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Reddito Minimo

Tutti i papocchi a 5 stelle sul Reddito di cittadinanza

Che non va nel Reddito di cittadinanza. L'analisi di Natale Forlani, già ai vertici della Cisl e coautore del Libro Bianco di Marco Biagi

I dati relativi al monitoraggio delle prestazioni erogate per il Reddito di cittadinanza alla data dell’8 ottobre 2019, comunicati dall’Inps, rappresentano l’occasione di fare qualche riflessione sull’evoluzione di un provvedimento che, a distanza di 6 mesi dal suo avviamento, sembrerebbe aver raggiunto il livello potenziale della sua massima espansione in termini di coinvolgimento delle persone e dei nuclei familiari.

Rispetto al precedente comunicato Inps del 4 settembre 2019, l’incremento delle domande è stato di 40 mila unità, raggiungendo la soglia degli 1,5 milioni di pratiche, tra le quali 982 mila sono state accolte, 415 mila respinte e 126 mila in corso di verifica. Le statistiche generali relative alla distribuzione territoriale delle istanze presentate e alla cittadinanza dei richiedenti non subiscono significative variazioni. Le regioni del Sud e le Isole si confermano quelle maggiormente coinvolte nel programma con il 56% delle istanze presentate, con la Campania e la Sicilia in testa alla classifica delle regioni rispettivamente con il 19% e il 17% del totale. Il 90% di questi nuclei riguarda cittadini italiani, il 6% i cittadini extracomunitari e il 3% quelli europei.

Preoccupante la crescita ulteriore delle domande respinte, un terzo sul totale delle pervenute, se si tiene conto del superamento della fase di rodaggio e dei chiarimenti intervenuti sulle modalità di presentazione, e del fatto che l’Inps, in assenza di banche dati consolidate sui redditi e sui patrimoni, ha effettuato gli accertamenti preventivi sui requisiti dei richiedenti sulla base di autocertificazioni rilasciate dagli stessi. L’importo medio erogato per ogni nucleo familiare, si conferma sui 482 euro per il reddito di cittadinanza e in 212 euro per le pensioni di cittadinanza.

I livelli di improvvisazione che hanno fatto da cornice all’avvio del programma, per il fine di accelerare l’erogazione dei sussidi in vista delle elezioni europee, rischiano di produrre effetti durevoli sulla qualità e sull’efficacia degli interventi. I ritardi nella predisposizione delle banche dati funzionali agli accertamenti preventivi dei requisiti si rifletteranno sull’esigenza di moltiplicare le attività ispettive, e i potenziali contenziosi, a valle delle prestazioni erogate. E i primi segnali provenienti dalla Guardia di finanza, che evidenziano un elevato livello di soggetti non aventi diritto intercettati nei controlli a campione, tendono purtroppo a confermare l’allarme.

Com’era facilmente prevedibile, il programma relativo alla messa a regime dei servizi per l’impiego e alla presa in carico della quota dei percettori destinati alle iniziative per l’inserimento lavorativo ha richiesto tempi di attuazione che nella migliore delle ipotesi investiranno tutto il primo ciclo dei 18 mesi previsti per l’usufrutto del sussidio. In buona sostanza è praticamente impossibile che un nucleo rilevante degli 800 mila disoccupati, stimati per l’avviamento lavorativo, possa ricevere nel frattempo proposte di lavoro aventi la caratteristica del tempo indeterminato e sopra la soglia degli 858 euro mensili, sulla base delle assurde previsioni contenute nella legge costitutiva.

(estratto di un articolo pubblicato su Sussidiario.net; qui l’articolo integrale)

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