge. Abbiamo detto che non c’è una convivenza facile tra lo smig e la contrattazione, perché ambedue gli strumenti assolvono ad una medesima funzione. Infatti, nei 21 Paesi che prevedono un salario minimo legale il contratto nazionale (che da noi è il perno del sistema delle relazioni industriali) o non è presente o lo è in forma limitata e spesso gestito in una dimensione subordinata ad altri livelli di contrattazione. Poi vi è una questione ‘’bruta’’ di spazi di contrattazione: se i 9 euro lordi che vengono proposti sono pari all’87% del salario mediano non restano molti margini di ulteriore negoziato. Come la c.d. scala mobile ai tempi della grande inflazione che finiva per coprire tutti i margini di disponibilità, in forza della lievitazione automatica dell’ammontare in relazione agli incrementi del costo della vita. Anzi, anche se la variazione dello smig non è affidata ad meccanismo automatico come lo era l’indennità di contingenza, nel pdl è previsto il monitoraggio di una commissione ad hoc che valuterà, periodicamente, la svalutazione del salario minimo legale rispetto al costo della vita. In sostanza, la retribuzione globale avrà al proprio interno una sorta di montacarichi che spingerà in su la retribuzione stessa.
Va da sé che ci sarà un costo importante per il sistema delle imprese (che dovranno adeguare le tabelle salariali dei contratti collettivi al salario minimo legale entro novembre del 2024): le stime più prudenti ipotizzano un maggior onere di 4-5 miliardi (i calcoli furono compiuti all’inizio della passata legislatura quando venne la ‘’febbre’’ del salario minimo al tempo del Conte 1). E su questo punto nel pdl viene istituito, con una disinvoltura sorprendente e senza vergogna, un fondo in legge di bilancio per aiutare le imprese ‘’’a rispettare i nuovi livelli di retribuzione’’. Un nuovo passo decisivo verso la nazionalizzazione delle retribuzioni.