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Report, le università telematiche e la figuraccia del ministro Zangrillo

Che cosa ha fatto e cosa dice il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo (Forza Italia) sul rapporto con le università telematiche

C’è un caso Zangrillo nel dossier fra università telematiche e pubblica amministrazione.

Anche la trasmissione d’inchiesta della Rai, Report, nelle ultime ore si è concentrata sui presunti favoritismi che il governo Meloni starebbe concedendo alle università telematiche, sulla scorta di quanto già detto da Start Magazine nei mesi scorsi, che da tempo segue la vicenda.

Ed esattamente come ricostruito da Start, anche Report nella trasmissione andata in onda il 28 aprile ha appurato la discordanza tutta interna al centrodestra che la scorsa estate procurò non poche tensioni in seno a Forza Italia.

È interessante notare che il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo (nella foto, a destra, con Fabio Vaccarono, amministratore delegato del gruppo Multiversity che ha la proprietà degli atenei digitali Pegaso, Mercatorum e San Raffaele), che ha promosso gli atenei telematici a stretti collaboratori dello Stato per iniziative che riguardano la formazione dei dipendenti pubblici a partire dell’iniziativa Pa 110 e lode continui però a non volersi assumere la responsabilità politica dell’atto. Ma andiamo con ordine.

PA 110 E LODE, COSA AVEVA STATUITO BRUNETTA

Come detto, l’oggetto del contendere è “Pa 110 e lode”, vale a dire il programma avviato sull’onda d’entusiasmo del Pnrr e sull’esigenza di aggiornare le competenze degli statali frutto di un protocollo d’intesa firmato il 7 ottobre 2021 (governo Draghi) tra l’allora ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, per consentire a tutti i dipendenti pubblici  di usufruire di un incentivo per l’accesso all’istruzione terziaria: corsi di laurea, corsi di specializzazione e master.

Brunetta all’epoca non volle sentir ragioni, escludendo dalla collaborazione le università telematiche. Del resto sugli atenei digitali gravano i giudizi ben poco lusinghieri della Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) che nell’ultimo report sottolineava come nel 2022 mentre il rapporto tra studenti e docenti nelle università tradizionali era 28,5, con una diminuzione di 1,5 rispetto a dieci anni prima, per quelle telematiche fosse di 384,8 studenti per un solo professore.

Brunetta all’epoca ignorò la documentazione inviata dall’università Niccolò Cusano, di proprietà dell’attuale sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, che voleva sapere come aderire al bando appena promosso dal governo. Gli atenei digitali, però, ritennero il silenzio del forzista discriminatorio e s’appellarono al Tar per poter essere considerate.

Con l’avvicendarsi dei governi Draghi e Meloni e il conseguente cambio di ministri un altro forzista è andato al dicastero della Pubblica amministrazione e uno dei primi atti è stato quello di aprire le collaborazioni tra pubblica amministrazione e università anche a quelle telematiche: è Paolo Zangrillo la cui mossa, secondo la ricostruzione di Start, procurò non pochi mal di pancia non solo a Brunetta che aveva voluto chiuderle fuori, ma pure a un’altra collega di partito finita a presiedere il ministero delle Università: Anna Maria Bernini.

COME MAI ZANGRILLO ACCOGLIE LE UNIVERSITÀ TELEMATICHE?

Ma come motiva Zangrillo la sua decisione di accogliere gli atenei digitali, prima esclusi? Si arriva così alla trasmissione di Report di ieri sera. Ai microfoni dei colleghi di Rai3 Zangrillo ha detto: “C’era una sentenza che ci richiamava sulla necessità di considerare le università telematiche come le altre e non fare figli figliastri”.

E al giornalista che lo incalzava ha replicato: “Mi sono preoccupato di rispondere a una indicazione che c’è stata data in modo preciso da una sentenza”, rifiutando di definire quella firma un atto politico.

COSA HA DETTO IL TAR

Il Tar però nell’accogliere il ricorso si limitava a chiedere al dicastero competente di “palesare, mediante un apposito provvedimento, l’intenzione, o meno, di dare attuazione al protocollo”. Difficile equivocare i giudici amministrativi, dato che l’inciso accanto a intenzione riporta quell’o meno: il testo del Tar insomma specifica che i magistrati non stanno entrando nel merito della decisione, limitandosi a richiamare il ministero al suo dovere di risposta, che potrà essere accoglimento o rifiuto.

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Insomma, delle due l’una: o Zangrillo non ha capito cosa hanno scritto i giudici o usa pretestuosamente quella sentenza per nascondere il proprio atto politico.

LA STESSA SCUSA USATA UN ANNO FA

Peraltro, non è la prima volta che Zangrillo chiama in causa il Tar per non ammettere che la decisione di aprire alle università telematiche sia stata sua. Lo spiega un articolo del 14 agosto del 2023 della testata Domani: “Per motivare questo passaggio, il ministro ha sostenuto – in una lettera inviata a questo quotidiano – di essersi adeguato a una sentenza del Tar del Lazio. Un atto dovuto, insomma”.

Ma la versione è stata smentita mesi fa dalla senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent che alla medesima testata aveva detto: “Da amministrativista ho letto la sentenza. Condanna l’assenza di riscontri, ma non impone di accettare, a prescindere, la domanda di ammissione al protocollo”. Per questo, aveva concluso la parlamentare renziana, “quella di Zangrillo è una decisione politica, legittima, ma non suffragata dal Tar come invece ripete in maniera anche veemente”.

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