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Buoni Fruttiferi Postali, ecco i perché della multa Antitrust

Che cosa emerge dal provvedimento dell'Agcm sull'attività di collocamento e gestione dei Buoni Fruttiferi Postali. L'articolo di Emanuela Rossi 

Sanzione di 1,4 milioni a Poste Italiane per l’attività di collocamento e di gestione dei Buoni Fruttiferi Postali.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha chiuso in questi giorni un procedimento – avviato dopo la segnalazione di Adiconsum Sardegna e Codacons Trani – con cui ha deliberato che Poste ha omesso oppure formulato in modo ingannevole informazioni essenziali relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei Buoni.

Da notare che, grazie alle iniziative prese nel frattempo a favore dei consumatori, la multa è stata ridotta del 60%.

I COMPORTAMENTI DI POSTE ITALIANE

Secondo l’Autorità, il gruppo guidato da ha omesso o in altri casi formulato “in modo ingannevole” – come si legge nella nota – informazioni essenziali relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei BFP. La normativa prevede infatti che i diritti dei titolari dei Buoni Fruttiferi Postali si prescrivano dopo dieci anni dalla data di scadenza del buono. A quel punto però né il capitale né gli interessi sono più esigibili: le somme vengono devolute a favore dello Stato per i Buoni emessi fino alla data del 13 aprile 2001 e a favore del Fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie per quelli emessi successivamente. La condotta di Poste è stata dunque ritenuta idonea “ad indurre in errore il consumatore per quanto riguarda l’esercizio dei diritti di credito relativi al Buono sottoscritto”. Piazza Verdi ha inoltre accertato che, riguardo ai titoli cartacei caduti in prescrizione almeno negli ultimi cinque anni, Poste ha omesso di informare preventivamente – e in maniera adeguata – i titolari di Buoni vicini alla scadenza del termine di prescrizione, causando il mancato rimborso dei relativi importi. Per l’Agcm però questa condotta viola “i doveri di diligenza professionale ragionevolmente esigibili da Poste in base ai principi generali di correttezza e di buona fede” ed è idonea ad alterare il comportamento economico del consumatore in relazione all’esercizio dei diritti di credito relativi ai Buoni.

ALCUNE VALUTAZIONI DELL’AUTORITÀ

Leggendo il provvedimento conclusivo dell’istruttoria si notano alcuni dettagli degni di rilievo.

Poste, ad esempio, ha obiettato che l’attività di collocamento dei BFP non soggiace alle regole del Codice del Consumo, richiamandosi alla sentenza della Cassazione 11 febbraio 2019, n. 3963. La disciplina dei BFP, secondo Poste, sarebbe “chiaramente incompatibile con l’applicazione della disciplina di tutela dei consumatori che si estrinseca nel meccanismo della sottoscrizione separata delle clausole vessatorie o nella imposizione di obblighi informativi personalizzati cui riconnettere facoltà e diritti intesi a garantire la libera autodeterminazione, nella specie, dei risparmiatori anche nel corso del rapporto”. Per Piazza Verdi, però, la pronuncia della Cassazione “riguarda uno specifico profilo della disciplina dei BFP (variazione in corso di rapporto del tasso di rendimento dei BFP tramite decreto ministeriale) e non gli obblighi informativi a cui è soggetta Poste in qualità di distributore dei Buoni”.

Peraltro, l’Authority guidata da Roberto Rustichelli ha sottolineato come non possa “trascurarsi che i BPF sono prodotti finanziari nominativi che rappresentano, insieme ai libretti di risparmio, i più tradizionali prodotti del risparmio postale. Si tratta, infatti, di strumenti di investimento a basso rischio, in quanto emessi da Cassa Depositi e Prestiti, garantiti dallo Stato italiano e distribuiti per il tramite di Poste, in grado di assicurare al consumatore-risparmiatore la restituzione del capitale investito, oltre agli interessi maturati (dopo un periodo iniziale di infruttiferità)”. Proprio per il fatto che si tratta di “strumenti di investimento a basso rischio, associabili ad un’idea di semplicità di utilizzo e di sicurezza” e considerando le segnalazioni arrivate sono “di interesse soprattutto per consumatori con un reddito medio-basso e/o con un grado di istruzione finanziaria contenuto, essendo la propensione al rischio influenzata anche da fattori come le caratteristiche socio-demografiche (tra cui, appunto, livello di reddito e livello di istruzione)”.

Inoltre, fra le pieghe del provvedimento, si rileva come la prescrizione del Buono sia di fatto “l’unica causa potenziale di perdita di quanto investito dal consumatore” e in questo caso “le informazioni sui termini di scadenza e di prescrizione e sulle relative conseguenze giuridiche appaiono riportate nei documenti precontrattuali e contrattuali sopra esaminati in modo incompleto, con un linguaggio poco chiaro e ambiguo, e senza dare adeguato risalto al fatto che se il titolo non è rimborsato entro la scadenza del termine di prescrizione non è più rimborsabile, con conseguente perdita anche del capitale investito”.

LA RIDUZIONE DELLA SANZIONE

Nonostante la condotta di Poste vada avanti dal 2018, l’Agcm ha voluto dare un segnale nel decidere l’ammontare della sanzione. Infatti l’Autorità ha rilevato che, durante il procedimento, “Poste ha messo in campo diverse iniziative per migliorare l’informativa fornita ai consumatori sui termini di scadenza e di prescrizione dei Buoni Fruttiferi Postali, tra cui le modifiche della documentazione precontrattuale e contrattuale, l’inserimento nel modulo cartaceo del Buono di una dicitura che ricorda la possibilità di ottenere il rimborso del titolo solo entro il relativo periodo di prescrizione e un sistema di alerting individuale sulle date di scadenza e di prescrizione per i sottoscrittori di Buoni emessi dal 1° gennaio 2009”.

In ragione di questo si è dunque deciso di ridurre del 60% l’ammontare della sanzione che, appunto, è di 1,4 milioni di euro.

LE ASSOCIAZIONI DI CONSUMATORI

Non è tardato ad arrivare il plauso delle associazioni di consumatori. Per l’Unione Nazionale Consumatori “i comportamenti di Poste Italiane sui buoni postali sono da anni a dir poco inqualificabili. Troppo spesso per ottenere giustizia si deve agire in giudizio, cosa che purtroppo non tutti i consumatori fanno, finendo così per rinunciare alle loro giuste pretese”. Per Massimiliano Dona, presidente dell’Unc, “in questo caso perdere capitale e interessi solo per una dimenticanza, grida vendetta al cielo. Ora speriamo che il consumatore sia correttamente informato e vigileremo perché questo accada”. “Soddisfazione per la sanzione” è stata espressa dal segnalante Adiconsum Sardegna che ricorda: “L’istruttoria dell’Antitrust nasce dalla nostra segnalazione a tutela di numerosi risparmiatori sardi che avevano sottoscritto Buoni fruttiferi postali ricevendo carenti informazioni circa i termini di scadenza di tali prodotti, cittadini spesso anziani che hanno perso i loro risparmi a causa della mancata richiesta di rimborso entro i termini di prescrizione”. Adiconsum Sardegna chiede che “Poste Italiane rimborsi in modo automatico tutti i Buoni fruttiferi agli utenti danneggiati dalla mancanza di informazioni, anche per evitare, alla luce del provvedimento dell’Antitrust, una valanga di cause risarcitorie da parte degli aventi diritto”.

Codacons sottolinea “il fatto che Poste abbia adottato delle iniziative per i consumatori come l’alerting individuale sulle date di scadenza e di prescrizione per i sottoscrittori di Buoni emessi dal 1° gennaio 2009. La sanzione dell’Antitrust può aiutare Poste, per il futuro, a venire incontro alle richieste dei risparmiatori senza costringerli a rivolgersi all’Autorità giudiziaria, e contribuisce finalmente a garantire chiarezza e trasparenza sulle condizioni di tali prodotti al pubblico”.

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