Scazzi tra azionisti di Bancomat per l’ingresso di Fsi nella società: Unicredit non ha sottoscritto l’accordo con il fondo Fsi dopo non aver approvato il bilancio 2022 della società, esprimendo puntute critiche al piano della società guidata dall’ad, Alessandro Zollo.
Ecco fatti, numeri e approfondimenti.
COME E’ ANDATO IL BILANCIO 2022 DI BANCOMAT
Un ottimo 2022 per Bancomat spa che ha archiviato un bilancio in utile di oltre 8,4 milioni. Nel 2021, invece, il gruppo guidato da Alessandro Zollo aveva fatto segnare una perdita di più di 2,8 milioni che prima delle imposte sul reddito, interessi, dividendi e plus/minusvalenze da cessione superava i 3,6 milioni. Nell’esercizio 2022, invece, l’utile prima delle imposte supera i 12 milioni.
IL BOARD RINNOVATO DI BANCOMAT
Zollo è stato riconfermato amministratore delegato di Bancomat Spa lo scorso 2 maggio. Insieme a Zollo siedono nel consiglio d’amministrazione il presidente Franco Dalla Sega, il vicepresidente Giovanni Sabatini (direttore generale dell’Abi) e i consiglieri Stefano Barrese, Stefano Favale, Flavio Giannetti, Giacomo Marino, Roberto Amisano, Mauro Pastore, Luca Vanetti, Pasquale Marchese, Giuliano Cassinadri, Gianluca Santi, Raffaella Mastrofilippo.
RICAVI RADDOPPIATI IN UN ANNO
Come vanno i conti di Bancomat? Lo scorso anno i ricavi sono stati 48 milioni e 445.873, quasi il doppio dagli oltre 25,8 milioni di un anno prima. Di questi quasi 47 milioni sono stati ottenuti in Italia, 178.484 negli altri Paesi Ue e 1,28 milioni nei Paesi extra Ue. La variazione positiva di 22,6 milioni rispetto all’esercizio precedente, si legge, è dovuta perlopiù all’aumento delle transazioni e del pricing dei circuiti Bancomat e PagoBancomat.
IL RUOLO DI PAGOBANCOMAT
La parte del leone in questa voce è proprio di PagoBancomat con 32,1 milioni, tutti conseguiti in Italia. Il circuito ha registrato una crescita dei ricavi per 20 milioni “grazie all’effetto combinato dell’aumento del pricing, del numero di transazioni (+21,53%) e della variazione negativa del performing pricing e dei minimi”. Nella classifica dei ricavi segue Bancomat con 4,6 milioni. Proprio per quanto riguarda questo circuito, nel bilancio si legge che “l’incremento del transato (+0,25%), combinato all’aumento delle transaction fee, ha determinato una variazione positiva dei ricavi rispetto al 2021 di 2.145.626 euro compensata dalla variazione negativa del performing pricing e dei minimi”.
LE ALTRE VOCI DEI RICAVI
Calo dei ricavi, invece, per quanto riguarda Entrance, Licence & Card Fee che è sceso a quota 3,74 milioni (-576.140) e per Bancomat On Line-BOL a (-57.000) a causa dell’effetto combinato “della riformulazione dei rispettivi pricing e del minor numero di aderenti a fronte delle numerose fusioni e incorporazioni avvenute”. Ugualmente si nota una flessione dei ricavi per Bancomat Pay a 418.150 per “le minori nuove adesioni da parte delle banche” e per omologazione a 1,41 milioni a causa “delle minori pratiche lavorate sui filoni relativi al PagoBancomat tokenizzato e BancomatPay”.
COSTI IN CRESCITA, LIEVITANO LE SPESE DI BANCOMAT PER CONSULENZE
Nel 2022 i costi della produzione sono saliti a 36 milioni e 316.718, in crescita dai quasi 30 milioni di un anno prima. In particolare i costi per il personale sono arrivati a più di 7,3 milioni (fra salari e stipendi, oneri sociali, tfr) a fronte dei quasi 6 milioni al 31 dicembre 2021 e i costi per i servizi a 21,5 milioni sui 16,6 di un anno prima.
In particolare, come evidenziato nelle pagine del bilancio d’esercizio, l’aumento si spiega con i maggiori costi per consulenze amministrative, strategiche, legali e fiscali (a 4,5 milioni, 1 milione in più) – legati al progetto della “Nuova Governance di Filiera” e ai maggiori oneri di consulenza legale e compliance – e con l’aumento delle spese per marketing e comunicazione (a quasi 10,2 milioni, +2,4 milioni). Segno più anche per le spese fatte per consulenze tecniche e informatiche (a 4,73 milioni, in crescita di poco più di 1 milione).
TRA LE SVALUTAZIONI PESA L’ADDIO AL PROGETTO DI BANCOMAT CON POSTE
Parlando di costi qualche riflessione va fatta sulle svalutazioni, pari a 424.839 euro, che si riferiscono perlopiù alle spese – sostenute nel precedente esercizio – per le attività sul progetto con PostePay (320 mila euro), iscritte tra le “immobilizzazioni in corso e acconti” e al valore residuo delle spese per impianto e ampliamento connessi al vecchio Piano Industriale (euro 87.500). Nel bilancio si sottolinea come Bancomat spa “in considerazione della sopravvenuta impercorribilità del Progetto con PostePay e delle nuove strategie declinate nell’ultimo Piano Industriale e finanziario 2023-2027”, approvato dal cda a dicembre 2022, ha proceduto alla svalutazione di questi costi in quanto “venuto meno il loro beneficio economico e futuro”.
CRESCONO ANCORA OPERAZIONI PAGOBANCOMAT, STABILI I PRELIEVI DA ATM
All’interno del bilancio, Bancomat spa dedica qualche riga anche ai diversi servizi offerti. Si viene dunque a sapere che nel 2022, nonostante un calo delle carte, la ripresa dei consumi e il cambiamento delle abitudini di pagamento hanno contribuito a confermare il trend di crescita delle operazioni PagoBancomat, aumentate del 16,2% su anno. Per quanto riguarda i pagamenti in negozio, i consumatori preferiscono il contactless, con un’incidenza del 59% sul totale delle operazioni PagoBancomat e un insieme di 1,3 miliardi di operazioni. Ancora in calo lo scontrino medio, pari a 49,3 euro, “confermando la crescita dell’incidenza dei pagamenti digitali per operazioni di minore importo”.
Sul fronte Bancomat, invece, stabili i prelievi da Atm: 501 milioni di operazioni per un corrispettivo superiore ai 110 miliardi e un ticket medio di 220 euro. Nel 2022, informa ancora la società, si è continuato a diffondere il servizio digitale Bancomat Pay e al 31 dicembre dello scorso anno contava 126 aderenti, con un’operatività in crescita dell’82% su anno, 6,2 milioni di operazioni di trasferimento di denaro e pagamento con ticket medi di 38,9 euro. Segno più anche per le operazioni di pagamento effettuate sul canale e-commerce, con un aumento del 196,7% rispetto al 2021.
CHE COSA CAMBIA IN BANCOMAT CON L’INGRESSO DI FSI
Fsi ha sottoscritto un contratto vincolante con le banche azioniste Intesa Sanpaolo, Iccrea Banca, Banco Bpm, Bper e la stessa Bancomat per investire nella società dei circuiti di pagamento fino a 100 milioni di euro, tramite aumento di capitale riservato, a fronte di una partecipazione di minoranza qualificata nel capitale. Al termine dell’operazione il fondo capitanato da Maurizio Tamagnini, secondo il Corriere della sera, dovrebbe arrivare a detenere il 43%.
LE CRITICHE DI UNICREDIT
Tra i sottoscrittori mancano all’appello Unicredit (secondo socio al 18,9%, che non votò i conti 2022) né Mps (7,6%) e Bnl (5%). Unicredit, secondo socio di Bancomat dopo Intesa Sanpaolo (31,55%), si era già astenuta durante l’approvazione dei conti 2022 di Bancomat, esprimendo perplessità sul piano della società in particolare su sviluppo, innovazione, mezzi, competenze e risorse per realizzare lo stesso piano, secondo le cronache giornalistiche.
In effetti la rappresentante di Unicredit, Maria Paglia, nel corso dell’assemblea di Bancomat, ha motivato l’astensione del gruppo bancario guidato dal ceo Andrea Orcel dicendo che l’astensione era “da ricondursi ai recenti sviluppi relativi ai cambi strategici societari non in linea con la visione dell’azionista stesso; Unicredit conviene con l’impegno di Bancomat volto a rinnovare e adeguare la propria strategia al contesto economico, competitivo e territoriale, pur ritenendo che l’attuale strategia non convenga con la visione dell’azionista, in particolar modo sui seguenti aspetti: 1) la rilevanza degli investimenti strategici richiesti alla compagine sociale per lo sviluppo dell’attività di processing; 2) la conseguente contenuta crescita dello sviluppo dell’attività su suolo nazionale; 3) lo sviluppo della rete a livello internazionale”.
ION DI PIGNATARO SBARCA ANCHE IN FSI DI TAMAGNINI
Da una visura camerale di Fsi, salta all’occhio la presenza di Ion Capital Partners. Come da atto depositato lo scorso maggio, iIl gruppo del finanziere bolognese Andrea Pignataro, che da anni opera nel quartier generale londinese al numero 10 di Queen Street e che vede la holding basata in Lussemburgo, è diventato pure azionista del fondo guidato da Maurizio Tamagnini. Costituito a febbraio 2016 per la gestione collettiva del risparmio attraverso la promozione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni d’investimento mobiliari riservati a investitori professionali specializzati nel private equity. E tra i suoi azionisti, ora, anche un gruppo fondato da un italiano con società capofila della galassia con sedi in Inghilterra, in Irlanda e in Lussemburgo.
CHI SONO GLI AZIONISTI DI FSI
Secondo quanto emerge dall’ultimo bilancio depositato da Fsi, e relativo al 2022, il 90,1% del fondo è nelle mani di Magenta 71 srl, società con sede in Irlanda controllata dai manager della società, e il 9,9% in quelle di Ion Capital Partners. Lo scorso anno è stato un periodo particolarmente intenso per la compagine azionaria di Fsi: il 20 luglio 2022, mediante riacquisto di azioni proprie, Magenta 71 ha acquisito il 39% da Cdp Equity e il 9,9% detenuto da Poste Vita. Il 10 novembre dello stesso anno l’assemblea di Fsi ha annullato e cancellato tutte le azioni proprie senza riduzione del capitale.
L’INGRESSO DI ION IN FSI
Pochi giorni dopo, ossia il 21 novembre, Ion ha acquisito da Magenta 71 il 9,9% del capitale di Fsi. “All’esito di tali operazioni – si legge nel bilancio – la società ha rafforzato ulteriormente la propria posizione nel mercato come gestore indipendente, avendo consolidato il proprio ruolo nel settore del private equity In Italia”.