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Btp Italia, ecco cosa è successo secondo il Mef

La sedicesima emissione del Btp Italia: numeri e prospettive. L'articolo di Stefano Masa

 

Si legge: Roma, 22 maggio 2020 ore 14:30. Un giorno importante per la salute del nostro Paese attraverso un comunicato stampa di poco più due pagine: viene fotografato il grado di fiducia in ottica futura.

Il ministero dell’Economica e delle Finanze ha pubblicato i dati definitivi relativi alla sedicesima emissione del Btp Italia ideata per il finanziamento a sostegno dell’emergenza Covid-19.

I dettagli presenti nel documento riassumono l’appetibilità del nostro paese nei confronti dei potenziali investitori:

– L’ammontare complessivo emesso è stato pari a 22.297,606 milioni di euro: un record assoluto dalla nascita del Btp Italia;

– Il volume delle sottoscrizioni durante la Prima Fase del collocamento (ovvero quella destinata agli investitori retail) «ha rappresentato sia per contratti che per controvalore il più elevato volume di Btp Italia sottoscritto da questa tipologia di investitori»;

– Sul fronte della domanda si evidenzia come sia stata «sostenuta il primo giorno» ed «andata progressivamente crescendo» nei successi; una differenza rispetto alla «precedenti emissioni in cui il ritmo di sottoscrizione, sia per controvalore che per numero di contratti, ha sempre visto un fisiologico calo nel corso della Prima Fase del collocamento;

– La Seconda Fase, quella dedicata agli investitori istituzionali, ha raccolto un controvalore complessivo superiore all’ammontare offerto: a fronte di un totale richiesto pari a 19.546,876 milioni di euro, sono stati aggiudicati “solo” 8.300,000 milioni.

Dallo stesso comunicato appare interessante l’analisi relativa alle caratteristiche dell’investimento effettuato: circa il 60% è stato di importo inferiore ai 20.000,00 € mentre i contratti fino a 50.000,00 € hanno rappresentato circa l’88% del totale relativo all’intera Prima Fase.

La Seconda Fase – quella istituzionale – ha visto un 59% dell’ammontare emesso collocato presso le banche ed il 23,7% mediante asset manager. «Una quota pari al 6,3 per cento è stata assegnata a banche centrali e istituzioni ufficiali, mentre il 7,2 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da hedge fund. La restante quota del 3,8 per cento è stata allocata ad assicurazioni (il 2,8 per cento) ed istituzioni non finanziarie (l’1 per cento)». Relativamente alla “provenienza degli ordini” si è vista la «presenza predominante di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto il 51,9 per cento, mentre il restante 48,1 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da investitori esteri»

L’insieme di questi elementi ha – di fatto – favorito la precedente considerazione di aver registrato un record assoluto.

Ora, in molti, si chiedono quanto potranno guadagnare da questo tipo di investimento. Sicuramente, da qui alla scadenza dei 5 anni previsti, l’investitore potrà contare sul tasso annuo definitivo pari all’1,40% stabilito a margine della Seconda Fase. Per tutti coloro che, sottoscrivendolo in collocamento lo manterranno fino alla naturale scadenza, si vedranno aggiungere uno 0,80% in più. A questi valori percentuali si dovrà aggiungere l’indicizzazione all’(eventuale) inflazione italiana (Indice FOI senza tabacchi). E su quest’ultimo aspetto è plausibile ipotizzare uno scenario impiegando le recenti “Aspettative di inflazione” estratte dall’ultimo Bollettino Economico di Banca di Italia.

Nel rapporto si apprende come «le aspettative di inflazione hanno toccato minimi storici su tutti gli orizzonti» ed inoltre «A metà aprile le aspettative a due anni desunte dai rendimenti degli inflation swaps erano leggermente negative (-0,1 per cento); quelle a cinque anni sull’orizzonte a cinque anni, dopo aver toccato il minimo storico nella terza decade di marzo, erano risalite collocandosi all’1,0 per cento» con la diretta conclusione di poter dedurre come «In base ai prezzi delle opzioni è significativamente aumentata la probabilità che l’inflazione risulti negativa o inferiore allo 0,5 per cento nella media dei prossimi cinque anni, superando i livelli registrati nel 2015».

Per l’investitore che ha impiegato il proprio capitale in questo strumento domestico, sulla base di queste considerazioni, il ritorno atteso è significativo sia nel breve che nel medio termine. Nonostante il vantaggio sia concreto, tenuto conto dell’andamento dei prezzi di analoghi strumenti finanziari, è potenzialmente auspicabile un incremento dei corsi già in ottica di brevissimo periodo ovvero nell’immediato post-collocamento.

Tra i vari commenti a corollario di questa importante emissione è trapelato l’intento nel voler creare un nuovo titolo di Stato come già riportato nel precedente intervento. Davide Iacovoni, direttore Debito pubblico del Mef, in una sua intervista al quotidiano la Repubblica ha dichiarato: «Di sicuro non sarà indicizzato all’inflazione italiana e avrà caratteristiche innovative, che non andranno a cannibalizzare gli strumenti già esistenti. C’è un dibattito su una possibile agevolazione fiscale aggiuntiva ma al momento il lavoro è ancora focalizzato sulle caratteristiche finanziarie».

In attesa di questa nuova opportunità, sia il risparmiatore italiano che lo stesso Stato, possono al momento ritenersi soddisfatti. Ora, spetta ai mercati finanziari, decretare il definitivo giudizio.

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