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Diamanti

Diamanti, come si muoverà la procura su Banco Bpm e Unicredit

La procura corre per risarcire 300 milioni ai clienti delle banche per la truffa diamanti. L'articolo di Elena Dal Maso per MF/Milano Finanza

 

L’inchiesta penale sulla vendita dei diamanti per 1,4 miliardi di euro attraverso il canale bancario sta procedendo spedita. A inizio ottobre è stato definito l’atto di chiusura, che costituisce la fase precedente alla richiesta del rinvio a giudizio.

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, la procura di Milano, sotto la direzione del pubblico ministero, Grazia Colacicco, sta terminando gli ultimi interrogatori. All’inchiesta sta lavorando il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Milano. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono truffa, autoriciclaggio, riciclaggio, corruzione fra privati e, solo per Banco Bpm e quattro suoi dirigenti, ostacolo all’autorità di vigilanza.

Le parti offese, i clienti che ritengono di essere stati danneggiati e intendono partecipare al processo, sono salite a 297, riporta l’atto di chiusura. Tuttavia il pm, Colacicco, ha disposto uno stralcio lasciando ancora aperto un fascicolo bis in cui raccogliere le decine di altre persone che stanno continuando a presentare richiesta di essere riconosciute come parti lese.

Un fascicolo che oggi contiene, secondo quanto appurato da MF-Milano Finanza, circa 300 querele tra cui quelle delle associazioni di categoria a tutela del cittadino, ciascuna delle quali raccoglie decine di casi.

Intanto la procura ha fatto identificare tutte le pietre protette nei caveau di Idb e Dpi, dove erano mescolati i preziosi che appartenevano ai clienti e quelli in bilancio alle società. E quindi i legittimi proprietari possono presentare la documentazione che certifica l’appartenenza per recuperare i diamanti.

La procura sostiene che Idb e Dpi, con la consapevole partecipazione delle banche, hanno condotto la presunta truffa dal 2012 sino al dicembre 2016 (nel 2017 è intervenuto l’Antitrust con una multa). Cita il fatto che i diamanti partecipavamo all’obiettivo mensile di raccolta delle filiali e che veniva in diversi casi garantito a voce il riacquisto, come se le pietre fossero un investimento vero e proprio. Per la procura si tratta di una truffa perseguibile d’ufficio perché realizzata in maniera seriale. Secondo l’accusa, tutti i contratti sono il risultato di un’attività di raggiro.

Le somme sequestrate a febbraio a cinque istituti di credito e alle due società che fornivano i diamanti, Intermarket Diamond Business (fallita poi) e Diamond Private Investment, sono quindi destinati, nei progetti della Procura, a essere restituiti ai clienti che si sono trovati in mano preziosi che sul mercato valgono in media il 30%, ma anche molto meno, il 20%. E questo accade anche perché nel 2016 venivano siglati molti contratti con commissioni del 24% a favore della banca, che facevano gonfiare il prezzo delle pietre. La restituzione delle cifre vedrà come prioritarie quelle persone che ad oggi non hanno ricevuto alcun ristoro dalla banca o solo in minima parte.

Ora, degli oltre 700 milioni di decreto emesso dal Gip, i 330 milioni che fanno capo a Idb e i 255 milioni che si riferiscono a Dpi sono stati recuperati di fatto solo in parte, nella misura di 70 milioni per società circa. Mentre sono congelati ed effettivamente bloccati tutti i fondi alle banche, di cui Banco Bpm (compresa Aletti) per 84 milioni, Mps 35,5 milioni, Unicredit 32,7 milioni, Intesa Sanpaolo 15 milioni.

Tutti gli istituti, tranne il Banco Bpm, starebbero restituendo le somme versate dai clienti e rilevando le pietre. Il Banco sta trattando privatamente con ciascun cliente proponendo, secondo quanto hanno riferito le associazioni dei consumatori, il 30% in contanti alla controparte, che, a differenza degli altri istituti, si deve tenere la pietra, perché la banca preferisce non ritirarla.

Al Banco Bpm sono stati sequestrati ulteriori 500 mila euro che fanno riferimento all’aumento di capitale in seguito alla fusione fra Bpm e il Banco Popolare perché Idb, la società fallita, aveva partecipato all’operazione acquistando azioni. Questo legame fra Idb e l’istituto lombardo emerge anche in una recente sentenza della Corte di Cassazione dello scorso settembre, dove si scrive che Idb avrebbe partecipato “ad aumenti di capitale del Banco Bpm, costituenti utilità per la banca in violazione delle regole di policy aziendale… e della circolare della Banca d’Italia”.

Idb, secondo quanto ricostruito dalla Gdf, tra il 2012 e il 2016, ha sviluppato un volume d’affari per 600 milioni di euro circa (al netto dell’Iva) con Banco Bpm e Unicredit, nella misura di almeno il 60% a favore del primo istituto. Dal canto suo già nel bilancio di fine 2018 l’istituto lombardo ha accantonato 300 milioni di euro sul caso diamanti. I 600 milioni più che raddoppiano a 1,374 miliardi di volume d’affari quando si comprende l’altra società, Dpi, mentre i clienti coinvolti sono circa 70mila, secondo i calcoli della Gdf.

 

(Estratto di un articolo pubblicato su MF/Milano Finanza)

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