Dice come mai a Roma c’è un trasporto pubblico così inadeguato? Una delle risposte è che una politica tanto cruciale è trascurata dallo Stato italiano, che per mille motivi non l’ha ritenuta prioritaria in questi decenni, e quindi l’ha demandata ai comuni. E se tutto dipende dai comuni, è facile che piccoli e grandi potentati locali possano esercitare poteri di veto.
Soprattutto dove scarseggia una cultura democratica dello spazio pubblico – come appunto a Roma, dove la strada come tanti altri ambiti è abbandonata alla legge del più forte. Una legge stupida e costosa, ma siccome “il più forte” ha il coltello dalla parte del manico, usa il veto per mantenere il suo privilegio. Lo si è visto lo scorso anno con una campagna martellante del Messaggero che è riuscito a fare saltare i lavori previsti per il tram su via Nazionale, perché avrebbero disturbato gli alberghi del suo proprietario, lì dislocati, e il fatto che fornitori, noleggiatori e mezzi di servizio a disposizione continuino a usare quella strada come il cortile di casa loro. ((Il Comune promette che quei lavori sono solo rinviati a dopo il Giubileo. Vedremo se è vero.))
Intanto, potremmo goderci altri tram in costruzione, che migliorerebbero la nostra città e renderebbero i suoi servizi così sparpagliati molto più accessibili. Tipo la linea Termini-Tor Vergata. Sì, abbiamo un’università costruita negli anni ’80 in una zona completamente scollegata dal trasporto pubblico. Decine di migliaia di persone costrette ad andarci in macchina ogni giorno. Uno dei motivi per cui a Roma c’è un traffico assurdo. Dice ma perché l’avete fatta laggiù? Eh, perché, indovina un po’ [di chi] erano i terreni dove si è costruita? E l’impresa [di chi] ha in concessione praticamente eterna e senza limiti di budget tutti i lavori in quell’immensa area? Sì, Caltxxxrone. Copro per pudore. Anche se non lo leggerete sul Messaggero.
Ora stranamente l’università di Tor Vergata si oppone al nuovo tram. Il suo parere negativo può far perdere a Roma 200 milioni di euro e una grande opera che ci serve come il pane. Una volta tanto che un buon progetto di trasporto pubblico esce dalla città consolidata per raggiungere i milioni di romani che abitano intorno al Raccordo. Una grande università, un grande ospedale, tanti quartieri staccati e slabbrati tra loro, che sarebbero ricuciti alla città a cui appartengono.