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Panetta

Bcc, ecco cosa ha detto Panetta (Banca d’Italia)

Il discorso del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, al seminario organizzato dalla Banca d’Italia e dalla Università Cattolica del Sacro Cuore con la collaborazione di Federcasse dal titolo “Cooperative Financial Institutions in the XXI Century for Global Economic and Social Development”. L'intervento di Marco Bindelli, vice presidente del Banco Marchigiano e consigliere delegato ai rapporti con il credito cooperativo e la capogruppo (Gruppo Cassa Centrale)

Ieri, 9 ottobre 2025, il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, è intervenuto al Seminario internazionale, organizzato dalla Banca d’Italia e dalla Università Cattolica del Sacro Cuore con la collaborazione di Federcasse, dal titolo “Cooperative Financial Institutions in the XXI Century for Global Economic and Social Development”.

Leggendo alcuni quotidiani online, nello specifico Ansa e Il Sole 24 Ore, è sembrata emergere una critica del Governatore della Banca d’Italia nei confronti delle banche cooperative europee, in particolare, delle Banche di credito cooperativo italiane (Bcc). Critiche che, però, non appaiono così evidenti dopo un’attenta ed integrale lettura della Relazione di Panetta (riportata in lingua inglese sul sito web della Banca d’Italia) e dalla quale, anzi, sembrerebbero emergere apprezzamenti proprio a favore delle stesse Bcc, come prontamente sottolineato sia da Federcasse sia da La Stampa.

Previa traduzione in lingua italiana, così esordisce Fabio Panetta aprendo a Roma il Seminario sul ruolo delle istituzioni finanziarie cooperative nel ventunesimo secolo:

“Questo anno giubilare è dedicato alla speranza, una virtù che guarda al futuro, ma non può prosperare senza solidarietà, giustizia e un forte senso di responsabilità verso le generazioni future. Questi non sono ideali astratti, ma i fondamenti stessi di società resilienti ed economie stabili. Consentitemi di affrontare due temi economici strettamente legati a questi principi. Il primo è la finanza cooperativa, un modello che, attraverso la prossimità e la fiducia reciproca, promuove da tempo l’inclusione e una crescita equilibrata. Il secondo è l’onere del debito dei Paesi a basso reddito, una sfida che ci ricorda che la solidarietà deve andare oltre i confini nazionali se vogliamo creare le condizioni per la stabilità e la prosperità globali.”

Parlando poi espressamente delle banche cooperative europee in un mondo in cambiamento dice, con tanto di fonti ed evidenze empiriche riportate in nota, che:

“La finanza cooperativa è da tempo radicata nelle comunità. La sua governance democratica, la sua attenzione ai bisogni dei soci e la sua tradizione di responsabilità la rendono un modello distintivo di intermediazione. Molto prima che i principi di responsabilità ambientale, sociale e di governance (ESG) diventassero di uso comune, le cooperative li stavano già mettendo in pratica.

Nel corso del tempo, queste istituzioni hanno ampliato l’accesso al credito per famiglie e piccole imprese, sostenendo milioni di persone che altrimenti ne sarebbero state escluse. La loro importanza è evidente sia nelle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo: promuovono l’inclusione, la resilienza e la crescita sostenibile.

Solo in Europa, le banche cooperative impiegano oltre 700.000 persone e servono più di 90 milioni di soci. Sono ben rappresentate anche al di fuori dell’Europa, con circa 100 milioni di soci. Le cooperative di credito sono presenti in oltre 100 paesi, con oltre 400 milioni di soci. Nelle regioni colpite da povertà, conflitti o stress climatico, spesso rimangono gli unici fornitori di credito affidabili.

La ricerca dimostra che i loro prestiti basati sulla relazione contribuiscono a regolarizzare i cicli del credito, a sostenere i clienti durante le fasi di recessione e a promuovere una crescita più equilibrata e sostenibile. Lungi dall’essere meno efficienti delle banche commerciali, molte cooperative le eguagliano in termini di redditività e qualità del credito, riducendo al contempo le disuguaglianze.”.

Oltre ad aver riconosciuto sia la validità del credito e della finanza cooperativa che il valore e l’efficacia della finanza cooperativa anche nella riduzione delle diseguaglianze, il Governatore ha ricordato che, prima ancora che diventassero di uso comune e prima delle banche commerciali,  la finanza cooperativa (Bcc incluse) metteva in pratica i principi di responsabilità ambientale, sociale e di governance, ossia attuava da tempo i principi ESG. Numeri alla mano ha poi dimostrato come i loro prestiti, basati sulla relazione, contribuiscano a regolarizzare i cicli del credito, a sostenere i clienti durante le fasi di recessione e a promuovere una crescita più equilibrata e sostenibile, per poi concludere che, nonostante tutto, spesso ottengono la medesima efficienza ed efficacia operativa delle banche commerciali, realizzando cioè la medesima redditività e qualità del credito delle banche commerciali. Panetta, infine, dichiara espressamente che l’importanza della finanza cooperativa è evidente sia nelle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo in quanto promuovono l’inclusione, la resilienza e la crescita sostenibile.

Ad onor del vero e a dirla tutta, nel caso delle Bcc occorre evidenziare che i due Gruppi bancari cooperativi (Gbc) formatisi a seguito della riforma del credito cooperativo del 2016 si attestano, oramai da alcuni anni, tra i gruppi più solidi del nostro sistema bancario ed uno di questi è addirittura classificato fra i più solidi in ambito europeo.

In ogni modo, proseguendo l’analisi dell’intervento di Panetta che qui ci interessa, nel consueto stile Bankitalia, dopo aver elogiato il modello finanziario cooperativo europeo, vengono evidenziati, correttamente a parere di chi scrive, alcuni elementi di debolezza che riguardano marginalmente le Bcc italiane (eccezion fatta per le Raiffeisenkasse bolzanine), quanto meno quelle che hanno aderito ad uno dei Gruppi bancari cooperativi (Gbc). Osserva, infatti, il Governatore della Banca d’Italia che:

“Il modello cooperativo non è privo di debolezze. Le sue dimensioni ridotte ostacolano le economie di scala, la sua concentrazione nei mercati locali riduce la diversificazione e i suoi forti legami con la comunità possono rendere meno efficace la gestione del rischio. Nelle economie avanzate, la quota in calo delle piccole e medie imprese nella produzione totale sta riducendo la domanda di prestiti tradizionali basati sulla relazione. La crescente quota di attività immateriali nei bilanci delle aziende, come software, dati e proprietà intellettuale, complica lo screening e la gestione del rischio di credito per i piccoli istituti di credito.

In questo contesto, le banche cooperative non possono più fare affidamento esclusivamente sui loro vantaggi storici rispetto alle banche commerciali. L’espansione dei portafogli prestiti, una strategia che un tempo ha sostenuto la crescita degli intermediari cooperativi, è diventata più difficile e comporta rischi maggiori. Le cooperative dovranno adattare le proprie strategie, facendo leva sull’innovazione e sulle partnership, pur rimanendo fedeli alla loro missione fondante di servire le comunità.”.

È evidente che il Governatore Panetta, nell’affermare una sostanziale contrarietà tra i forti legami delle cooperative finanziarie con la comunità e l’efficacia nella gestione del rischio, faccia riferimento alle cooperative europee più che a quelle del nostro paese.

Infatti, va ricordato che – anche per far fronte alle ridotte dimensioni, per ricercare le economie di scala, diminuire la concentrazione nei mercati locali e promuovere innovazione e partnership mantenendo fede alle proprie caratteristiche mutualistiche – le Bcc italiane hanno aderito ai due Gbc costituitisi a seguito della riforma del 2016, la quale ha previsto la necessità di costituire una capogruppo che, oltre ad esercitare attività di direzione e coordinamento e di vigilanza prudenziale sulle Bcc, deve assolvere le funzioni sopra richiamate mantenendo la propria vocazione mutualistica (non a caso si parla di gruppi bancari cooperativi).

Quindi la critica individuata da alcuni quotidiani non può essere indirizzata alle Bcc italiane ma, semmai, a quelle banche cooperative europee che non si sono riformate e/o adattate ai nuovi contesti di mercato, ovvero può essere rivolta alle due capogruppo dei Gbc qualora fosse dimostrato che stiano assolvendo unicamente la funzione di vigilanza prudenziale sulle Bcc. Su questo ultimo particolare aspetto, sebbene ci sia ancora molta strada da percorrere, specie sull’innovazione tecnologica e sulla capacità di mantenere e valorizzare sempre più l’identità cooperativa, non si può certo dire che le Bcc appartenenti ai due Gbc non abbiano usufruito dei vantaggi tipici dell’appartenenza ad un gruppo, come ad esempio partnership, economie di scala, riduzione della concentrazione, ecc. Un esempio per tutti, la possibilità per qualunque Bcc, anche la più piccola e marginale, di poter finanziare operazioni che sino a qualche anno fa erano ad esse precluse a causa della loro dimensione, ossia il finanziamento di grandi aziende e/o grandi opere del proprio territorio.

In definitiva, appare corretto concludere che dalla relazione del Governatore della Banca d’Italia non emergono particolari critiche alle Bcc italiane, anzi viene riconosciuto che le Bcc promuovono da tempo l’inclusione e una crescita equilibrata attraverso la prossimità e la fiducia reciproca e che se invece si volesse approfondire il positivo intervento di Panetta verso le nostre banche cooperative, l’unico rilievo che potrebbe essere mosso a quest’ultimo è quello di non aver considerato che la “debolezza” delle Bcc italiane da esso richiamata deriva in gran parte dalla regolamentazione bancaria europea, la quale considera le banche di credito cooperativo (che, come noto, non sono di grandi dimensioni) alla stregua di banche significant. Ma questo non è un tema che sembra interessare la Banca d’Italia, la quale dovrebbe al riguardo chiamare in causa e coinvolgere la politica.

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