Se non siamo all'”oro alla patria”, poco ci manca. A sfogliare i quotidiani italiani della settimana scorsa, balza all’occhio la massiccia mobilitazione mediatica contro l’operazione Natixis-Generali prima ancora che l’operazione sia stata presentata e discussa nei comitati e nel cda di Generali.
Le firme del Messaggero sono tutte schierate in prima linea, rilanciando con forza la linea dell’editore. Al contingente caltagironiano si uniscono poi ascari di altre testate, variamente accomunati da sentimenti di paura e lealtà nei confronti del costruttore romano.
Gli ordini di carreggiata di Caltagirone sono chiari: Natixis-Generali non s’ha da fare perché verrebbe meno il tradizionale sostegno delle Generali al debito pubblico italiano. Che nel frattempo ha superato la soglia simbolica dei 3.000 miliardi di euro, e quindi si presta a essere agitato come spauracchio nei confronti di una maggioranza particolarmente sensibile alle sirene del patriottismo economico. Senza parlare dei toni anti-francesi, che fungono da metaforico martelletto calato a oltranza sulla rotula di Giovanbattista Fazzolari, il potente sottosegretario meloniano che alterna simpatie caltagironiane e sentimenti francofobici.
Peccato che in sé l’operazione non comporti alcuna fuga dai Btp, ma risponda alla necessità di trovare efficienze mediante il consolidamento in un settore che si caratterizza per margini oltremodo sottili. Tutto questo, ovviamente, Caltagirone lo sa bene. E nel quartier generale di Natixis, nella parigina Promenade Germaine Sablon, di lui si ricordano bene. Non potrebbe essere diversamente: di Natixis il nostro è stato a lungo affezionato cliente, e la luce dei suoi occhi sono a lungo stati due stimati banker, Bruno Prevedello e Giulio Rolandino, approdati in Natixis dopo una lunga carriera in Mediobanca lavorando anche con Del Vecchio e Romolo Bardin.
Senza contare che in Francia, e coi francesi, Caltagirone ha sempre coltivato un forte sodalizio. Al punto che pochi anni fa si temeva che proprio lui potesse, forte dei suoi rapporti parigini, portare le Generali in orbita francese. Poco importa: l’esercizio del potere per Caltagirone viene prima di tutto il resto. Lo si è visto nella vicenda del ddl Capitali, con cui Caltagirone è riuscito a sabotare l’utilizzo della lista del Cda per le società quotate.
Ma nel caso delle Generali l’unico potere che sembra rimanergli è quello di ostruzione. Anche grazie al peso che ha nel collegio sindacale. Infatti, grazie al presidente del collegio sindacale di Generali, Carlo Schiavone, espressione di Caltagirone e uno dei commercialisti di fiducia del costruttore, il collegio stesso ha chiesto il rinvio del voto all’operazione da cui nascerebbe un gruppo con 2 mila miliardi di risparmio gestito. La scelta, comunque, è stata approvata dal consiglio di amministrazione del Leone di Trieste, con il voto contrario di tre consiglieri espressione della minoranza.