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Bcc, ecco come le banche d’affari ingoieranno le banche di credito cooperativo

Che fine faranno le Bcc? L'analisi di Valerio Malvezzi, professore all'Università di Pavia, su presente e futuro delle Banche di credito cooperativo

La cosiddetta «riforma» delle Bcc non è affatto tale ma una rivoluzione. Il motivo essenziale è che si snatura la logica di riferimento, più che centenaria, di questo tipo di banche, a ben diritto annoverabile nel cosiddetto sistema delle «banche locali».

ECCO GLI EFFETTI PER LE BCC DELLA RIFORMA DEL CREDITO COOPERATIVO

È stato proprio questo il fine degli autori di queste riforme; uccidere il localismo. In un mondo finalizzato alla globalizzazione, termine che evoca sentimenti di bontà e presunto progresso, il localismo è il nemico. Lo è per la tutela di quel mondo «piccolo» che è, vivendo in simbiosi economica con il territorio, il naturale avversario della globalizzazione.

ORIGINE E OBIETTIVI DELLE BCC

La banca di credito cooperativo infatti ha questa visione, quella della contiguità territoriale e della specificità territoriale. La sua stessa essenza, rectius la sua natura, è la territorialità. Questa visione ha una conseguenza fondamentale; la limitazione del rischio.

PREGI E LIMITI DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO

Se i rischi che la banca deve compiere, per suo stesso statuto, sono legati al territorio, è di tutta evidenza che questo tipo di banca avrà ridottissimi rischi legati a derivati, titoli di livello due e livello tre che abbondano – per dire – in certi tipi di banche sistemiche, prevalentemente tedesche e francesi.

LA CARATTERISTICA DELLE BCC

Un importante aspetto della banca di credito cooperativo, per stessa costruzione del suo Statuto, è il rispetto dell’articolo 47 della Costituzione italiana, che dovrebbe – ma non è – essere sempre la fonte normativa massima di riferimento del legislatore italiano.

LE BCC E IL DETTATO COSTITUZIONALE

Inoltre, essa risponde pienamente al principio dell’articolo 45 della Costituzione Italiana, laddove si parla di cooperazione con finalità mutualistiche. In aggiunta ai richiamati articoli, desta in me perplessità sia il rispetto dell’articolo 18, sia del 118 (sussidiarietà), nonché, soprattutto, l’esclusione del principio di recesso del socio a seguito del cosiddetto processo di adesione. Al di là delle questioni giuridiche, ciò che desta in me preoccupazione è la questione economica di tenuta del sistema delle piccole e micro imprese italiane.

IL RUOLO DELLA VIGILANZA

Io prevedo che, entro fine anno, leggeremo dai vari organi di vigilanza bancaria che – in previsione degli Aqr che partiranno l’anno prossimo per la verifica degli impieghi – gli attivi sono a rischio. A quel punto, leggeremo il solito mantra della sottocapitalizzazione bancaria, accompagnata dalla raccomandazione di massicce e poderose iniezioni di capitale da reperirsi «sui mercati».

CHE COSA FARANNO LE BANCHE D’AFFARI

Ecco che, il prossimo anno, arriveranno puntuali le grandi banche d’affari a risolvere questo problema, mediante acquisti di pacchetti a trazione estera, comprando così a prezzi di saldo un altro pezzo del sistema italiano, in direzione dell’Oligopolio bancario.

ECCO LO SCENARIO PROSSIMO VENTURO PER LE BCC

È un copione già scritto di un film che vedremo ancora, come l’abbiamo già visto. Ora, mi pongo una sola domanda. Dato che – è storia – sono state prioritariamente le banche locali a difendere le piccole e micro imprese negli anni del credit crunch successivo alla cosiddetta «crisi» del 2008, cosa succederà alle suddette imprese italiane quando si verificherà la prossima crisi – perché è solo incerto il quando – e non avremo più un sistema di banche locali?

 

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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