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Airbnb Sequestro

Imposte su affitti brevi, cosa succederà ad Airbnb?

La Procura di Milano e la GdF sequestrano 779 milioni di euro ad AirBnb per mancato versamento della cedolare secca. Il colosso statunitense teme l'effetto valanga tra gli altri stati membri Ue. Ecco perché. Fatti e approfondimenti

Un sequestro da 779 milioni di euro. È queta la cifra monstre che la Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato ad Airbnb Ireland Unlimited Company. La ragione è nel mancato pagamento della cedolare secca sui quasi 4 miliardi di euro di canoni corrisposti per gli affitti brevi tra il 2017 e il 2021. L’azienda leader degli affitti brevi potrebbe essere indagata anche per riciclaggio e autoriciclaggio.

PERCHÉ AIRBNB DEVE AL FISCO 779 MILIONI DI EURO

Stando alle ricostruzioni delle Fiamme Gialle e dei pm Cristiana Roveda, Giancarla Serafini e Giovanni Polizzi e per l’aggiunto Tiziana Siciliano, Airbnb avrebbe dovuto svolgere il ruolo di “sostituto di imposta” e quindi provvedere al pagamento, al posto dei proprietari degli immobili, del 21% degli importi ricevuti corrispondenti alla cedolare secca. Il ruolo di sostituto d’imposta di AirBnd sarebbe stato certificato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dal Consiglio di Stato ma il gruppo statunitense si è sempre opposto. Le Fiamme Gialle hanno congelato i 779 milioni di euro, corrispondenti a presunti profitti illeciti, su conti irlandesi e californiani. “Airbnb Ireland ha in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione”, ha dichiararo la multinazionale. La posizione dell’azienda, però, non è mai cambiata, “come confermato dal protrarsi dell’omissione” del versamento delle imposte “anche negli anni successivi a quelli di verifica”.

LE ALTERNATIVE DI AIRBNB: PAGARE O ANDARE AL BRACCIO DI FERRO

L’azienda ora può seguire due strade: saldare il conto con il Fisco italiano o andare avanti con il braccio di ferro nella convinzione che non le competa l’onere del versamento della ritenuta del 21 per cento. Qualche tempo fa Booking, altra big tech del settore hospitality, trovò un accordo con il Fisco. In quel caso non si trattò di un mancato versamento della cedolare secca ma dell’IVA dovuta al Fisco italiano per il periodo 2013 – 2019. Per Booking si parlava di circa 153 milioni di euro non versati all’Agenzia delle Entrate.

IL MEMORANDUM DI AIRBNB CON LE QUATTRO OPZIONI NEI CONFRONTI DEL FISCO ITALIANO

Come riporta il Fatto Quotidiano tra i documenti acquisiti dal Nucleo di polizia economico finanziaria c’è un documento interno classificato come confidenziale e intitolato “Italian income tax law – Analysis of scenarios” che mostra le opzioni prese in considerazione. Il documento elenca quattro alternative:

  • “difendere la propria posizione” facendo i conti “con diversi anni di contezioso”,
  • abbandonare “i pagamenti online”, anche se ciò avrebbe potuto portare ad una “contrazione dei ricavi”,
  • “conformarsi” alla normativa sulla cedolare secca con un sistema di “adesione volontaria” da parte degli host
  • “conformarsi integralmente al dettato normativo” con un “rischio potenziale” per Airbnb “di aumento dei prezzi degli annunci e di conseguente perdita di quote di mercato”.

Il giudice ha considerato questo documento la prova che “la violazione dell’obbligo” fiscale di raccogliere la cedolare secca fosse “frutto di una consapevole scelta imprenditoriale, all’esito del vaglio delle possibili condotte da tenere”.

IL RISCHIO DI UN EFFETTO VALANGA NEGLI ALTRI STATI EUROPEI

Qualsiasi delle strade AirBnb scelga non la mette al riparo da un possibile “effetto valanga” nella Ue. Il rischio, per l’azienda statunitense, è che anche i Governi degli altri Stati membri decidano di allinearsi alla posizione italiana. Secondo il rapporto Ocse The Sharing and Gig Economy: Effective Taxation of Platform Sellers la tassazione delle piattaforme dell’economia della gig e della sharing economy è una questione con cui molte amministrazioni fiscali si stanno confrontando. Indipendentemente dalle azioni intraprese a livello nazionale, lo studio suggerisce una cooperazione internazionale rafforzata al fine di rendere efficaci le misure introdotte. Lo studio suggerisce di esplorare la necessità che le amministrazioni e le piattaforme educhino i contribuenti per accrescere la consapevolezza dei loro obblighi, lo sviluppo, in collaborazione con le piattaforme, di un codice di condotta volontario che includa aspettative sull’educazione dei contribuenti e lo scambio di informazioni tra le giurisdizioni fiscali. Seguendo questi consigli si potrebbe scatenare il temuto “effetto valanga” che spaventa AirBnb.

LE PROSPETTIVE PER AIRBNB SECONDO LA STAMPA

Ha scritto il quotidiano La Stampa: “Com’è accaduto per le altre big tech finite sotto inchiesta, è possibile che anche in questo caso si intraprenda una trattativa con il Fisco per trovare un accordo sulla cifra da pagare (magari inferiore ai 779 milioni di euro contestati) per sanare la presunta evasione tra il 2017 e il 2021. Sul biennio successivo (2021/2023), i pm non hanno ancora fatto valutazioni. Ma la vera scommessa è sul futuro, perché se Airbnb vuole continuare a operare nel nostro Paese, deve adeguarsi alla legge. Anche Meta, per fare un esempio recente, sembrerebbe intenzionata a farlo, da quando non a caso ha iniziato a proporre Facebook a pagamento agli utenti che rifiutano la pubblicità, dopo che a febbraio è stata accusata di aver evaso 870 milioni di euro di tasse sui dati acquisiti da ciascun utente e rivenduti ad altre aziende per la profilazione. Se questa rivoluzionaria tesi di procura e gdf dovesse passare, rischiano di essere enormi le conseguenze per l’intero mercato!”.

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