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Voluntary Disclosure San Marino

Come e perché le banche di San Marino chiedono aiuto all’Italia

Le preoccupazioni della Banca centrale di San Marino per gli effetti della voluntary disclosure. Fatti, numeri e indiscrezioni

Una task force del ministero dell’Economia con banche e istituzioni per far fronte all’andamento non esaltante delle banche di San Marino causato dallo voluntary disclosure. Un’operazione che ha fatto tornare in Italia non pochi capitali prima custoditi nei forzieri del piccolo Stato. Da qui una sorta di richiesta di assistenza istituzionale, più che finanziaria, giunta al momento all’Italia dalla Repubblica di San Marino.

E’ quanto rivelano a Start Magazine fonti governative secondo cui è stata proprio la Banca centrale di San Marino a rivolgersi al nostro Paese. La voluntary disclosure, introdotta per la prima volta nel 2014, prevede una collaborazione attiva da parte del contribuente, italiano e residente in Italia, che nel corso degli anni ha omesso di dichiarare beni e attività detenute illegalmente all’estero. Nel 2016, poi, è arrivata la voluntary bis.

Da ricordare peraltro che, come ha scritto l’Espresso, grazie a un accordo internazionale di recente l’Agenzia delle Entrate è entrata in possesso di dati su oltre 1 milione di conti intestati a italiani, in cui sono depositati più di 85 miliardi di euro, in 100 Paesi esteri tra cui anche tanti paradisi fiscali. Tutto è iniziato, ricorda il settimanale, grazie a una sequenza di accordi promossi dall’Ocse che è riuscita a varare a livello globale una procedura standard per lo scambio automatico di informazioni fiscali. In Italia proprio l’adesione a questa procedura internazionale, secondo gli esperti, ha fatto aumentare il gettito della voluntary disclosure.

I CONTI DEL 2018 A SAN MARINO

Tornando nello specifico a San Marino, dalla relazione consuntiva riguardante il 2018 emerge che durante l’anno “in presenza di un quadro congiunturale sammarinese ancora debole, è proseguito il processo di ridimensionamento dei bilanci bancari”: il totale attivo è sceso di 188 milioni (-3,9%) arrivando a 4.576 milioni rispetto ai 4.764 milioni del 2017 “in un contesto di flessione della raccolta totale e degli impieghi e di aggravamento delle perdite di sistema”. In calo su base annua di 314 milioni (-10%) anche gli impieghi lordi totali, pari a 2.829 milioni, e la raccolta totale di 326 milioni di euro (-5,5%) a 5.557 milioni (-5,5%) a seguito della contrazione della raccolta diretta di 150 milioni e della raccolta indiretta di 177 milioni. La raccolta interbancaria pure è risultata in flessione di 35 milioni rispetto al 2017 mentre, in relazione al profilo patrimoniale, si nota un calo dei mezzi propri (di 27 milioni) che passano da 336 milioni a 309 milioni.

I CONTI DEL PRIMO SEMESTRE 2019 A SAN MARINO

L’andamento dei conti non sembra essere difforme nel 2019: al 30 giugno – come risulta dal Bollettino informativo trimestrale della Banca centrale della Repubblica di San Marino consultabile come la relazione sul sito dell’istituzione – la raccolta indiretta ha mostrato una diminuzione di 35 milioni, attestandosi a 1.667 milioni (-2,1%) e, nonostante l’incremento dell’attività di banca depositaria (+21 milioni), si è registrata una diminuzione di valore sia delle gestioni patrimoniali (-18 milioni) sia della custodia e amministrazione di strumenti finanziari (-38 milioni). Segno meno per la raccolta totale (-31 milioni, pari a -0,6%), che si è attestata a 5.507 milioni. Inoltre, nel secondo trimestre dell’anno in corso, gli impieghi lordi verso clientela sono diminuiti di 25 milioni di euro e si sono fermati a 2.785 milioni mentre gli impieghi netti, pari a 1.742 milioni, sono diminuiti di 150 milioni (-7,9%).

LE RASSICURAZIONI DEL VICEMINISTRO MISIANI

Che ci sia preoccupazione a riguardo dalle parti del monte Titano sembra dimostrarlo anche un’intervista al viceministro dell’Economia, Antonio Misiani (Pd), fatta a novembre scorso da San Marino RTV, l’emittente radiotelevisiva della Repubblica. Parlando della legge di Bilancio in preparazione, Misiani ha smentito categoricamente che avrebbe trovato spazio un’altra voluntary disclosure ma ha invece assicurato che ci sarebbero state “misure di contrasto e riduzione dell’evasione fiscale che nel nostro Paese raggiunge livelli inaccettabili, quasi 110 miliardi di euro”.

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