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Usa Ue

Tutti gli scazzi fra Usa e Ue sul prestito alla Tunisia

L'Italia vorrebbe evitare il default della Tunisia, che potrebbe aggravare la questione migratoria. Ma il presidente Saied non vuole accettare il prestito dell'Fmi perché contrario alle riforme, spinte dagli Stati Uniti. Tutti i dettagli

 

“Dobbiamo aiutare la Tunisia con finanziamenti da parte di Fmi e Banca mondiale, dando almeno i primi aiuti in attesa delle riforme e di una verifica dei passi avanti”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani al Corriere della Sera. “Ormai è un cane che si morde la coda, l’emergenza finanziaria alimenta quella dei migranti”.

LO STALLO SUL PRESTITO TRA FMI E TUNISIA

La Tunisia è il principale paese di partenza dei migranti (originari però della Costa d’Avorio e della Guinea, per la maggior parte) che arrivano in Italia. Il governo di Giorgia Meloni teme che la grave crisi economica tunisina, che potrebbe andare in default nel giro di sei o nove mesi, alimenti ulteriormente questi flussi.

Per impedire dunque il collasso tunisino, e di conseguenza l’aggravamento della questione migratoria nel Mediterraneo, l’Italia sta cercando di convincere il Fondo monetario internazionale a concedere al paese un prestito da 1,9 miliardi di dollari. C’è un problema, però: in cambio del finanziamento, il Fondo vuole che la Tunisia realizzi una serie di riforme, ma né la presidenza né le opposizioni sembrano essere particolarmente disposte a impegnarsi in questo senso.

IL RUOLO DEGLI STATI UNITI

A fare pressioni sulla Tunisia affinché si impegni nelle riforme sono soprattutto gli Stati Uniti, che non considerano il presidente Kais Saied un interlocutore affidabile: dal luglio 2021, infatti, Saied ha accentrato molto potere nelle sue mani, scavalcando il parlamento e governando a colpi di decreto.

Come ricostruisce Reuters, Saied non ha mai sostenuto pubblicamente un accordo con il Fondo monetario internazionale. L’organizzazione teme perciò che il presidente possa annullare le riforme una volta ottenuto il prestito, oppure addossarle la colpa per la difficile situazione economica. Saied sta già accusando (senza prove) i migranti dell’Africa subsahariana che arrivano in Tunisia di essere parte di un piano di sostituzione etnica; dall’inizio del 2023, poi, sono stati arrestanti venti dissidenti politici.

LE PAROLE DI TAJANI…

“Sugli americani”, ha dichiarato Tajani al Corriere, “posso solo dire che stiamo parlando con tutti, noi sosteniamo una soluzione di compromesso: dare un primo sostegno, perché i tunisini sostengono che senza soldi non possono fare le riforme. Se poi non intervengono la Ue o il Fmi, e intervengono la Cina o la Russia, come la mettiamo?”.

… QUELLE DI BLINKEN…

Come riportato dall’emittente emiratina Al Arabiya, il segretario di stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha detto che le autorità tunisine hanno urgente bisogno di raggiungere un accordo sul prestito con il Fondo monetario internazionale: “La cosa più importante che possono fare dal punto di vista economico è raggiungere un accordo con l’FMI. Li incoraggeremmo caldamente a farlo, perché l’economia rischia di cadere nel baratro”.

Nel contempo, tuttavia, Blinken ha ribadito le preoccupazioni degli Stati Uniti sulla svolta autoritaria portata avanti da Saied in Tunisia.

… E QUELLE DI BORRELL

“Non possiamo chiudere i nostri occhi davanti a quello che sta accadendo in Tunisia”, ha dichiarato recentemente Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, durante un incontro con i ministri degli Esteri del blocco.

“La Tunisia, in quanto vicina, è ovviamente una partner” dei paesi europei. “E ciò che accade in Tunisia ha un impatto immediato su di noi, non solo perché aumenta i flussi migratori, ma perché crea più instabilità e insicurezza nella regione. Per noi è imperativo prevenire il collasso economico e sociale del paese e sostenere il popolo tunisino”.

Anche Borrell ha invitato Tunisi a rispettare lo stato di diritto e a impegnarsi in “importanti riforme strutturali” per sbloccare il prestito del Fondo monetario internazionale. “Il presidente tunisino deve firmarlo, è essenziale”.

COSA PENSA SAIED

Nonostante gli inviti di Blinken e Borrell, e nonostante la crisi, Saied è riluttante a impegnarsi con il Fondo monetario internazionale perché non vuole realizzare delle riforme – ad esempio la rimozione dei sussidi sui beni di consumo di base – che potrebbero rivelarsi molto impopolari. La sua retorica, poi, insiste parecchio sulla difesa della “sovranità nazionale” dai “diktat stranieri”.

L’OFFERTA DELLA FRANCIA

Non solo l’Italia, ma anche la Francia sta lavorando per favorire il raggiungimento di un accordo tra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale. Parigi si è infatti detta pronta a contribuire alla copertura del fabbisogno finanziario tunisino per il 2023 e il 2024, a patto che il paese si impegni nelle riforme: “siamo convinti che non esista un piano B”, ha dichiarato l’ambasciatore francese a Tunisi André Parant.

Nello specifico, la Francia potrebbe inviare alla Tunisia 250 milioni di euro per aiutarla a colmare il deficit di bilancio e ha detto di volersi impegnarsi per raccogliere altri fondi a livello internazionale. Nel 2022 le aziende francesi hanno investito 187 milioni di euro in Tunisia, rendendo la Francia la principale fonte di investimenti diretti esteri nel paese.

L’Italia sta invece valutando un finanziamento da 110 milioni di euro alle piccole e medie imprese tunisine attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

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