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Perché Amazon, Facebook e Google vanno spacchettati. Parla Rustichelli (Antitrust)

Cosa ha detto il presidente dell’Autorità Antitrust, Roberto Rustichelli in un'intervista a Sky su Amazon, Facebook e Google 

Gli elefanti sono nella stanza. Alcune “Big Company” sono ormai talmente grandi che l’ipotesi di frazionamento non può più essere esclusa. Allo stesso modo nel Vecchio Continente esiste un problema di malsana concorrenza fiscale ormai ineludibile.

COLOSSI TECNOLOGIA METTONO A RISCHIO SISTEMA MONDIALE

I colossi della tecnologia “hanno raggiunto delle dimensioni tali, sia di fatturato che di capitalizzazione in borsa, da mettere in difficoltà l’intero sistema mondiale. C’è un problema serio e si sta discutendo di break up, cioè di frazionamento”, ha ricordato il presidente dell’Autorità Antitrust, Roberto Rustichelli in un’intervista a Sky.

IMPRESE EUROPEE PIU’ CONCORRENZIALI?

Per il numero uno del Garante per la Concorrenza, negli Stati Uniti, sia tra i democratici sia tra i repubblicani, c’è consenso nel mantenere un atteggiamento severo. “In correlato a questo c’è ovviamente il tema della dimensione del mercato rilevante ai fini delle concentrazioni”, ha aggiunto, “In Europa si discute se il contesto debba essere solo quello europeo o si debbano mettere in condizioni le imprese europee di essere più concorrenziali con queste enormi società per fatturato e per capitalizzazione”.

POSIZIONE DOMINANTE GIA’ ESISTENTE

Già nella relazione annuale dell’Autorithy, lo scorso luglio, Rustichelli non aveva eluso il problema dei colossi della Silicon Valley. “La presenza sui mercati globali delle cosiddette Big Tech (Amazon , Google, Faceboook e Apple ) e, in misura minore, delle cosiddetta Fin Tech (operatori non bancari attivi nell’intermediazione attraverso piattaforme digitali), se non opportunamente vigilata, rischia di portare all’eccessivo consolidamento di posizioni dominanti già esistenti”, scriveva nel suo intervento. “La cristallizzazione degli assetti di mercato, a sua volta, riduce in modo sensibile o annulla le possibilità di accesso di nuovi operatori nei vari (e sempre più numerosi)”, aveva spiegato il presidente Antitrust.

LA QUESTIONE DEI PARADISI FISCALI

Ed è sempre in Europa che va affrontato anche il nodo dei paradisi fiscali interni. “L’Europa in questi decenni ha consentito un benessere economico enorme agli europei proprio tutelando la concorrenza. Questo è un tema distorsivo che, soprattutto nelle classi meno abbienti, può creare una particolare avversione nei confronti del modello europeo. Se una multinazionale paga meno della metà delle tasse di un proprio operaio o impiegato crea una situazione di aperta conflittualità e l’operaio e l’impiegato non se la prenderanno con la propria company ma con il modello europeo”. D’altronde come raccontato da MF-Milano Finanza lo scorso 14 settembre sono già 7mila le aziende italiane che hanno lasciato la penisola attratte da regimi fiscali spesso sleali.

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