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Autonomia Differenziata

Ecco perché Bankitalia non elogia l’autonomia differenziata

Che cosa si legge nella memoria della Banca d'Italia sul disegno di legge "Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario".

 

Sull’autonomia differenziata voluta in particolare dalla Lega, adelante con juicio.

È in sintesi il messaggio arrivato ieri dalla Banca d’Italia.

La Banca centrale infatti ha invitato a procedere «con la necessaria gradualità» sulla strada dell’autonomia differenziata, «diversamente, vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti». È quanto si legge nella memoria depositata presso la commissione Affari costituzionali del Senato dove si riconosce come il disegno di legge sul tema «contribuisce a dare una cornice più ordinata e coerente al processo». Via Nazionale chiede «di valutare attentamente tutte le implicazioni dell’attuazione dell’autonomia differenziata».

Ecco che cosa emerge dalla memoria consegnata dalla Banca d’Italia al Parlamento.

LE CRITICITÀ DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, SECONDO BANKITALIA

I tecnici dell’istituto centrale avvertono: vanno «valutate attentamente tutte le implicazioni dell’attuazione dell’autonomia differenziata, procedendo quindi con la necessaria gradualità. Diversamente, vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti». Va poi sottolineato che «un assetto istituzionale estremamente differenziato potrebbe risultare poco trasparente per i cittadini, accrescendo i costi di coordinamento e indebolendo l’accountability dei diversi livelli di governo».

Via Nazionale riconosce che nel complesso la proposta «contribuisce a dare una cornice più ordinata e coerente al processo di autonomia differenziata» che in caso contrario «rimarrebbe affidato alla contrattazione bilaterale tra lo Stato e ciascuna Regione richiedente, senza alcuna garanzia che l’esito sia efficiente ed equo. Il disegno di legge – aggiunge la Banca d’Italia – trascura tuttavia alcuni aspetti rilevanti». L’elenco delle criticità individuate dall’istituto parte da un assunto: «L’attuazione dell’autonomia differenziata non deve mettere a repentaglio l’efficienza del sistema produttivo e la sua capacità competitiva; i vantaggi derivanti dallo stimolo a una maggiore concorrenza tra le varie aree del paese devono essere superiori ai costi impliciti di una marcata differenziazione normativa». «In secondo luogo – prosegue la Banca centrale – per preservare gli equilibri di finanza pubblica e assicurare che l’intero Paese contribuisca al consolidamento dei conti, occorre garantire nel medio periodo l’allineamento fra le risorse erariali assegnate e l’evoluzione dei fabbisogni di spesa nelle funzioni trasferite. Andrebbero a tal fine stabilite delle regole per la revisione periodica delle aliquote di compartecipazione». Infine, «per garantire trasparenza e rendicontazione, andrebbero stabilite delle procedure obbligatorie di verifica della spesa sostenuta e delle prestazioni erogate da tutte le Regioni – in modo simile a quanto avviene per la sanità – con il coinvolgimento di organismi tecnici (il ddl prevede invece che il monitoraggio sia facoltativo, basato su intese intercorrenti tra rappresentanti del governo centrale e della Regione interessata, che ne definiscono anche le modalità operative)». Secondo l’istituto «andrebbe anche valutato in modo rigoroso, a scadenze regolari, l’impatto sul Paese nel suo complesso». Inoltre «l’autonomia differenziata non dovrebbe ostacolare la coerenza dell’ordinamento tributario e dovrebbe preservare gli incentivi alla responsabilità finanziaria degli enti».

I SERVIZI PUBBLICI AL NORD E AL SUD

La Banca d’Italia insiste poi sul rischio di fissare il divario esistente nell’offerta di servizi pubblici fra Nord e Sud invece di ridurlo. Per evitare un ampliamento delle differenze, il disegno di legge indica «opportunamente» nell’individuazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, un prerequisito necessario per l’attivazione dell’autonomia differenziata. Ma non viene stabilito che le prestazioni individuate come essenziali siano adeguatamente finanziate. Considerato che la spesa deve rimanere invariata, «la convergenza a un livello uniforme di servizi può avvenire solo attraverso una rimodulazione della spesa statale a favore delle Regioni in cui l’offerta di prestazioni è inferiore ai Lep.

Se, in alternativa, si assumesse che la spesa storica sinora sostenuta dallo Stato in ciascuna regione sia quella implicitamente necessaria a finanziare i Lep, si determinerebbe la “cristallizzazione” degli attuali divari nell’offerta di prestazioni pubbliche sul territorio».

LE CONCLUSIONI DELL’AUDIZIONE DELLA BANCA D’ITALIA

“Nel complesso, il DDL contribuisce a dare una cornice più ordinata e coerente al processo di autonomia differenziata. In mancanza di tale cornice, esso rimarrebbe affidato alla contrattazione bilaterale tra lo Stato e ciascuna Regione richiedente, senza alcuna garanzia che l’esito sia efficiente ed equo.

Il disegno di legge trascura tuttavia alcuni aspetti rilevanti.

In primo luogo, l’attuazione dell’autonomia differenziata non deve mettere a repentaglio l’efficienza del sistema produttivo e la sua capacità competitiva; i vantaggi derivanti dallo stimolo a una maggiore concorrenza tra le varie aree del Paese devono essere superiori ai costi impliciti di una marcata differenziazione normativa. Affinché siano garantiti miglioramenti tangibili sotto il profilo dell’efficienza microeconomica la concessione di forme di autonomia differenziata potrebbe essere subordinata a un’istruttoria per singola materia (ed eventualmente per specifiche funzioni all’interno della materia considerata), che, attraverso procedure oggettive e metodologie condivise, documenti i benefici e i costi dell’eventuale trasferimento di funzioni.

In secondo luogo, per preservare gli equilibri di finanza pubblica e assicurare che l’intero Paese contribuisca al consolidamento dei conti, occorre garantire nel medio periodo l’allineamento fra le risorse erariali assegnate alle RAD e l’evoluzione dei fabbisogni di spesa nelle funzioni trasferite. Andrebbero a tal fine stabilite delle regole per la revisione periodica delle aliquote di compartecipazione. Si potrebbe valutare di introdurre dei meccanismi di corresponsabilizzazione finanziaria simili a quelli attualmente applicati alle RSS: anche queste ultime beneficiano di un sistema di compartecipazioni ad aliquote fisse ai tributi erariali, ma i singoli statuti (approvati con legge costituzionale) prevedono espressamente che le disposizioni finanziarie possano essere modificate con legge ordinaria.

Le RAD avrebbero comunque la possibilità di trattenere le risorse derivanti da una spesa effettiva inferiore ai fabbisogni standard riconosciuti per le funzioni LEP; tali risorse potrebbero essere utilizzate per incrementare il livello delle prestazioni o per ridurre il prelievo locale. Analogamente,  una spesa eventualmente superiore ai fabbisogni LEP dovrebbe essere finanziata autonomamente, attraverso un inasprimento dei tributi locali o facendo ricorso alle risorse destinate al funzionamento delle funzioni non assistite dai LEP.

Infine, per garantire trasparenza e rendicontazione, andrebbero stabilite delle procedure obbligatorie di verifica della  spesa sostenuta e delle prestazioni erogate da tutte le Regioni – in modo simile a quanto avviene per la sanità – con il coinvolgimento di organismi tecnici (il DDL prevede invece che il monitoraggio sia facoltativo, basato su intese intercorrenti tra rappresentanti del governo centrale e della Regione interessata, che ne definiscono anche le modalità operative); andrebbe anche valutato in modo rigoroso, a scadenze regolari, l’impatto sul Paese nel suo complesso.

L’autonomia differenziata non dovrebbe ostacolare la coerenza dell’ordinamento tributario e dovrebbe preservare gli incentivi alla responsabilità finanziaria degli enti. Ciò richiederebbe di procedere in modo sistematico e ordinato, dando dapprima attuazione al federalismo simmetrico (art. 119 Cost.), raccordando il sistema di finanziamento delle RAD tramite compartecipazioni ad aliquota fissa con i canali ordinari di finanziamento delle funzioni già di competenza delle Regioni. Questi ultimi dovrebbero fare leva su tributi regionali con adeguati margini di manovra da parte degli enti; l’attuazione della delega fiscale non sembra tuttavia andare in questa direzione, poiché prevede la graduale abolizione dell’Irap e la sostituzione dell’addizionale regionale all’Irpef con una sovraimposta erariale23.

L’attuazione del federalismo simmetrico implicherebbe peraltro l’attivazione del fondo perequativo, necessario per contenere i rischi di ampliamento dei divari territoriali nella tutela dei diritti civili e sociali.

In un contesto caratterizzato da mutamenti di ampia portata nell’economia globale, da condizioni finanziarie diventate meno favorevoli ai paesi ad alto debito pubblico e – all’interno del Paese – da ampi ritardi accumulati da alcune regioni, andranno valutate attentamente tutte le implicazioni dell’attuazione dell’autonomia differenziata, procedendo quindi con la necessaria gradualità.

Diversamente, vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti”.

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