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Sanzioni

Cosa succede alla Banca centrale russa dopo le sanzioni

Banca centrale russa: numeri, operatività e scenari dopo le sanzioni occidentali contro la Russia per la guerra all'Ucraina. L'analisi dell'economista Alessandro Penati

 

La vera efficacia della guerra finanziaria è dovuta all’approccio americano: sequestrare le attività detenute all’estero da entità o individui russi, a cominciare dalle riserve valutarie della Banca Centrale Russa; e imporre pesanti sanzioni a chiunque operi con imprese, individui, banche o istituzioni russe sanzionate.

Dei 638 miliardi di riserve che la Russia aveva accumulato 463 sono attività finanziarie denominate in larga parte in dollari ed euro, che ora non possono più essere utilizzate in nessun modo: innescando così una pesante svalutazione del rublo (40 per cento contro euro al cambio ufficiale).

Per difendere il cambio la Russia ha quindi dovuto imporre un blocco ai movimenti valutari, impedendo i pagamenti in valuta estera (e commissioni proibitive per acquistarla), che causerà una catena di default sul debito russo in valuta estera.

La Banca Centrale russa dovrà stampare moneta per mantenere la liquidità delle banche locali. L’eccesso di offerta di moneta e la svalutazione del rublo causeranno un’inflazione elevata, falcidiando il reddito del cittadino medio.

La spesa pubblica dovrà essere finanziata drenando maggiormente il risparmio privato e, per questo, il tasso sul debito pubblico in rubli è salito al 20 per cento, portando il costo del denaro a livelli insostenibili per molti debitori locali. L’attività in rubli sulle criptovalute è esplosa, ma è una goccia nel mare.

La Russia può contare su 130 miliardi di riserve auree, ma trovare un compratore, anche a prezzi scontati, per queste quantità è impossibile. Potrebbe utilizzare l’oro come garanzia a fronte di prestiti in valuta dalla Cina. Allo stesso modo, potrebbe utilizzare i circa 140 miliardi di titoli in renminbi che detiene per comprare beni dalla Cina ed eludere l’embargo occidentale, oltre a venderle gas in cambio di moneta cinese da usare allo stesso scopo.

Dubito, però, che nel prossimo futuro la Cina sarà disponibile a venire in soccorso alla Russia, pur condividendo l’ostilità verso gli Stati Uniti. Il sequestro delle riserve della Banca Centrale Russa è servito anche da monito alla Cina che ha quasi il 70 per cento dei suoi 3.300 miliardi di riserve in dollari ed euro.

Il renminbi non è una vera moneta di riserva, perché ancora soggetta a controlli sui movimenti di capitale e usata, fuori dalla Cina, principalmente nei paesi che si sono indebitati in quella moneta per finanziare i progetti della Via della Seta. Ma soprattutto la Cina, alle prese con una crisi finanziaria interna e banche di stato dai bilanci fallimentari, ha ancora bisogno in modo cruciale dall’export verso l’occidente e i suoi alleati nel pacifico (1.500 miliardi negli ultimi 12 mesi) per sostenere la crescita.

Il rischio di sanzioni occidentali oggi è dunque proibitivo, e un aiuto massiccio alla Russia eccessivamente rischioso. E ci vorrà ancora molto tempo prima che la Cina acquisisca l’indipendenza dai mercati finanziari occidentali e dal dollaro.

(Estratto di un articolo del quotidiano Domani, qui la versione integrale)

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