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Amazon Esselunga

Perché Amazon vuole cuccarsi Esselunga

L’interesse su Esselunga da parte di Amazon, se dovesse essere confermato, risponde ad alcune priorità fondamentali. Ecco quali. L'approfondimento di Mario Sassi

 

Nella Grande Distribuzione i motori del cambiamento e della riorganizzazione sono accesi da tempo. Dopo l’operazione Auchan portata a termine da Conad, Couche Tard ha messo gli occhi sull’intera Carrefour pur scontando il disappunto del Governo francese. Non è però finita qui.

Lo stesso CEO di Esselunga Sami Kahale in una recente intervista si è detto convinto che le acquisizioni nel comparto subiranno una accelerazione nel 2021 e oltre. Il lancio della notizia di un interesse di Amazon, subito smentita dalla società italiana, potrebbe aprire nuovi scenari per l’intero settore e provocare comunque interessanti accelerazione dei cambiamenti in atto.

Se osserviamo la questione dal punto di vista dell’azienda di Seattle credo che sia innegabile che dovrà fare, prima o poi, le sue scelte sulla GDO anche in Europa. Per ora si è limitata a diverse partnership con distributori nazionali o locali senza mettere le vere carte sul tavolo. Negli USA l’operazione Whole Foods, pur scontando una serie di difficoltà di integrazione, ha confermato le traiettorie di business.

Amazon Fresh, tra le altre cose, deve ancora affrontare e risolvere i due motivi che impediscono ai diversi player in USA ma anche da noi di raggiungere una sostanziale redditività. La mancanza di densità e di domanda nonostante l’exploit del lockdown. L’aumento della copertura geografica non significa necessariamente un aumento consolidato dei clienti e quindi una vera crescita delle vendite.

Solo un diverso approccio che riesca a combinare in modo nuovo i tre formati (negozi fisici, e-commerce, e ritiro della spesa) creando un’esperienza che al momento non esiste ancora potrà essere la soluzione a cui, credo, Amazon stia puntando con decisione. Ha bisogno di spazio, di posizioni più strategiche, di clienti già fidelizzati da soddisfare attraverso il suo vantaggio tecnologico, l’offerta di milioni di prodotti e, infine, di acquisire know how specifico.

In futuro la dimensione del negozio fisico non sarà fondamentale come lo è oggi. Il cliente potrà comunque trovare in un qualsiasi punto vendita tutto quello che sta cercando. Nel negozio fisico, quello che non è disponibile sui lineari, potrà essere visionato sul posto tramite ciò che la tecnologia già oggi mette a disposizione, valutato nella sua convenienza, ordinato e consegnato prima dell’uscita dal negozio stesso o direttamente a casa, non costringendo quindi il cliente a recarsi presso un’altra insegna. In questo modo i negozi, anche di prossimità, potranno diventare dei center store trasformandosi di fatto in punti vendita multiformato. Il vecchio claim di Standa (“Alla Standa c’è di tutto”) grazie alla tecnologia potrebbe ritornare di grande attualità.

Un punto vendita dove si può trovare qualsiasi cosa al prezzo più conveniente del mercato. La velocità del sistema, a quel punto completamente automatizzato, consentirebbe al cliente che non ha ancora finito di acquistare gli articoli per cui era entrato nel negozio, di visionare l’intera gamma di offerta di Amazon, gli sconti personalizzati e così gli articoli eventualmente ordinati dal magazzino potranno essere evasi e pronti per il cliente prima che abbia finito il suo giro.

Ogni negozio quindi potrebbe gestire contemporaneamente tre diversi modelli di business con livelli di complessità tecnologici, della catena di approvvigionamento e di logistica generale estremamente elevati. Investimenti certamente non alla portata di tutti che porterebbero però ad un aumento delle vendite al metro quadro di sicuro interesse per l’insegna. Senza dimenticare che i clienti avrebbero la possibilità di utilizzare pareti virtuali, consulenze personalizzate o app create ad hoc per ordinare tutto quello che vogliono ben oltre a ciò che il negozio può offrire sui suoi banchi.

Certo oggi tutto questo può sembrare fantascienza o materia da convegni. La GDO italiana è ancora un piccolo e rissoso cortile che fatica a guardare oltre l’orizzonte quotidiano. I pochi che lo fanno si fermano quasi subito dopo gli annunci di cambiamento. Ci sono poi le piccole catene regionali o locali che combattono corpo a corpo nel loro territorio, i franchisee su cui scaricare costi e i lavoratori disponibili ad accettarne le conseguenze. Ma non sarà così all’infinito. La guerra sui costi (soprattutto quello del lavoro) che ha caratterizzato i rinnovi degli ultimi tre CCNL presto sarà ai titoli di coda. Così come alcune scontistiche stellari quando danneggiano pesantemente altri soggetti della filiera. Pochi però saranno in grado di reggere gli investimenti necessari. Ci sarà spazio per tutti, grandi e piccole catene ma chi vuole crescere e competere a livello nazionale si deve porre il problema della dimensione.

L’interesse da parte di Amazon, se dovesse essere confermato, risponde ad alcune priorità fondamentali. Esselunga ha un brand unico nel nostro Paese. Ha punti vendita importanti che possono essere rilanciati anche nella logica di cui sopra senza ricorrere al puro ridimensionamento delle grandi superfici. Per diversi anni (ma non per sempre) è ancora irraggiungibile dalla concorrenza. Ha un ottimo management operativo di linea e di punto vendita, è concentrata sostanzialmente in poche regioni e ultimo ma non ultimo non ha particolari problemi sindacali. E poi Amazon da una piattaforma di questo livello potrebbe guardare al mondo.

I vertici dell’azienda italiana hanno però puntualizzato in modo inequivocabile che Esselunga non è in vendita. E quindi il discorso si potrebbe chiudere qui. Ma la stessa azienda di Pioltello alle porte di Milano dovrà pur decidere cosa fare nel proprio futuro. Fuori dalla sua tradizionale confort zone ci sono competitor agguerriti. Esselunga non implementa da tempo novità che le possano garantire il vantaggio competitivo conquistato in passato e la “Esse” pur interessante non ne rappresenta certo una prospettiva sufficiente. Semmai sono un contorno utile soprattutto nelle grandi città. Ma il business, quello vero, è un altro.

E quindi, prima o poi arriverà questa o un’altra multinazionale che ha visione e mezzi finanziari in grado di fare alla proprietà un’offerta decisiva rendendo inutili i cori da stadio sulla difesa dell’italianità.

Ci sarebbe però anche un’altra strada.

Esselunga, Conad, Coop solo per citarne alcune potrebbero da co-protagoniste all’interno di un progetto di filiera insieme ad altre insegne, all’industria alimentare e del comparto agricolo guardare ad un mercato più ampio, all’esportazione in grande stile del Made in Italy che premi la nostra agricoltura e le nostre imprese e la capacità di insediamento e di proposta della nostra GDO..

Peccato che la Politica, quando serve su temi strategici, rischia di guardare sempre altrove. Certo è un sogno forse irrealizzabile ma potrebbe rappresentare un altro approccio utile per affrontare i processi di internazionalizzazione del comparto agroalimentare nazionale cercando di mettere insieme le migliori professionalità dentro un progetto di grande respiro.

Facile a dirsi, difficile da realizzare. Se così non potrà essere forse meglio lasciare che il destino, qui come altrove, si compia. Che comunque, per l’azienda in questione, a mio modesto parere, si caratterizzerebbe come un gran bel destino.

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