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Transizione

Bankitalia non si gasa con la transizione green

Se gli investimenti nella transizione energetica mancano è perché i rendimenti attesi sono bassi, con rischi alti. Cosa ha detto (e cosa no) il governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, alla conferenza G7-Iea. Il commento di Sergio Giraldo tratto dalla newsletter Out.

Alla conferenza G7-IEA sul tema “Garantire una transizione energetica ordinata” (Ensuring an Orderly Energy Transition), presenti Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze e Mary Burce Warlick, Deputy Executive Director dell’International Energy Agency (IEA), il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha parlato della transizione energetica.

Con sorprendente franchezza, Panetta ha riconosciuto che “si sono registrati deflussi [dai fondi] dovuti a un cambio di sensibilità politica nei confronti di iniziative a favore del clima, alcune grandi società di gestione patrimoniale stanno riducendo i propri investimenti nelle iniziative internazionali in questo campo; le imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili affrontano crescenti difficoltà finanziarie e le restrizioni all’esportazione di minerali essenziali sono in costante aumento, in un contesto geopolitico segnato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, dai gravissimi eventi in Medio Oriente e dalla crescente frammentazione economica e commerciale”.

Ci sono altre due prese d’atto importanti. La prima: “Non vi è dubbio che la transizione energetica sarà costosa. Gli investimenti in energia verde, che si avviano a superare i 3.000 miliardi di dollari a livello globale nel 202411, sono ancora lontani dai 4.500 miliardi l’anno da raggiungere entro l’inizio del prossimo decennio per poter azzerare le emissioni nette entro la metà del secolo”.

E poi: “Lo scostamento a livello globale tra il finanziamento necessario e quello effettivo nasconde inoltre differenze notevoli tra le economie avanzate e quelle emergenti e in via di sviluppo”. È una presa d’atto importante, che certifica ciò che qui e altrove andiamo dicendo da tempo immemorabile: se non si investe nei paesi in via di sviluppo tutti i costi che l’Europa sta sostenendo saranno inutili, ai fini dell’abbassamento delle emissioni. Se invece lo scopo non è quello, allora tutto si spiega.

Infine, Panetta dice: “I governi delle principali economie mondiali hanno il compito di guidare tale processo, promovendo investimenti con basse emissioni carboniche; riducendo gli oneri amministrativi e normativi in grado di ostacolare la transizione; evitando politiche discontinue, che possano creare incertezze e disincentivare gli investimenti da parte del settore privato”.

Qui però manca un punto fondamentale, ossia la presa d’atto che se gli investimenti mancano è perché i rendimenti attesi della transizione sono bassi, con rischi alti. I rendimenti attesi sono bassi perché si tratta di una sostituzione inefficiente dello stock di capitale esistente. I rendimenti possono salire solo se vi sono sussidi statali, i quali però sono frenati dai limiti alla spesa pubblica per i vincoli di bilancio.

È questo il vicolo cieco della transizione. Sussidi o morte, ma con il patto di stabilità i sussidi stanno a zero. In tutto questo, nel frattempo, i prezzi dell’energia stanno sempre lassù: il PUN è 114,82 €/MWh.

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