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Assoprevidenza

Perché il governo vuole regalare soldi statali all’associazione privata Assoprevidenza?

“Assoprevidenza”, associazione che raggruppa parte dei fondi pensione italiani, si fonderà con l’ente terzo “Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare", incamerando un tesoretto di 29,5 milioni di euro di fondi pubblici. Il commento di Giuliano Cazzola.

Questa volta la “manina” c’è stata davvero ed è arrivata “come un ladro nella notte” giovedì con un emendamento al decreto Pa2 durante la seduta congiunta delle commissioni I e XI della Camera.

Start Magazine ha già illustrato i termini della vicenda, indicandone le dinamiche e chiamando in causa i protagonisti. In particolare ha chiarito che l’operazione era già stata tentata in un provvedimento precedente (il decreto bollette), ma che non era riuscita perché il Quirinale aveva giudicato estranea la materia.

MA QUALI SONO I MOTIVI DELL’EMENDAMENTO?

L’emendamento sottoscritto da deputati di Iv e di FdI (una convergenza da molti ritenuta singolare)  ha suscitato parecchie perplessità oltre a numerose critiche (molto pesanti quelli provenienti dalle confederazioni sindacali). Il problema è molto semplice: non si capiscono i motivi di questo emendamento.

Poiché non vi si intravvede un interesse generale è legittimo il sospetto che vi sia sotto un interesse particolare. Non si capisce se è “Assoprevidenza” – associazione che raggruppa parte dei fondi pensione italiani – che confluisce nell’ente terzo “Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare”, oppure se il processo si svolge a parti invertite. La sostanza cambia di poco, perché dell’accorpamento è protagonista un tesoretto di 29,5 milioni di euro di fondi pubblici da destinare appunto ad Assoprevidenza, nell’arco di un decennio, di cui un congruo anticipo sarà erogato entro l’anno in corso.

BREVE STORIA DEL COMITATO

Il Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare è una vecchia conoscenza. Era  stato istituito il 21 febbraio 2011 grazie a una risoluzione votata dalla Commissione Lavoro della Camera che impegnava l’Esecutivo a “investire fortemente sulle potenzialità del sistema dei fondi pensione in particolare valutando l’opportunità di sostenere eventuali iniziative organizzative, promozionali e di informazione, anche su impulso degli enti e delle strutture interessati, dirette a mettere a sistema i fondi medesimi”. L’obiettivo che stava cuore all’allora presidente della Commissione, Silvano Moffa era quello di orientare i fondi pensione ad investire nell’economia reale. Per questa ragione si riconosceva al Comitato una funzione di indirizzo sugli investimenti.

Non si è mai capito se l’operazione non sia mai decollata, come capita a tante questioni la cui attuazione richiede un successivo decreto ministeriale, che finisce nel dimenticatoio al primo cambiamento del titolare del ministero competente. Occorreva trovare qualche altro esecutivo che cadesse in tentazione. Toccò al governo Conte 2 che, nel 2019 con il decreto-legge 124  si era spinto fino a  stabilire un contributo per il suo funzionamento da 1,5 milioni per il 2020 e 2 milioni dal 2021 al 2034 (gli importi che vengono ripescati nell’emendamento Iv-FdI) per un totale 29,5 milioni.

Anche questa volta il cavallo non ha bevuto. Il ministero del Lavoro non ha mai erogato un solo euro, anche perché, anche in quel caso, non vi fu traccia del previsto decreto ministeriale. A questo punto è bene interrogarsi sulla posizione del ministero, perché nella riunione congiunta delle Commissioni, il governo ha dovuto esprimere un parere sull’emendamento. L’esito lascia credere che sia stato positivo.

ASSOPREVIDENZA? UN’OPERAZIONE DISCUTIBILE

Nel can can provocato dalla vicenda corre voce che il ministro Calderone non sia d’accordo con un’operazione che di per sé è discutibile: non è facile capacitarsi dei motivi per cui delle  risorse pubbliche – sia pure modeste – devono essere allocate presso un soggetto privato come Assoprevidenza, a cui sono associati, in prevalenza, i c.d. fondi preesistenti che, per effetto del regime a prestazione definita, soffrono della stessa malattia della previdenza obbligatoria, nel senso che si riducono le platee dei contribuenti mentre aumentano le erogazioni delle pensioni a quanti maturano man mano il diritto?

La logica della previdenza complementare a capitalizzazione stride in tutta evidenza con la stessa esistenza del Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare, le cui finalità non hanno mai superato l’equivoco che ne avevano determinato, sotto mentite spoglie, l’istituzione, al punto che al Lavoro se ne erano sempre lavate le mani. Appare dunque ancora più strano che sia la legge a decidere un’unione civile con un’associazione privata, come se si volessero mettere insieme due debolezze, in un contesto in cui il settore della previdenza privata è osservato da vicino da molti enti pubblici (dalla Covip, al Mefop). Operazioni siffatte, opache nelle finalità, possono causare anche dei processi di mitridatizzazione.

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