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Bcc, che cosa manca alle norme della manovra su titoli di Stato e spread

L’attuale maggioranza di governo ha voluto ristabilire per le Bcc le medesime facoltà contabili previste per le banche non quotate degli altri Paesi europei, lasciando all’Autorità di vigilanza la responsabilità in merito alla concreta attuazione delle modifiche approvate. L'intervento del commercialista Marco Bindelli

 

La legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145, commi 1067-1072), contiene una serie di norme di interesse bancario che trattano sia aspetti fiscali che civilistici.

In particolare, è divenuta legge dello Stato la facoltà di applicare i principi contabili nazionali, anche per i bilanci chiusi al 31 dicembre 2018, per le banche i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, Bcc incluse.

Come evidenziato su Start e da Franco Roscini Vitali sul supplemento (Norme & Tributi – Focus) de Il Sole 24 Ore del 16 gennaio 2019, la concreta possibilità di tornare alle regole nazionali è essenzialmente legata alla volontà dell’Organo di vigilanza di non fissare criteri di determinazione del patrimonio di vigilanza tali da scoraggiarne l’applicazione.

E’ evidente, altresì, che il Mef, sempre in accordo con la Banca d’Italia, dovrebbe emanare una serie di norme di coordinamento, anche di carattere fiscale, al fine di poter consentire la concreta attuazione della facoltà concessa alle banche non quotate, le quali verrebbero ad avere le medesime possibilità previste negli altri principali paesi europei.

LA NORMA ANTISPREAD PER LE BCC

Tutti hanno interpretato la facoltà concessa come una norma in grado di sterilizzare gli effetti dello spread per effetto della diversa valutazione dei titoli di Stato detenuti dalle banche non quotate rispetto a quella derivante dall’applicazione degli IAS/IFRS. Come già evidenziato su Start, prima ancora che gli emendamenti fossero tramutati in legge, se tale deve essere la unica finalità, non è detto che tornare ai principi contabili nazionali (sempre ammesso che Banca d’Italia agevoli il passaggio) costituisca l’unico rimedio, giacché, pur restando nell’ambito dei principi contabili internazionali, vi possono essere diverse modalità per sterilizzare gli effetti prodotti dallo spread sui titoli di Stato.

L’ADOZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI E LA VALUTAZIONE DEI CREDITI

Sarebbe, invece, interessante approfondire l’effetto (anche fiscale) della valutazione in base ai principi contabili nazionali dei nuovi crediti concessi dalle banche non quotate rispetto a quella imposta dal nuovo IFRS9 il quale, oltre a disincentivare l’erogazione di nuovo credito a causa dell’obbligo di accantonare preventivamente le perdite stimate in occasione della concessione del credito stesso, ha ricevuto una una disciplina fiscale di particolare sfavorevole proprio dalla legge di Bilancio di cui si discute (deducibilità in 10 anni delle predette perdite accantonate all’atto della concessione del credito).

UNA MANOVRA CHE FAVORISCE LE PICCOLE BANCHE, IN PARTICOLARE, LE BCC

L’analisi sistematica delle norme bancarie contenute nella legge di Bilancio, pur evidenziando la necessità di ulteriori disposizioni di coordinamento e della condivisione con l’Autorità di vigilanza, denota indubbiamente una volontà legislativa di favorire banche di piccola e media dimensione non quotate, come le Bcc, a discapito di quelle grandi i cui titoli sono quotati in mercati regolamentati.

Per altri versi parrebbe potersi concludere che l’attuale maggioranza di governo abbia voluto ristabilire le medesime facoltà contabili previste per le banche non quotate degli altri Paesi europei, lasciando all’Autorità di vigilanza la responsabilità in merito alla concreta attuazione delle modifiche approvate.

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