Trimestre da record per Airbus, ma con una frenata sul fronte produttivo.
Il colosso europeo dell’aerospazio ha rivisto al ribasso l’obiettivo di produzione del suo jet di linea più piccolo, l’A220, pur registrando risultati economici superiori alle previsioni. In particolare, l’unità difesa di Airbus ha registrato ricavi migliori del previsto nel terzo trimestre, sostenuti dall’aumento della spesa europea in un contesto di crescenti turbolenze geopolitiche, sottolinea il Financial Times. La scorsa settimana la società ha annunciato insieme a Leonardo e Thales la sigla di un’intesa per una nuova società comune per unire le rispettive attività nei sistemi spaziali, satelliti e servizi, sul modello Mbda, in grado di competere meglio con SpaceX di Elon Musk.
E sul fronte della difesa,il ceo del gruppo Guillaume Faury alza la voce sul programma franco-tedesco Fcas per il caccia di sesta generazione.
Tutti i dettagli.
I CONTI IN POSITIVO DI AIRBUS
L’utile operativo rettificato è salito del 38% nel terzo trimestre, raggiungendo 1,94 miliardi di euro contro le attese di 1,76 miliardi, mentre i ricavi sono aumentati del 14% a 17,83 miliardi, leggermente superiore ai 17,5 miliardi di euro previsti dagli analisti, secondo i dati raccolti da Bloomberg.
CHE SUCCEDE ALL’A220
Airbus punta ora a portare la produzione dell’A220, l’aereo acquisito da Bombardier nel 2018, a 12 jet al mese nel 2026, rispetto al precedente target di 14. “Non ridurremo il ritmo finale, ma nel 2026 puntiamo a 12 invece di 14 al mese”, ha dichiarato l’ad Guillaume Faury, lasciando però incerto il calendario per il raggiungimento del ritmo massimo. La riduzione è dovuta a un mix di problemi nella catena di fornitura e alle compagnie aeree che attendono la nuova generazione di motori.
Come ricorda Reuters, Airbus aveva indicato che il programma A220 avrebbe raggiunto il break-even solo con un ritmo di produzione pari a 14 velivoli al mese. Oggi la linea lavora a circa 7-8 unità al mese.
COME PROCEDONO LE CONSEGNE
Allo stesso tempo, il costruttore di aerei europeo ha dichiarato di aver consegnato 507 velivoli commerciali nei primi nove mesi dell’anno, trovandosi quindi costretto a consegnarne i restanti 313 nel quarto trimestre per raggiungere il suo obiettivo annuale di “circa 820 consegne”. Lo scorso anno, Airbus ha consegnato 766 aeromobili, raggiungendo un obiettivo che era stato costretto a ridurre a metà periodo. Il record aziendale di 863 unità è stato stabilito nel 2019, prima che la pandemia decimasse l’industria aeronautica, ricorda ancora Bloomberg.
Dall’altra parte dell’Atlantico, il rivale americano Boeing ha consegnato 440 aerei nei primi nove mesi del 2025, contro i 291 dello stesso periodo del 2024.
LE DIFFICOLTÀ NELLA SUPPLY CHAIN
Nel frattempo, Airbus continua a scontare le difficoltà dei fornitori di motori. Faury ha spiegato che restano 32 aerei già assemblati ma in attesa dei propulsori, sebbene il dato sia migliorato rispetto al picco di 60 dello scorso anno.
La carenza di motori, dovuta ai colli di bottiglia nelle catene di fornitura e alla concorrenza delle officine di manutenzione, rallenta la capacità produttiva complessiva del gruppo. Le previsioni per il programma di punta A320neo restano intatte: 75 aerei al mese entro il 2027 (contro i circa 60 attuali del settore).
LE TENSIONI SUL FRONTE FCAS CON DASSAULT
Nel settore difesa, il numero uno di Airbus ha mandato un segnale netto alla controparte francese Dassault Aviation, partner nel programma franco-tedesco-spagnolo Fcas (Future Combat Air System) per il caccia di sesta generazione.
Faury ha ribadito che Airbus – che rappresenta Germania e Spagna – resta impegnata nel progetto, ma ha ammonito che Dassault “è libera di andarsene” se non accetta la suddivisione dei compiti concordata. Dassault, da parte sua, chiede una leadership più chiara e rivendica la gestione esclusiva del caccia principale, lasciando ad Airbus la responsabilità per la componente senza pilota del sistema. Un confronto che riaccende le tensioni nel progetto di difesa europeo guidato da Parigi e Berlino.
Senza dimenticare che la crisi istituzionale scoppiata a fine settembre in Francia ha aggravato una situazione già fragile. Politico aveva rivelato il mese scorso che la Germania sta cercando altri partner come la Svezia o il Regno Unito nel caso in cui la continua cooperazione nel programma di difesa con Parigi sul Fcas si rivelasse impraticabile.






