Come e quanto il mondo assicurativo sarà interessato dall’operazione Intesa-Ubi?
Dal provvedimento conclusivo dell’istruttoria Antitrust sull’Ops di Intesa su Ubi emergono indicazioni anche sugli effetti dell’operazione nel settore assicurativo.
Ecco tutti i dettagli
Cosa succede nelle assicurazioni se Intesa compra Ubi
Intesa Sanpaolo a febbraio scorso ha stipulato un accordo con Unipolsai Assicurazioni che prevede l’impiego da parte di quest’ultima ad acquistare un ramo d’azienda comprendente certe attività e passività dei veicoli bancassicurativi di Ubi riguardanti la clientela del ramo di azienda Ubi.
«Per quanto concerne la fase produttiva dei rami vita, in cui ISP opera per il tramite di Intesa Sanpaolo Vita e di Fideuram Vita, l’operazione interesserà i rami I, III e VI. In particolare, considerando il contributo di UBI per il tramite della sua controllata BancAssurance Popolari S.p.A. (di seguito, “BAP”85), nonché delle partecipate AVIVA Vita e Lombarda Vita S.p.A., l’entità post-merger andrà a detenere una posizione di rilievo nel ramo I (vita umana) con una quota pari a circa il [15-20]%, nel ramo III (fondi di investimento) con una quota pari a circa il [20-25]% e nel ramo VI (fondi pensione) dove la quota congiunta raggiungerà circa il [30-35]%», viene spiegato nell’istruttoria dell’Antitrust. Per quanto riguarda, invece, la fase distributiva delle polizze vita, Intesa San Paolo in numerose province detiene quote di mercato superiori al 15% e superiori al 25% nelle province di Imperia, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Prato, Padova e Rovigo. Mentre Ubi distribuisce, oltre alle polizze di BAP, anche le polizze vita di Aviva Vita e Lombarda Vita. Sulla base dei dati quindi Ubi supera il 25% nelle province di Bergamo, Brescia e Macerata mentre supera il 15% in quelle di Pavia, Varese e Pesaro Urbino. Di conseguenza se l’operazione dovesse andare in porto l’entità post merger avrebbe le seguenti quote di mercato: a Bergamo e a Brescia tra il il 40 e il 45% mentre a Rovigo, Varese, Pavia, Imperia e Macerata tra il 35 e il 40%. Per quanto riguarda, invece, la produzione nei diversi rami danni gli unici mercati in cui «la quota congiunta delle Parti, a seguito della concentrazione, raggiungerà un certo rilievo sono il ramo 2, in cui la quota dell’entità post merger sarà di poco superiore al [20-25]% e il ramo 16, in cui la quota cumulata delle Parti sarà di poco inferiore al [10-15]% », si legge nell’istruttoria.
In merito alla fase distributiva delle polizze danni, invece, non si presenterebbero particolari criticità, secondo l’Antitrust. In questo settore infatti Intesa Sanpaolo supera il 15% nella sola provincia di Treviso mentre Ubi su questo mercato detiene una quota assolutamente marginale, inferiore al punto percentuale. Non si notano gravi criticità nemmeno nella distribuzione tramite sportelli bancari, promotori finanziari e broker. «L’operazione consente il raggiungimento di una quota di poco inferiore al [25-30]% nel canale dei promotori finanziari; canale che pesa, rispetto agli altri canali distributivi il mero [10-15]%, a fronte del [55-60]% rappresentato dagli sportelli bancari, canale sul quale l’entità post merger deterrà una quota congiunta pari a circa il [20-25]%», evidenzia l’istruttoria dell’Autorità.
Vediamo ora che cosa hanno osservato banche, assicurazioni e Poste sugli scenari nel settore delle assicurazioni post acquisizione di Ubi da parte di Intesa, così come emerge dal documento del Garante del mercato.
Iccrea
Per ICCREA, data l’attenzione di Intesa Sanpaolo allo sviluppo della bancassicurazione, si potrebbe ipotizzare che anche sui nuovi sportelli che nascerebbero in seguito all’acquisizione, questa potrebbe costituire un importante asset di sviluppo con impatti sulle dinamiche competitive nei mercati in cui è forte la sovrapposizione delle quote delle due parti.
Unicredit
Unicredit, invece, ha sottolineato «il rilievo dell’integrazione verticale che caratterizza Intesa Sanpaolo e Ubi nella catena di valore, in quanto soggetti integrati anche nella produzione, ad esempio, nei mercati del risparmio gestito e della bancassurance. Ampliando il novero della propria clientela, a seguito dell’operazione, la nuova entità disporrà di una amplissima base clienti, pari a circa [15-20] milioni di soggetti, a cui proporre i prodotti delle proprie società captive, rendendo difficile l’accesso a tali mercati di operatori terzi».
Poste Italiane
Contrariamente alle opinioni di Unicredit e ICCREA, Poste Italiane non ritiene che l’operazione possa alterare in maniera significativa i mercati assicurativi dato che Generali rimarrebbe comunque il primo operatore a livello nazionale, seguito da Intesa Sanpaolo che già si colloca (quindi senza aver acquisito Ubi) come secondo operatore. Per quanto riguarda il proprio posizionamento Poste Italiane fa sapere che le dinamiche di produzione di Poste Vita non dovrebbero risentire dell’operazione.
Assicurazioni Generali
Che cosa ha detto il Leone? Generali ha evidenziato il rischio che l’operazione possa ridurre l’ambito di azione dei competitor per la dimensione e il posizionamento delle due entità coinvolte. Per quanto riguarda i rapporti con Intesa Sanpaolo e Ubi, Generali ha ricordato che nel 2009 ha stipulato un accordo a tempo indeterminato e «con facoltà di recesso per entrambe le Parti, per la distribuzione di prodotti assicurativi (garanzie per la copertura di beni strumentali oggetto di leasing) con la società Ubi Leasing».
Conclusioni dell’Antitrust
Per la produzione nei rami vita, solo sul ramo VI si raggiunge una quota di rilievo pari a circa il 30 e il 35%. In questo mercato quindi Intesa Sanpaolo continuerebbe a essere il terzo operatore, dopo Generali ed Unipol. «In merito alla produzione nei rami danni, la quota congiunta delle Parti appare sostanzialmente marginale nella quasi totalità dei rami, fatta eccezione per i rami II e VI, in cui l’entità post-merger diverrà il secondo operatore, dopo Generali e distanziando di poco Unipol, detenendo quote rispettivamente, del [20-25]% e del [10-15]%», chiosa l’Autorità. Per quanto riguarda i mercati distributivi solo in cinque aree provinciali (Rovigo, Varese, Pavia, Imperia e Macerata) la quota congiunta delle Parti, a seguito dell’operazione, supererebbe il 35% mentre in due province (Bergamo e Brescia) sarebbe superiore al 40%. «Infine, quanto ai mercati distributivi dei rami danni, in cui le quote delle Parti sono più contenute, la quota del 15% viene superata esclusivamente nella provincia di Treviso», conclude l’Antitrust.