L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha inflitto una sanzione amministrativa di 3,5 milioni di euro alle società Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A. per una pratica commerciale ingannevole, in violazione del Codice del Consumo. Le condotte contestate si sono protratte dal 22 aprile 2022 al 18 febbraio 2025.
DICHIARAZIONI ETICHE NON VERITIERE
L’Agcm ha riscontrato che le società hanno diffuso dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale che risultano non veritiere e fuorvianti, in quanto formulate in modo generico, impreciso e ambiguo. Queste affermazioni erano presenti nel Codice Etico aziendale e su canali ufficiali come il sito “Armani Values” e il portale principale “Armani.com”, che rimandava ai contenuti sul primo.
Sul sito “Armani Values”, per esempio, come riportato dal Garante, si legge che “GA cerca di promuovere lo sviluppo sociale, economico e occupazionale nel rispetto degli standard e dei diritti internazionalmente riconosciuti in materia di tutela dei diritti fondamentali, non discriminazione, tutela dell’infanzia, divieto di lavoro forzato, tutela dei diritti sindacali, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, orario di lavoro e retribuzione”.
Oppure “GA si aspetta che la selezione dei fornitori e dei collaboratori e gli acquisti di beni e servizi avvengano esclusivamente sulla base di parametri obiettivi di qualità, convenienza, prezzo, capacità, efficienza tali da permettere di impostare un rapporto fiduciario con detti soggetti, evitando accordi con fornitori di dubbia reputazione nel campo, ad esempio, del rispetto dell’ambiente, delle condizioni di lavoro e/o dei diritti umani”.
LA SOSTENIBILITÀ COME STRUMENTO DI MARKETING
Tuttavia, dall’attività istruttoria è emerso che le dichiarazioni sulla sostenibilità e sulla tutela dei diritti dei lavoratori sono state utilizzate come leve di marketing, mirate a rafforzare l’immagine del brand. In particolare, alcuni documenti interni acquisiti durante le ispezioni dimostrano l’intento esplicito di “aumentare la percezione positiva del marchio dal punto di vista della sostenibilità e, allo stesso tempo, indirizzare il consumatore verso acquisti consapevoli”.
L’Autorità ricorda poi che nel Bilancio di Sostenibilità 2022, il Gruppo Armani afferma, tra le altre cose, che “[l]’applicazione di modelli di produzione sempre più sostenibili è punto di riferimento imprescindibile nello sviluppo delle attività di monitoraggio e promozione della cultura ESG che il Gruppo porta avanti con i fornitori per la creazione di benefici reciproci e condivisi”.
ESTERNALIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE E VIOLAZIONI GRAVI
Ma nonostante le dichiarazioni sull’etica, gran parte della produzione di borse e accessori in pelle è stata esternalizzata a fornitori terzi, i quali si sono appoggiati a subfornitori. Proprio presso questi ultimi sono emerse gravi irregolarità: rimozione di dispositivi di sicurezza dai macchinari per aumentarne il rendimento, condizioni igienico-sanitarie precarie e impiego di manodopera irregolare, in alcuni casi completamente “in nero”.
Anche in questo caso, sempre nel Bilancio di Sostenibilità 2022, il Gruppo Armani afferma di interfacciarsi “con un bacino di fornitori consolidato nel tempo” e di aver promosso iniziative che “confermano l’impegno del Gruppo a operare costantemente per assicurare il rispetto dei diritti umani, sia internamente sia lungo l’intera catena di fornitura”.
DISALLINEAMENTO TRA IMMAGINE PUBBLICA E REALTÀ PRODUTTIVA
L’Autorità ha rilevato una forte discrepanza tra i valori dichiarati pubblicamente e le reali condizioni operative nelle catene produttive. In un’ispezione della Polizia Giudiziaria, un dipendente di G.A. Operations, addetto al controllo qualità, ha ammesso di recarsi regolarmente presso uno dei laboratori coinvolti, dimostrando la conoscenza diretta delle condizioni di lavoro.
DOCUMENTI INTERNI CONFERMANO LE CRITICITÀ
A ulteriore conferma delle violazioni, un documento interno di Giorgio Armani S.p.A., redatto nel 2024, descrive le condizioni dei laboratori come “al limite dell’accettabilità” e, in alcuni casi, “fortemente inadeguate e poco salubri”. Questo documento è stato redatto prima dell’apertura della procedura di amministrazione giudiziaria avviata su richiesta della Procura della Repubblica di Milano.
LE CONCLUSIONI DEL GARANTE
Le risultanze dell’indagine condotta dall’Agcm rivelano un quadro preoccupante, infatti, l’utilizzo di dichiarazioni etiche come strumento di marketing, a fronte di condizioni produttive che violano i principi dichiarati, rappresenta una grave pratica commerciale scorretta. La sanzione inflitta intende tutelare i consumatori e riaffermare il principio della correttezza e trasparenza nella comunicazione aziendale.
LA RISPOSTA DI ARMANI
Come riporta Il Post, “l’azienda Giorgio Armani ha comunicato di avere accolto “con amarezza e stupore” la decisione, rammaricandosi che non sia stata presa in sufficiente considerazione la revoca dell’amministrazione controllata dell’azienda disposta dal tribunale (di cui in realtà l’Agcm scrive che “la conclusione della procedura di amministrazione giudiziaria non può fornire indicazioni in merito alla sussistenza o meno di una pratica commerciale scorretta”), e annunciando un ricorso”.
L’azienda infatti fa sapere che “la decisione verrà impugnata davanti al TAR, nella certezza di aver sempre operato con la massima correttezza e trasparenza nei riguardi dei consumatori, del mercato e degli stakeholder, così come dimostrato dalla storia del Gruppo”.