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Serie A

Bonomi di Confindustria? Parla come un politico, secondo Pirani (Uiltec)

"Quella di Bonomi sembra costruita come la comunicazione di un politico, puntando sulla polemica a effetto per fare colpo sugli elettori e raccogliere consensi. Ma il presidente di Confindustria ha un compito differente: rinnovare i contratti". L'intervista di Nunzia Penelope del "Diario del lavoro" a Paolo Pirani, segretario Uiltec

Quello tra Confindustria e i sindacati e’ stato “un incontro che definirei utile, un primo approccio”. Lo ha detto il 7 settembre il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al termine dell’incontro con i sindacati a Viale dell’Astronomia. Secondo il numero uno degli industriali, i contratti di lavoro devono essere visti “quale strumento per ridisegnare l’industria e l’impresa del futuro”. “Abbiamo toccato il tema della riduzione dell’Irpef, credo che serva una revisione dell’impianto fiscale, ma manca una riforma organica. Ad oggi non ci é chiara l’intenzione del governo. Questo Paese non può pensare che sia la tassazione del mondo del lavoro a mantenere tutto il resto. Quindi dobbiamo avere il coraggio di pensare anche alla tassazione di altri comparti”, ha sottolineato Bonomi, dopo l’incontro con Cgil, Cisl e Uil. “Alcune interviste del ministro hanno detto che si vorrebbe finanziare questa manovra con il taglio delle tax expenditures ma non ci è dato di capire come e in che settori. Quindi noi auspicavamo una riforma fiscale più complessiva, più ampia”. (Redazione Start Magazine)

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ESTRATTO DELL’INTERVISTA DI NUNZIA PENELOPE DEL DIARIO DEL LAVORO A PAOLO PIRANI, SEGRETARIO UILTEC (qui l’intervista integrale)

Pirani, che giudizio dà dell’incontro tra Confindustria e i sindacati?

Per dirla con una battuta, siamo al ”contrordine compagni”. Dopo i tuoni e fulmini dell’estate, il presidente Carlo Bonomi non ha annunciato nulla di rivoluzionario. Noto una netta discrasia, diciamo, tra la comunicazione del presidente di Confindustria e la realtà con cui si è dovuto confrontare.

Pensa che sia solo un errore di comunicazione?

Quella di Bonomi sembra costruita come la comunicazione di un politico, puntando sulla polemica a effetto per fare colpo sugli elettori e raccogliere consensi. Ma il presidente di Confindustria non deve essere votato, a parte che già è stato eletto: ha un compito differente.

E cioè quale?

Innanzi tutto, deve favorire la contrattazione, i rinnovi dei contratti.

Ecco, i contratti, appunto. Bonomi aveva annunciato una rivoluzione, ma dall’incontro di lunedì non sembra ce ne siano in vista.

Probabilmente si sono resi conto di aver fatto uno scivolone per quanto riguarda il settore alimentare. L’idea di Confindustria di bloccare il rinnovo, impuntandosi su una differenza, mi pare, di 12 euro, non ha alcun senso. Infatti, altre importanti aziende stanno firmando con i sindacati, e l’unico risultato sarà quello di allontanare ulteriormente i grandi gruppi da Confindustria.

Cosa intende dire?

Che il tentativo di centralizzare la contrattazione non funziona, non può funzionare. Una volta in Confindustria c’era la Fiat, e il volere di Fiat coincideva con quello di Confindustria, gli altri più o meno si adeguavano, ma oggi questo non funziona più. I grandi gruppi non si fanno dettare la linea da Viale dell’Astronomia.

Ma i piccoli hanno problemi differenti, e sono la maggioranza delle imprese associate alla Confindustria. La divisione è sempre tra chi vuole il contratto nazionale, e chi quello aziendale.

E infatti l’equilibrio tra le due diverse istanze fu trovato col Patto della fabbrica, che consente a ciascuno di regolarsi in base alle proprie esigenze.

Patto che oggi Bonomi sembra voler rimettere in discussione, riportando maggior peso sulla contrattazione aziendale.

Nella Confindustria c’è soprattutto un grave ritardo culturale, a mio avviso. La contrattazione aziendale oggi si fa dove c’è innovazione: ogni volta che in una impresa, a prescindere se grande o piccola, entra un macchinario nuovo, un processo nuovo, una digitalizzazione, occorre rivedere le modalità di lavoro. E quindi tutto, necessariamente, va ricontrattato. Pensi al tema della salute, della sicurezza: la spinta era legata al Covid, alla paura, ma il risultato è che la scorsa primavera abbiamo contrattato ovunque, in tutte le aziende. Si sono creati comitati paritetici, ci si è confrontati sui turni, l’organizzazione del lavoro, lo smart working, questo si una rivoluzione che va affrontata seriamente.

Quindi, più cultura dell’innovazione, più contrattazione?

Esatto. Ma invece di affrontare queste tematiche, Confindustria propone modelli centralistici, e ri-propone la questione del salario di produttività. E’ una prova di grande ritardo culturale. Diciamo che è molto poco smart.

Anche il sindacato però non sembra avere uno sguardo particolarmente rivolto al futuro. Chiede le stesse cose di sempre.

Vero, in parte. Ma appunto, credo che questo sia il momento perfetto per fare tutti un salto in avanti. Lanciarci reciprocamente, sindacato e imprese, una sfida sui processi innovativi. Invece di “rivoluzionare” i contratti proponendo vecchi schemi, come pretende Bonomi, si potrebbe aprire un confronto sulla rivoluzione che sta avvenendo tutto attorno a noi. Prenda lo smart working: forse indietro non si tornerà, ma nemmeno si potrà andare avanti cosi a casaccio: è una cosa enorme, che va regolata, valutata, organizzata. Abbiamo oggi, anche grazie al Recovery Fund, l’occasione per rinnovare tutto il sistema produttivo, attraverso la transizione energetica, la digitalizzazione del paese. E collegandoci a tutto questo, potremmo sviluppare una contrattazione legata all’innovazione e agli investimenti, anche per quanto riguarda i salari. Ecco, di fronte a questi cambiamenti epocali, un atteggiamento come quello di Bonomi appare incongruo.

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