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cedolare secca

Funzionerà l’aumento della cedolare secca per gli affitti brevi?

Tra i provvedimenti della legge di bilancio c'è quello dell’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% sui cosiddetti affitti brevi. Un incentivo all'evasione?

 

È di ieri pomeriggio la notizia che sono stati sequestrati oltre 779 milioni di euro ad Airbnb Ireland Unlimited Company. Ad effettuare il sequestro contro la società titolare dell’omonima piattaforma di affitti brevi è stata la Guardia di finanza di Milano su ordine del gip, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Milano per reati fiscali. Sono state colpite anche tre persone che hanno rivestito cariche di amministrazione all’interno del gruppo, nel periodo compreso tra il 2017 e il 2021.

Nell’indagine della Procura di Milano si ipotizza che la società non abbia versato la cosiddetta “cedolare secca” sui canoni di locazione breve per più di 3milioni e 700mila euro corrisposti nel lustro succitato.

L’AUMENTO DELLA CEDOLARE SECCA

È importante considerare che tra i vari provvedimenti previsti dalla legge di bilancio decisa dal governo c’è quello dell’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% sui cosiddetti affitti brevi, ossia quelli non superiori a 30 giorni all’anno. In pratica si tratta degli affitti turistici nelle città ma anche, in particolare, degli affitti estivi nelle località marine e di montagna.

IL CASO AIRBNB

L’intenzione del governo, si può dedurre, era proprio quella di disciplinare principalmente il mondo degli affitti turistici che transitavano dai portali tipo Airbnb che, in moltissimi casi, potevano sfuggire ad ogni forma di tassazione. Per la rinomata piattaforma di affitti brevi è bene attendere che la giustizia faccia il suo corso ed attendere l’esito finale del procedimento in itinere. Ma già prima che scoppiasse il caso giudiziario l’esecutivo aveva già deciso di intervenire intervenire sul settore in questione con alcune misure ad hoc per i portali.

LE CRITICITÀ DELL’AUMENTO DELLA CEDOLARE SECCA

È importante ricordare che nella legge di bilancio è stato sì previsto l’incremento dal 21% al 26% della cedolare secca per gli affitti brevi, ma con l’esclusione di coloro che locano con tale sistema un solo appartamento.

L’incremento della cedolare secca di fatto presenta non poche criticità per diversi motivi, secondo alcuni addetti ai lavori. Prima di tutto, perché l’incasso previsto è stimato in circa 8 milioni di euro su base annua, una cifra veramente modesta. Poi, gli affitti turistici consentono in molti casi di arrotondare la pensione a chi fa fatica a tirare avanti e non arriva a fine mese.

Nel provvedimento non si considera che chi affitta tramite agenzia deve corrispondere generalmente il 12% più Iva, ossia il 14,64% del canone convenuto, cosa che non accade a chi affitta tramite portale. Il costo per il proprietario che affitta tramite agenzia sarebbe quindi del 26%, a cui aggiungere il 14,64%: quindi un effettivo 40,64%.

Oltre al costo diretto del 40,64%, il proprietario deve sostenere le spese per la manutenzione dell’immobile, oltre che riparare i piccoli danni che generalmente emergono sempre a distanza di tempo. Insomma, il proprietario ha un costo diretto di circa il 50% del canone di locazione, al quale va poi aggiunto il costo per le tasse e le utenze.

UN INCENTIVO ALL’EVASIONE?

L’incremento quindi dal 21% al 26% della cedolare secca rischia di rappresentare un incentivo all’evasione con il rischio che, a conti fatti, invece di un incremento delle entrate si assista ad una riduzione delle stesse rispetto alla situazione attuale.

Le conseguenze del provvedimento in realtà non hanno praticamente incidenza dal lato entrate. Aumentano invece – secondo alcuni addetti ai lavori – la burocrazia, ampliando i casi di tassazione degli affitti; innalzano i costi per i controlli fiscali; stimolano l’evasione; sono solo il frutto di compromessi.

Tali mediazioni avrebbero avuto più senso con un incremento della cedolare secca dal 21% al 22%, o al massimo al 23%, per tutti, senza esclusione alcuna. Così non sarebbero aumentati burocrazia e costi per i controlli fiscali. Ma il governo ha deciso diversamente.

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