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Bonus edilizi, il meccanismo si è inceppato?

Bonus edilizi, ecco che cosa sta succedendo davvero. Fatti e numeri nell'approfondimento di Giuseppe Liturri

Gli italiani continuano a ristrutturare casa, le imprese continuano ad eseguire i lavori, entrambi confidano nella liquidità derivante dai vari bonus edilizi, ma soldi veri non se ne vedono in giro. Il meccanismo sembra essersi inceppato, o meglio, sembra tutto imbottigliato in coda ai caselli autostradali, come in un giorno di bollino nero agostano.

È l’amara conclusione a cui si giunge dopo aver ascoltato la risposta del sottosegretario Maria Cecilia Guerra resa ieri in Commissione Finanze al Senato ad un’interrogazione proposta dal senatore Emiliano Fenu (M5S) come primo firmatario.

si chiede di sapere quale sia l’esatto ammontare, dai dati dell’Agenzia delle entrate, distinti per annualità e tipologia di bonus, dei crediti di imposta da bonus edilizi ceduti dai contribuenti e non ancora accettati dai cessionari dopo 30 giorni, quale risultante della piattaforma web di cessione dei crediti (detto “cassetto fiscale”)”, era la domanda posta dal senatore grillino.

La risposta è stata secca. Dopo aver premesso che una quota parte (ed a lei non nota) di quei creduti ceduti in attesa di accettazione, potrebbe essere basato su comunicazioni errate che i cessionari sono quindi tenuti a rifiutare, la Guerra ha mostrato una tabella da cui emerge un totale complessivo di crediti pari a 5,4 miliardi (di cui 3,7 da superbonus 110% e 1,5 altri bonus edilizi).

Se consideriamo che, da agosto 2021 ad aprile 2022, sono maturate detrazioni per lavori conclusi per il solo superbonus 110% per 21,1 miliardi, ci rendiamo conto dell’enormità di tale cifra fornita dal ministero dell’Economia. Cifra che assume ancora più rilevanza, considerando che non tutti i lavori conclusi danno origine a cessioni o sconto in fattura, poiché alcuni contribuenti decidono di compensare autonomamente nelle proprie dichiarazioni dei redditi i crediti d’imposta maturati.

È anche opportuno aggiungere che la legge non impone ai cessionari un termine massimo per l’accettazione. Quindi si naviga a vista, senza riferimenti.

Si sta puntualmente verificando quanto era nelle intenzioni del Mef, sin dalla prima delle numerose modifiche apportate al meccanismo delle cessioni, a partire dall’autunno 2021.

Ricordiamo che lo Stato subisce l’uscita di cassa quando avviene la compensazione del credito. Quindi lo Stato ha interesse a rallentare la circolazione del credito, in modo che non trovi possibilità di compensazione. Minori sono le cessioni e più lunghi i tempi di lavorazione da parte dei cessionari, e minori sono i flussi in compensazione. E maggiori sono i crediti dei contribuenti che hanno ristrutturato o delle imprese che hanno accettato lo sconto in fattura. Una discreta bolla finanziaria che mette in tensione la liquidità di chi aveva fatto affidamento su flussi di cassa in tempi più ravvicinati.

I cessionari sono giustamente prudenti per la complessità normativa creata ad arte e perché devono essere certi di poter compensare il credito, che fino a ieri potevano invece cedere senza limiti, liquidando subito la posizione. Nessuno vuole restare col cerino del credito in mano ed è così sprovveduto da acquistare crediti che non può compensare.

Il rubinetto è formalmente ancora in funzione, ma passa solo un goccio d’acqua. Ed al Mef festeggiano, vedendosi ridurre il fabbisogno di cassa.

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