Secondo l’Autorità del canale di Panama, ovvero l’ente che gestisce l’omonima infrastruttura nell’America centrale, l’accordo sui porti tra il gruppo cinese Ck Hutchison e il consorzio capeggiato dalla compagnia di trasporti italo-svizzera Mediterranean Shipping Company (Msc) potrebbe compromettere la neutralità di questa fondamentale via di navigazione.
COSA SAPPIAMO DELL’ACCORDO SUI PORTI TRA CK HUTCHISON, MSC E BLACKROCK
L’accordo in questione, dal valore di 23 miliardi di dollari, prevede in tutto la vendita di quarantatré porti controllati da Ck Hutchinson a Terminal Investment Limited, società di gestione terminal controllata dalla famiglia Aponte, proprietaria di Msc. Relativamente ai due porti alle estremità del canale di Panama, questi saranno invece controllati da Global Infrastructure Partners (un fondo della società di investimento statunitense BlackRock dedicato alle infrastrutture) con il 51 per cento, mentre Terminal Investment Limited avrà la quota restante del 49 per cento.
CONCORRENZA E NEUTRALITÀ NEL CANALE DI PANAMA
Le altre compagnie di navigazione temono che l’operazione darà a Msc un vantaggio sleale sulla concorrenza, perché le consegnerebbe la proprietà di un gran numero di porti nel mondo. Ricaurte Vásquez, amministratore dell’Autorità del canale di Panama, ha detto che una tale concentrazione di infrastrutture nelle mani di Msc potrebbe svantaggiare le altre compagnie di shipping e incrinare il principio di neutralità del canale panamense.
Secondo l’amministrazione di Donald Trump, però, che ha dichiarato più volte che gli Stati Uniti dovrebbero riprendere il controllo dell’infrastruttura, la neutralità del canale di Panama sarebbe già stata compromessa: la Cina – cioè la principale rivale politica degli Stati Uniti – ha investito parecchio nell’area; nel 2017, inoltre, Panama ha interrotto le relazioni diplomatiche con Taiwan per avviarle con la Cina (Pechino non riconosce Taipei come un paese a sé ma come un provincia del suo territorio).
A detta di Vásquez, “se ci sarà un livello significativo di concentrazione di operatori di terminal appartenenti a una compagnia di navigazione integrata o a una singola compagnia di navigazione, ciò andrà a scapito della competitività di Panama sul mercato e sarà incompatibile con la neutralità”.
Per il canale di Panama passa il 2,5 per cento del commercio marittimo globale, stando a uno studio di McKinsey.
A preoccupare l’Autorità del canale di Panama, al di là della concorrenza nel settore dello shipping, è che l’accordo sui porti tra Ck Hutchison e il consorzio Msc-BlackRock possa portare a una diminuzione del traffico di container a Panama – le tasse di transito sono la principale fonte di entrate per lo stato – se i clienti di Ck Hutchison dovessero spostarsi altrove.
LA MOSSA DI MAERSK
Msc, comunque, non è l’unica compagnia di navigazione interessata a espandere la sua presenza a Panama: il gruppo danese Ap Moller-Maersk, infatti, ha acquisito la ferrovia che costeggia il canale.
TUTTI I PIANI DEL CANALE DI PANAMA TRA PORTI, GPL E GNL
Vásquez pensa che l’Autorità del canale di Panama non debba attendere passivamente la conclusione dell’accordo tra Ck Hutchison, Msc e BlackRock, ma approfittare del momento per diventare un gestore di terminal. Nei piani c’è la costruzione di un terminal al porto di Corozal, sull’oceano Pacifico, ma anche la costruzione di una tubatura dedicata al trasporto di gas di petrolio liquefatti (Gpl), dalla capacità di 1 milione di barili al giorno.
L’idea è che le navi cisterna scarichino il Gpl all’entrata del canale sul mar dei Caraibi; dopodiché, gli idrocarburi verrebbero trasportati via tubo verso il Pacifico, dove verrebbero caricati su altre navi per l’esportazione sui mercati asiatici. Così facendo, si libererebbe spazio nel canale per le spedizioni di altri prodotti, anche energetici, come il gas liquefatto (Gnl), di cui gli Stati Uniti sono i primi esportatori al mondo.