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Cosa si dice e si pensa ai vertici della Bce

Tesi e scenari del capo economista della Bce, l’irlandese Philip Lane. L'analisi di Giuseppe Liturri.

In un 2023 dominato dall’incertezza sul futuro dell’economia, una cosa appare relativamente certa: saranno le banche centrali a determinare, sia per ciò che faranno che per ciò che faranno, la direzione e la velocità di marcia.

Tutti gli occhi sono puntati sulle decisioni della Fed e della Bce, che già nel 2022 hanno fatto salire i tassi di interesse – sia pure in misura diversa – con una rapidità che ha pochi precedenti storici.

Sull’argomento, non ha finora certo brillato per chiarezza la Presidente della Bce Christine Lagarde che, ricordiamolo, non è un’economista, ed allora dobbiamo affidarci alle parole del capo economista della Bce, l’irlandese Philip Lane che sa di cosa parla ed è il principale ispiratore delle mosse del Consiglio Direttivo dell’Eurotower.

COSA HA DETTO LANE (BCE) AL FINANCIAL TIMES

Martedì 17 gennaio, Lane ha rilasciato al Financial Times una lunga ed interessante intervista – molto ben argomentata ma ignorata dai giornali italiani tutti presi a rilanciare i vuoti proclami della Lagarde da Davos – con la quale ha fornito un’interessante ed autorevole lettura degli eventi sin qui accaduti e, soprattutto, delle prospettive sulle azioni future della Bce e delle relative conseguenze all’economia dell’eurozona nei prossimi mesi.

Prima di riportare i passaggi più significativi, l’impressione generale che se ne trae è quella di una generalizzata prudenza e minore assertività rispetto alle ultime uscite verbali piuttosto “muscolari” della Lagarde. La differenza che passa tra chi padroneggia la materia e chi deve svolgere il ruolo politico di abbaiare alla luna, giusto o sbagliato che sia.

Lane comincia con lo smontare lo stucchevole dibattito tra inflazione da domanda ed inflazione da offerta, al quale sostituisce un più raffinato ragionamento che non si ferma ad osservare squilibri globali, ma scende nel dettaglio ad osservare i singoli squilibri a livello di settore. È innegabile che ci sia stato uno shock da offerta nel settore energetico, ma è anche vero che nel settore dei beni c’è stato uno shock domanda post Covid che ha generato evidenti colli di bottiglia nelle catene di fornitura internazionali. A tale shock ha fatto seguito uno shock di domanda nel settore dei servizi, in coincidenza con le riaperture.

Poi prosegue respingendo l’accusa che l’attuale inflazione sia stata causata dalla politica monetaria eccessivamente espansiva degli ultimi anni, pur sottolineando che, se la Bce non l’avesse rapidamente abbandonata a partire da giugno 2022, quel livello di tassi e di liquidità avrebbe ulteriormente alimentato l’inflazione partita da squilibri dell’economia reale.

L’INFLAZIONE E I RISCHI PER L’AUMENTO DEI TASSI

Davanti al rischio che la Bce faccia troppo poco per frenare l’inflazione o faccia troppo, aumentando i tassi oltre il necessario, Lane è stato molto chiaro. Questo non è un rischio dei prossimi mesi, ma dei prossimi anni. L’attuale livello dei tassi non è ancora quello in cui si pone un rischio in modo simmetrico tra fare troppo o fare poco. Oggi la Bce rischia ancora molto di più a non aumentare i tassi che ad aumentarli.

In ogni caso – ed è qui che emerge la prudenza di Lane – la Bce valuta la situazione ogni sei settimane ed è sempre possibile una appropriata rivalutazione dei rischi legati all’aumento dei tassi. Ciò che conta non è tanto sbagliare, ma farlo per un periodo troppo prolungato. Quindi la flessibilità e l’aggiustamento tempestivo guidano le decisioni della Bce.

Riguardo alle differenze tra l’economia Usa e quella dell’eurozona, Lane evidenzia che – è pur vero che l’inflazione nell’eurozona è prevalentemente causata da uno shock dei prezzi energetici – ma ciò che la Bce deve contrastare è il cosiddetto “effetto di secondo impatto”, che porta pressioni inflazionistiche anche su salari e prezzi di tutti gli altri settori dell’economia. Ma le differenze con gli Usa esistono e rendono necessario un aumento dei tassi in Eurozona di scala decisamente inferiore a quello in atto oltreoceano. E questo è un segnale molto importante per capire che il livello dei tassi in Europa si fermerà comunque ad un livello inferiore a quello degli Usa. Inoltre i rischi di citati da Lane, soprattutto in Italia, appaiono limitati, poiché il mercato del lavoro non appare così teso, al punto da consentire il successo delle rivendicazioni salariali temute da Lane.

Di fronte alla domanda su quale possa essere un livello dei tassi di equilibrio o neutrale, Lane sostiene che abbiamo definitivamente abbandonato la situazione di bassa inflazione del decennio scorso ed i tassi nominali terranno conto di questo nuovo scenario. Siamo di fronte a cambiamenti strutturali nelle forze che in passato contribuivano a tenere bassa l’inflazione: la globalizzazione, il rientro dall’eccesso di debito privato e pubblico e il rigore di bilancio pubblico non sono più, almeno in parte, all’opera. Anzi, da ora in poi, risparmiatori ed investitori terranno conto di un premio per l’inflazione, nelle loro valutazioni di investimento e risparmio. L’esito finale di questa ricomposizione delle forze è soggetto ad elevata incertezza, ma conteranno sempre più determinanti legate alle singole economie che alla globalizzazione. Pur avendo alle spalle gli anni di bassa inflazione pre lockdown, l’attuale livello dei tassi non è ancora quello necessario a riportare l’inflazione al 2%, ma anche i bilanci pubblici sono ancora in fase espansiva e devono tornare alla normalità, abbandonando gli stimoli fiscali degli ultimi anni per il Covid ed ora per la crisi energetica.

Il punto d’arresto della normalizzazione non è definibile per via delle incertezze, prosegue Lane. Basti pensare al repentino calo del prezzo dell’energia negli ultimi 40 giorni. Al momento, la scelta di aumentare ancora i tassi è sana e ragionevole, ma l’ultimo miglio – portare l’inflazione al 2%, partendo da una previsione di dicembre 2023 del 3,6% – è il più difficile. Soprattutto perché – e qui Lane semina un dubbio enorme con grande onestà intellettuale – i meccanismi con cui i rialzi dei tassi agiscono effettivamente sull’inflazione sono anch’essi soggetti a notevole incertezza. E quindi la mossa più corretta è anche attendere ed osservare gli effetti dei rialzi dei tassi già eseguiti su famiglie ed imprese, prima di muoversi ancora.

UNA NUOVA CRISI DELLO SPREAD?

Circa il rischio che si ripeta una crisi dello spread come quella del 2011-2012, Lane evidenzia che le ampie divergenze che all’epoca caratterizzavano le economie dei Paesi dell’eurozona, oggi sono quasi del tutto scomparse. In aggiunta, c’è lo strumento degli acquisti (TPI) che è già pronto all’uso “ex ante”. Quindi i rischi di instabilità finanziaria sono ridotti e Lane si dichiara cautamente ottimista sulla capacità della Bce di gestire la transizione da “tassi bassi a lungo” verso una nuova normalità. L’eventuale recessione sarà blanda e di breve durata.

Sulla politica di bilancio degli Stati membri – tema sensibile per l’Italia – Lane torna a parlare di sostenibilità del debito e della necessità di tornare ad una normalità evitando gli stimoli fiscali eccessivi e l’austerità che rallenta l’economia. Lane non si fa mancare la solita tirata contro i Paesi con debito eccessivo, per i quali ci deve essere un quadro di regole in grado di guidare i governi nella riduzione continua e costante del rapporto debito/PIL, in modo da poter avere spazio disponibile in occasione di shock esterni.

Sull’euro digitale, Lane si esprime a favore del progetto, in particolare quello dell’euro digitale fornito dagli Stati, anche se non è intenzione di farlo diventare lo strumento dominante per eseguire i pagamenti.

Fin qui Lane e la sua visione dello stato e delle prospettive dell’economia. Si potrà ovviamente dissentire o concordare rispetto a specifiche analisi e valutazioni. Come detto in apertura, noi cogliamo un tratto di maggiore prudenza rispetto agli slogan della Lagarde ed al “furore verbale” con cui si è espressa nelle ultime uscite.

Lane sa che decidere di accelerare fidandosi delle buone condizioni della strada visibili dallo specchietto retrovisore è un’operazione che può presentare dei rischi. Non è saggio presentarsi in curva o davanti o un muro a velocità elevata.

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