Tutti matti per lo sharing, che sarà alla base dell’economia del futuro destinata a superare il concetto di “proprietà privata”. Anzi no, la sharing economy alla fine non sembra andare poi così bene. Nemmeno nei Comuni più green e illuminati come Milano, che pure hanno abbracciato startup e aziende del settore, favorendo negli anni la diffusione incontrollata e criticata di monopattini ed ebike la cui circolazione è stata normata/frenata con grande ritardo dalle novelle del Codice della Strada. La notizia, che in altri momenti probabilmente non avrebbe avuto la medesima eco, è che Zity, società attiva nel car sharing nata nel 2017 a Madrid come joint venture tra la società spagnola di infrastrutture Ferrovial e Mobilize, brand del gruppo Renault, sgommerà a giorni lontana dal capoluogo lombardo.
ZITY LASCIA MILANO
Nelle ultime ore sul sito della compagnia è stata pubblicata infatti una nota dal titolo eloquente: “💔 Dobbiamo dirci arrivederci”. Zity, arrivata a Milano nel 2022 (la pandemia peraltro aveva assestato un duro colpo al comparto, non solo coi lockdown ma anche per via delle regole igieniche ripetute continuamente dal governo come pure dai tanti esperti da salotto televisivo che frenavano l’amore per la condivisione) è già a fine corsa. Almeno nel capoluogo meneghino.
“Le circostanze del mercato e la sostenibilità a lungo termine del business nel suo formato attuale ci hanno portato a rivalutare la nostra operazione” ammette l’azienda mentre prepara i bagagli. L’addio (anzi, per essere precisi, l’arrivederci) che Zity rivolge a Milano fa deflagrare però una polemica tra l’associazione di riferimento del settore, Assosharing, e Palazzo Marino.
ASSOSHARING ATTACCA LA GIUNTA SALA?
“Da tempo – attacca a testa bassa Assosharing – gli operatori segnalano che mantenere il servizio a Milano è diventato insostenibile: ogni veicolo genera perdite superiori ai 400 euro al mese, un dato determinato dal canone comunale, oggi di gran lunga il più elevato tra le grandi città italiane, oltre che dagli elevati costi operativi. Mentre Roma, Torino e Bologna – viene sottolineato dall’associazione – hanno scelto di rivedere o azzerare i canoni per non compromettere un servizio divenuto essenziale per la mobilità urbana, a Milano al momento non sono stati adottati interventi analoghi, nonostante i numerosi confronti istituzionali e la presentazione formale di proposte tecniche”.
E, ancora: “Il ritiro di un operatore riduce la massa critica del servizio e indebolisce l’intero ecosistema della mobilità condivisa: meno veicoli disponibili significa meno possibilità di utilizzo e un probabile ritorno all’auto privata. È un paradosso per una città che fino a pochi anni fa rappresentava un modello nazionale e internazionale nell’ambito del car sharing”.
Per Assosharing “L’addio di Zity by Mobilize al car sharing milanese, con il ritiro di 650 veicoli elettrici annunciato per il 18 dicembre, rappresenta un segnale particolarmente preoccupante e la conferma di una crisi più volte evidenziata da molto tempo e in particolare nel corso degli ultimi due anni” e potrebbe non essere un caso isolato: “Senza un intervento immediato da parte dell’Amministrazione, il rischio è quello di un collasso dell’intero servizio: il ritiro progressivo delle flotte metterebbe fine al più grande sistema di car sharing del Paese, con effetti negativi sulla mobilità urbana, sulla qualità dell’aria e sulle abitudini quotidiane di migliaia di cittadini”.
IL CAR SHARING È ARRIVATO AL CAPOLINEA?
Allargando lo zoom oltre i nostri confini, però, il car sharing sembra in difficoltà un po’ ovunque, anche in altri Paesi. Nelle ultime ore la Bbc ha annunciato che la principale piattaforma di noleggio di auto del Regno Unito, l’americana Zipcar, nonostante conti oltre 650mila abbonati, ha fatto sapere che chiuderà le sue attività britanniche entro la fine dell’anno.
Nei suoi più recenti bilanci aziendali del 2024, Zipcar ha registrato un brusco calo dei ricavi da 53 milioni di sterline dell’anno precedente a 47 milioni di sterline, mentre le perdite al netto delle imposte erano drasticamente aumentate a 11,6 milioni di sterline. L’operatore statunitense aveva già chiuso le sue attività a Oxford, Cambridge e Bristol per concentrarsi esclusivamente su Londra dove vantava oltre mezzo milione di abbonati.






