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Mediobanca, Cementir e le capriole olandesi di Caltagirone

Che cosa dice e che cosa non dice Caltagirone (azionista di Mediobanca) sulla lista del cda per il vertice della banca milanese.

 

Botta e risposta (con capriola) fra Mediobanca e Caltagirone in vista del rinnovo del board dell’istituto di Piazzetta Cuccia. Con un ruolo indiretto anche della stampa (qui la curiosità della posizione del Giornale della famiglia Angelucci).

A 5 giorni dalla pubblicazione da parte del board di Mediobanca della lista del cda, che di fatto sanciva l’impossibilità di trovare un accordo con Delfin, azionista con il 19,8% di Piazzetta Cuccia, e con il gruppo Caltagirone (socio di Mediobanca con il 9,8%), emergono anche i rilievi del gruppo romano inviati ai vertici della banca milanese. Sono contenuti in una lettera datata 18 settembre che fornisce la risposta a quella inviata da Mediobanca (svelata dal Sole 24 ore) il 18 agosto sia a Delfin sia a Caltagirone.

E Caltagirone non ha proprio resistito. Nella lettera (divulgata dal Corriere della sera) con cui respinge le richieste di Mediobanca, Francesco Gaetano Caltagirone ha voluto a tutti i costi riprendere il proprio recente intervento in audizione al Senato, in cui l’imprenditore-finanziere-editore ha attaccato a testa basta la lista del consiglio, lamentandone l'”autoreferenzialità”.

Audito in commissione Finanze del Senato sul ddl Capitali, il costruttore romano aveva paventato il rischio di creare “un’autocrazia in cui i manager possono auto-perpetuarsi, anche in contrasto con scelte e visioni degli azionisti stabili” nella governance di una società quotata proprio con il meccanismo della presentazione della lista del board uscente.

Caltagirone – al lavoro su questa materia con il suo stuolo di legali in simbiosi con il capo delle relazioni istituzionali del gruppo Fabio Corsico (nella foto con Caltagirone) – aveva fatto riferimento, per contrasto con la situazione italiana, al “mondo angloamericano, dove esistono grandi società con azionariato polverizzato, e calato in una struttura di diritto completamente diversa”.

Per Caltagirone – come emerge dalla lettera spedita a Mediobanca, la “lista del cda” soluzione di corporate governance costituisce un meccanismo attraverso il quale “gli amministratori sono oggetto di una cooptazione che fa prevalere la fedeltà o il conformismo rispetto al perseguimento di obiettivi ambiziosi”.

Tutto bellissimo, non fa una grinza: le posizioni di Caltagirone sono note da tempo. Ma non ci si spiega, allora, perché lo statuto della holding (olandese) di Caltagirone, la Cementir Holding, preveda tutt’altro.

L’articolo 7.2, quello dedicato alla nomina del cda, prevede infatti che sia il consiglio di amministrazione a farsene carico. Non solo: se qualche azionista ha proposte alternative da presentare, può farlo solo se il consiglio di amministrazione dice ok.

Senza contare che in Cementir Holding c’è il voto maggiorato. In sintesi: nella sua società, è Caltagirone a decidere. In Mediobanca, se il cda gli pone delle condizioni per eleggere rappresentanti, è ingiusto.

Due pesi e due misure.

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