(Intervento di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, durante il dibattito online con il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, su “Covid e fusioni: come cambia il settore bancario”)
Abbiamo sottoscritto con l’Abi un importante accordo, inserito nel contratto nazionale, per gestire ed eliminare le pressioni commerciali. Cioè quegli obiettivi commerciali piuttosto esasperati che i gruppi bancari pretendono di raggiungere, utilizzando metodi e comportamenti al limite del ricatto verso i lavoratori.
Mentre io parlo, migliaia di nostri colleghi soffrono problemi di salute, problemi psicologi e fisici, proprio per la pressione, accompagnata da pessime maniere, che vengono esercitate su di loro.
Quell’accordo in alcuni gruppi bancari è riuscito ad ammortizzare il problema, in altri, invece, non è stato mai volutamente applicato perché i responsabili sindacali di qualche grande gruppo bancario se ne sono sempre lavati le mani, non volendo affrontare, là dove nascono, nei territori, quelle pressioni verso i lavoratori che di fatto mettono in serio rischio anche quella clientela che acquista prodotti finanziari.
Questo tema, se non sarà estirpato, lo porteremo a conoscenza delle massime autorità finanziarie anche a livello europeo, facendo nomi e cognomi, interessando anche il Parlamento italiano oltre che quello europeo perché a rischio non sono solo i lavoratori bancari, ma la stessa clientela e le stesse aziende e i risparmi degli italiani, tutelati dalla Costituzione.
Per tutti questi argomenti, dal mio punto di vista, serve un’Abi forte politicamente, che faccia rispettare il contratto nazionale e che convinca i grandi gruppi bancari che certe pressioni e certi personaggi non solo arrecano danni ai lavoratori, ma alle stesse aziende.
È lecito che ogni gruppo bancario, che ogni banca si ponga degli obiettivi commerciali, ma sono illeciti, invece, comportamenti e ricatti, anche economici come stanno accadendo.