Ancora stazionario nelle parti basse della classifica con i suoi 138 punti vendita in sei regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna) per essersi presi il tempo necessario per capire meglio il nostro mercato e forse commettendo qualche errore di assortimento e di location, l’inventore del discount tedesco sta preparandosi ad una crescita in grande stile nel nostro Paese.
Per ora Aldi “succhia la ruota” a Lidl copiandone, in parte, il modello. Philip Demeulemeester, CEO di Aldi in Francia, accusato di copiare il concorrente, ha ironicamente sottolineato che c’è una sostanziale differenza tra i due discount. “Lidl ha il colore giallo nel logo mentre Aldi non ce l’ha”.
L’insegna tedesca ha fretta e vuole sfruttare ogni opportunità di crescita. Personalmente non credo punterà ad un esclusivo sviluppo interno. Probabilmente sta valutando se è il momento giusto per acquisire una delle principali insegne già presenti sul nostro mercato. Come ha fatto in Francia con l’acquisizione di Leader Price mettendo sul piatto 683 milioni di euro a Casino per acquistare 547 negozi. Con 1.400 negozi in Francia Aldi può ora insidiare Lidl, con i suoi 1.631 punti vendita.
I discount d’altra parte sono in grande spolvero. Non solo in Italia. E non solo nel food. Costi, inflazione, evoluzione dei modelli di consumo spingono in quella direzione. Durante la pandemia i riflettori erano puntati sull’online. L’accelerazione, favorita dal contesto, pur molto forte ha ripreso un ritmo di crescita meno aggressivo. Sono contemporaneamente esplose insegne che garantiscono consegne ultrarapide. Non tutte sopravvivranno ma tutte devono trovare il modo di allineare i loro conti oggi non particolarmente brillanti. Altra cosa è suonare già le campane a morto. Nel mondo delle start up della consegna il 2022 non assomiglia per niente al 2021. Lo scorso anno la raccolta fondi in questo settore aveva raggiunto livelli record (oltre 120 miliardi in Europa), nel 2022 il capitale di rischio è in netto rallentamento (circa il 20% in meno rispetto all’ultimo trimestre del 2021). Da qui i segnali di ridimensionamento organizzativo in atto.
Il quick commerce, i discount e l’aumento dei PDV di vicinato segnalano comunque che, per una fetta di consumatori, tempi e luoghi da dedicare a certi tipi di acquisto sono destinati a cambiare. L’altra cosa interessante è che cresce la fiducia nell’insegna. Lo prova l’aumento della Marca del Distributore. Evoluzioni ovviamente compatibili con l’insieme del comparto tradizionale che segue le proprie traiettorie adattandosi ai cambiamenti ma che costringerà un po’ tutti a riscrivere buona parte delle regole del gioco. Pandemia e guerra, tra l’altro, ci hanno mostrato e ci mostrano possibili accelerazioni e altrettanti rischi di decelerazioni improvvise.
La pandemia, modificando (seppure momentaneamente) la tipologia dei consumi ha spinto verso nuove modalità di acquisto. La guerra, se si protrarrà nel tempo, inciderà su quantità dei consumi e qualità degli stessi. Modalità e luoghi (virtuali o fisici) vengono così influenzati dal contesto più rapidamente e in profondità rispetto al passato ponendo problemi di tenuta e di prospettiva ad un comparto non sufficientemente strutturato, sul piano manageriale, per guardare lontano.
Ed è anche per questo che, salvo qualche caso di capacità di adattamento locale, solo le multinazionali più performanti o le grandi imprese nazionali possono investire e dotarsi di strategie efficaci anziché limitarsi alle tattiche tradizionali di crescita o di tenuta dei fatturati (aprire nuovi PDV e politiche commerciali e di marketing tutto sommato sempre uguali a sé stesse) o copiando i concorrenti. Aggiungo che fatico a comprendere come gli stessi discount italiani potranno tenere botta sul lungo periodo. Continueranno certo a crescere seguendo lo stesso schema che ha visto crescere la GDO nel nostro Paese ma le risorse da destinare alla crescita non sono minimamente paragonabili a quelle che potranno mobilitare i discounter tedeschi e non solo.
Ma quale potrebbe essere l’obiettivo strategico delle grandi catene di discount? A cominciare dalle città più grandi per poi confermarsi sul resto del territorio, offrire un punto vendita a meno di 15 minuti dalla casa di ogni consumatore. Una sorta di quick commerce offline. Qualcuno potrebbe pensare che sia un’esagerazione. Un sogno destinato a restare tale. Vedremo.
Pur sorgendo come funghi i “sotto casa” attuali nel nostro Paese o come vengono diversamente declinati in lingua inglese, hanno un limite. Le politiche di prezzo e gli assortimenti non sempre azzeccati. I discount hanno un’altra strategia di prezzo, una diversa politica commerciale e una struttura organizzativa leggera. Sarà un bel match.
Molti scenari ipotizzati, in grande spolvero durante la pandemia, potrebbero cambiare in relazione alla durata del conflitto in Ucraina e le sue inevitabili conseguenze economiche anche sul nostro Paese. Ad esempio il quick commerce potrebbe rallentare così come potrebbero continuare a crescere e diffondersi piccoli imprenditori nordafricani nell’ortofrutta che nelle città presidiano a prezzi bassi mercati ambulanti e piccoli negozi specializzati non certo caratterizzati da un’estetica accattivante o da una trasparenza nella gestione. E l’ortofrutta resta il vero tallone di Achille della GDO.
La competizione a cui assisteremo anche da noi vedrà impegnati innanzitutto i due leader: ALDI e LIDL. In Francia, il marchio fondato dai fratelli Albrecht ha ora più negozi a Parigi della rivale Lidl (19 vs 18). A riprova della sua fulminea progressione: ALDI, all’inizio del 2021 aveva un solo punto vendita nella capitale francese.
A dicembre, poco prima di fine anno, LIDL ha commercializzato sempre in Francia una linea di profumi che ricordano fragranze famose, a meno di 6 euro. Il canale tedesco continua ad interpretare, innovandolo, il concetto di Marca del Distributore. Si muove a tutto campo in un comparto conservatore e lento come quello della GDO. Contemporaneamente punta verso un consumo più ragionato ed eco-responsabile vedi ad esempio il recente lancio di gelati con contenuti di cacao certificato con il fine di promuovere migliori condizioni di lavoro e la salvaguardia del pianeta. Il marketing punta ad attrarre clienti attenti non solo al prezzo e alla composizione dei prodotti ma anche interessati agli impegni sociali e ambientali del marchio stesso.
La GDO si è affermata riuscendo a trasmettere ai boomer, fin da subito, che quantità e varietà dei consumi erano importanti e che era il carrello (e quindi il frigorifero) pieno, a fare anche la differenza sociale. Da qui i grandi formati e le scelte infinite tra sconti e volantini tutti uguali con “offerte imperdibili”. I discount, una volta toltasi l’etichetta del luogo frequentato dai consumatori meno abbienti hanno intercettato il cambio di fase meglio di altri formati puntando sulla convenienza e sulla sobrietà del consumo come scelta intelligente. Adesso puntano decisi sulla generazione Z e su quelle successive. Meno abitudinarie e fedeli e meno legate al vecchio modello consumistico quindi più inclini a cambiare e sperimentare prodotti garantiti dall’insegna stessa. Un trend visibile quasi ovunque in Europa.
In Italia la quota di mercato dei discount è passata, dal 2007 al 2021 dal 9,5% al 21,7%. In Germania è del 40%. In Sicilia, pur non facendo testo a livello nazionale, i discount sono già al 35%. C’è quindi spazio per crescere ancora.
Per una parte della Grande Distribuzione è come se fosse suonata la campana dell’ultimo giro. La consapevolezza che occorra dotarsi di una strategia diversa rispetto al passato sembra emergere nei convegni e nelle dichiarazioni sul futuro del settore. Purtroppo tende a svanire quando si deve mettere mano al portafoglio. Però quel “nulla sarà più come prima” suona come un sinistro avviso per tutti.